Il Venerdì, Ri…leggiamo Poesia “sul volto che mi sfugge”
di Graziella Di Grezia-
Siamo agli esordi della primavera e nel mese che ci lascia in balia tra l’ imprevedibilità di marzo e la definizione primaverile di maggio, sempre più delineata anche dai tratti della natura.
Aprile rimane sospeso, come un ponte tra le stagioni, con una luce intensa, ma ancora un accenno all’ inverno passato, evento climatico che spesso accompagna il nostro stato emotivo.
Per raccontare questa stagione di transizione, oggi ho scelto Salvatore Quasimodo, poeta che ha saputo trasformare degli attimi in qualcosa di eterno, con la sua saggezza poetica e il suo essere fino in fondo un uomo del mezzogiorno d’ Italia.
“Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”
Quasimodo (1901-1968), siciliano di Modica e premio Nobel per la Letteratura nel 1959, è una delle voci più pure del Novecento italiano. La sua poesia—lirica, essenziale, a volte ermetica—riesce ad attraversare l’ animo umano mediante l’utilizzo di immagini semplici eppure universali: il sole, il vento, le pietre antiche, il dolore dell’esilio.
La raccolta “Ed è subito sera” (1942), da cui i versi che abbiamo appena letto, è un viaggio attraverso l’isolamento dell’uomo moderno, ma anche un inno alla bellezza.
Quasimodo, pur legato alla Sicilia, cercò in Campania – e specialmente nel salernitano – un dialogo tra mare e terra che ritroviamo nei suoi versi.
In una lettera del 1936 scriveva del vento di aprile salernitano come di un compagno di creazione poetica e che potremmo in qualche modo ricondurre ad un paesaggio della Costiera.
“La poesia è la rivelazione di un sentimento che il poeta crede sia personale e interiore, mentre il lettore lo riconosce come proprio”
In “Aprile”, parte della raccolta “Giorno dopo giorno” (1947), Quasimodo disegna con versi il risveglio della primavera: un’alba, un profumo di erbe bruciate dal vento, il contrasto tra il torpore invernale e l’impulso vitale.
È una poesia breve, ma che contiene l’intero ciclo della rinascita.
La raccolta “Giorno dopo giorno” segna un cambiamento nel suo stile: meno ermetismo, più impegno civile, ma senza perdere quella grazia fragile che lo rende unico.
E ora, rileggiamo…
“Aprile” di Salvatore Quasimodo
Aprile, dolce dormire,
ma tu, con l’alba, sorgi
e mi porti il profumo
d’erbe che bruciano al vento.
Aprile, dolce vegliare
a notte, quando torni
con la luna e il suo chiarore
sul volto che mi sfugge.
Aprile, tu non sei quello
dei mesi un po’ lontani:
eri colore, eri suono,
eri parole d’amore.
Ora sei tutto freddo:
il vento che ti squarcia
mi porta via con sé,
là dove tutto è muto.
Immagine: Wikimedia Commons
