Liberati ma non liberi
di Claudia Izzo-
Appuntamento alle 7 in Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv. Hamas ha liberato 7 israeliani tra quelli rapiti nel raid del 7 ottobre 2023. Poi c’è stata la seconda fase con la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani rapiti con la Croce Rossa Internazionale a coordinare ogni momento del rilascio. In seguito, Hamas ridarà alle famiglie israeliane anche le salme di 28 ostaggi deceduti che saranno sottoposti a identificazione da parte delle autorità di Tel Aviv. Ricordiamo che 114 prigionieri israeliani, degli oltre 200 rapiti da Hamas il 7 ottobre 2023, sono già stati rilasciati durante due scambi di prigionieri con Hamas avutisi nel novembre 2023 e nel gennaio 2025.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu e sua moglie Sara, intanto, hanno pensato a dare il bentornato alla loro gente e l’hanno fatto con un biglietto di bentornato che recitava “A nome di tutto il popolo di Israele, bentornato! Ti abbiamo aspettato, ti abbracciamo. Sara e Benjamin Netanyahu” e con un kit Ne con capi di abbigliamento, oggetti personali, un computer portatile, un telefono cellulare e un tablet.
1966 i prigionieri palestinesi che sono stati liberati da Israele dopo due anni. Ad attenderli una Gaza fantasma e famiglie smembrate, ciò che resta della vita oltre il genocidio. 250 i prigionieri condannati per terrorismo che dovrebbero essere liberati dalla prigione di Ofer, in Cisgiordania, dopo la consegna degli ultimi ostaggi israeliani.
I prigionieri palestinesi portavano segni della tortura nei loro sguardi. C’è chi non ha trovato nessuno, famiglie sterminate e Gaza ridotta in polvere.
C’è chi ha descritto ciò che hanno vissuto: sono stati affamati, abusati, torturati nel corpo e nell’anima, appesi nudi di giorno e di notte.
Nessuno parla di loro. Della disperazione, delle anime divorate dalla prigionia e dalle torture.
Come si potrà procedere nella vita con famiglie ancora sotto le macerie mentre i potenti del mondo pensano alla ricostruzione di Gaza che diventerà un ennesimo affare per gli Stati Uniti e per i paesi mediorientali?
Liberati ma non liberi, gli ostaggi palestinesi rilasciati; non liberi dai loro incubi più cupi; non liberi senza uno Stato di Palestina; non liberi senza accordi equi; non liberi in una Gaza che diventerà la riviera degli sciacalli.
Una pace firmata proprio da colui che ha reso possibile il genocidio armando Israele; una pace, quella firmata, che porta in sé l’acre odore di una tregua, fragile e piena di falle, vuoti, disequilibri, con una firma apposta da un Presidente che non è un uomo di pace, che non parla come un uomo di pace ma che anela al Premio Nobel per la Pace.
Abbiamo bisogno di figure in grado di ridare un senso alla parola -umanità-. Abbiamo bisogno di credere che la vita umana sia, ancora e per sempre, il bene più sacro che esista.
Donald Trump è arrivato a Tel Aviv, come in un regno amico, qui sulla spiaggia l’installazione con la scritta “Thank you” tutta per lui. Poi il Tycoon è arrivato al Parlamento israeliano, il Knesset, dove ha tenuto un discorso davanti all’assemblea. A parlare non era uno statista, un uomo di stato, ma un megalomane.
Voleva incarnare il Messia venuto a portare la pace senza averne l’aspetto e le parole e, soprattutto, avendo foraggiato fino a ieri il genocidio. La presunta pace arriva in vista dell’agognato Nobel. Tutto ben sincronizzato all’incontro in Parlamento, accanto ad un Netanyahu e consorte sorridenti. E mentre il Tycoon parlava, il coraggio ha alzato il capo: due deputati israeliani hanno incarnato il dissenso più profondo alzando un cartello con su scritto “genocidio” e mentre furiosamente venivano portati via, il potere di quella parola riecheggiava, come dire, a guastare la festa…
Si tratta dell’arabo Ayman Odeh, leader della coalizione Hadash-Ta’al, bersaglio della destra per le sue denunce contro l’occupazione e la discriminazione sistematica dei cittadini arabi e Ofer Cassif, ebreo e accademico, parlamentare definitosi antisionista, spesso sospeso dalla Knesset per aver accusato il governo di crimini di guerra a Gaza.
Una volta cacciati fuori, Trump ha affermato a Netanyahu: “È stato molto efficiente”. Il potere che si compiace.
Ma il mondo ha visto,: nel cuore del Parlamento israeliano, come nel mondo, c’è chi ha il coraggio di dissentire.
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