Elio Martinelli: il designer della luce
Che cosa si intende per fattore luce artificiale all’interno di un ambiente, grande oppure piccolo, e come interagisce con gli oggetti e con lo stesso cromatismo in esso presenti? Nel complesso di una progettazione ben riuscita, lo studio del fattore luce risulta di fondamentale importanza in quanto è proprio la luce che deve adattarsi e regolarsi in base alle molteplici funzioni e attività previste influenzando non solo nella sfera visiva ma anche su quella psicologica. Tra i numerosi designers della scena internazionale, impegnati nel campo della progettualità illuminotecnica, un lighting designer degno di nota, nell’ambito della progettualità italiana, è senza alcun dubbio Elio Martinelli.

Nato a Lucca nel 1921, dopo una iniziale aspirazione da scenografo che lo porta a trasferirsi a Firenze per diplomarsi in scenografia all’Accademia di Belle Arti, collabora per un breve periodo con il padre Plinio, imprenditore e proprietario di un’azienda di illuminazione, intraprendendo, nel frattempo, anche la progettazione d’interni per alcuni locali pubblici. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, asseconda la sua reale inclinazione per la realizzazione di nuovi e originali corpi illuminanti. Nel corso della sua prima esperienza, risalente agli anni ’40 e inizio ’50, Elio giunge alla constatazione che il corpi illuminanti utilizzati fino allora, risultano solo funzionali ma con una estetica per niente accattivante. Agli inizi degli anni ’50 fonda l’azienda “Martinelli Luce”. Nei sui progetti, i suoi punti di riferimento e d’ispirazione sono la natura, la geometria e lo studio dei nuovi materiali.

Unendo la geometria essenziale dei corpi illuminanti, la sua particolare sensibilità e l’estrosità del suo genio danno vita fin da subito a elementi d’illuminazione che vanno ben oltre il mero fattore di design. Si tratta, di fatto, di una vera e propria produzione artistica originale che ha incuriosito e accattivato sempre più il pubblico e i numerosi acquirenti. Oltre alle forme, Martinelli, si dedica allo studio e alle potenzialità di alcuni nuovi materiali che cominciavano a fare la loro comparsa in ambito del design industriale. Oltre al metallo, Martinelli si serve principalmente anche di elementi acrilici, per poi puntare sui nuovi materiali plastici come la melammina, il metacrilato, l’ABS e il delrin. Grazie ad essi riesce a creare un connubio davvero interessante: vere e proprie forme d’arte che assolvono alla funzione principale di illuminare un determinato spazio. E’ negli anni ’60 che l’estro di Martinelli concretizza alcuni corpi illuminanti che rimangono tutt’ora elementi cult, un design che, sfidando il tempo, risulta ancora oggi moderno, di particolare bellezza ed eleganza. Ricordiamo le più iconiche.

La lampada “Serpente”, del 1965, con doppia funzione, da terra oppure da tavolo, costituita da due materiali, il ferro (materiale strutturale) e dal metacrilato per la diffusione della luce. Realizzata con una particolare tecnica innovativa di stampaggio offerta proprio dal materiale utilizzato, la lampada ha un braccio girevole in metallo come la base.

La sua forma è studiata nei minimi dettagli: la geometria base è la sfera che, con le sue forme morbide e sinuose, rende il prodotto esteticamente perfetto e visivamente armonioso. Qualche anno dopo, nel 1968, compare sul mercato un’altra icona del design italiano: la lampada “Cobra”.

Anche in questo caso il punto forte è proprio la sua particolare geometria. E, di fatto, inscritta in una sfera, che richiama la fluidità di un cobra. Il diffusore si può muovere, ruotando anche di 180 gradi. Su tale corpo illuminante si possono esplicare tutte le caratteristiche di Martinelli: ricerca innovativa delle geometrie pure, utilizzo di materiali innovativi, studio delle forme essenziali dell’elemento illuminante, e colori particolarmente vivaci. Per la sua realizzazione viene utilizzata una resina termoindurente sottoposta, anche in questo caso, a un unico stampaggio. Sono anni, inoltre, particolarmente produttivi per la realizzazione di nuove forme di design e numerose collaborazioni con tanti progettisti del settore.

Ricordiamo, ad esempio, la collaborazione con Gae Aulenti per la realizzazione della lampada da tavolo “Pipistrello”, o quella con Brian Sironi per la progettazione della lampada “Elica”. Le opere del Martinelli vengono esposte per la prima volta all’inaugurazione della Mostra Eurodomus, voluta dall’architetto Gio Ponti nel 1966; i corpi illuminanti verranno ancora esposti alle successive edizioni del 1968, del 1970 e 1972.

Realizzata nel 1976, “Elmetto”, alta 28 cm, rappresenta una simpatica soluzione di lampada a luce diretta, con un riflettore orientabile, stampata in ABS successivamente verniciata. La base della lampada è di forma troncoconica, mentre il riflettore ha una forma sferica particolare. L’interruttore posto al centro dell’elemento, inoltre, è ben evidente grazie alle sue grandi dimensioni. Il corpo illuminante si presenta in un’ampia gamma di colori sgargianti.

Lo studio Martinelli non punta solo sui materiali innovativi o sulle morbide forme, ma anche sull’utilizzo delle sorgenti luminose. La vecchia lampadina utilizzata negli anni ’50 e ’60 viene, col tempo, sostituita da nuove soluzioni come quelle alogene o a ioduri metallici, con un’incidenza marcata soprattutto negli ampli spazi dei negozi o dei luoghi pubblici in generale. Costretto a rallentare, a causa di una malattia, Martinelli cede pian piano il posto alla figlia Emiliana che, come il padre, ha portato avanti, anche dopo la sua scomparsa nel 2004, l’eredità della ricerca di forme sempre nuove e accattivanti. Di lei ricordiamo, ad esempio la famiglia di lampade “Colibrì” che possono essere da parete, da tavolo, da soffitto. Pensato principalmente per l’illuminazione di negozi, uffici e centri commerciali, caratterizzati da una serie di leggeri profili che possono essere assemblati tra loro creando stravaganti forme tridimensionali, è dunque una forma geometrica esteticamente rigorosa e ordinata. L’estro e la genialità di Martinelli è ricordato attraverso alcune realizzazioni esposte al Metropolitan Museum of art di New York, al Museo delle Arti Decorative di Montreal e al Philadelphia Museum of Art.
