Putin, Zelensky e Trump: una partita a scacchi a tre
di Claudia Izzo-
Nella telefonata di ieri 12 marzo tra il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Mike Waltz e il consigliere di Vladimir Putin per la politica estera, Yuri Ushakov, quest’ultimo ha fatto sapere che non sarà Steve Witkoff, l’inviato speciale del presidente degli Stati Uniti, ad essere il punto cardine di mediatore nei negoziati con la Russia.
Intanto è iniziata la conferenza stampa che vede come protagonista Putin e le sue richieste in riferimento alla situazione Russia-Ucraina.
Mentre Trump fa pressing su Putin, si sa che la Russia non intende accettare la proposta di “tregua temporanea”, di momentaneo “cessate il fuoco” a cui Zelensky ha detto si nell’incontro con Trump. Per Mosca, lo abbiamo capito, “la Crimea e le regioni ucraine di Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk sono regioni della Federazione Russa”.
Nel frattempo i Russi, in pochi giorni, si sono ripresi quasi tutti i territori del Kursk, con oltre 50mila uomini lì convogliati e 10mila esterni; azione resa possibile per il mancato apporto di intelligence da parte degli Stati Uniti all’Ucraina. Una svolta questa che vede in vantaggio Putin all’agognato tavolo dei negoziati.
In tuta mimetica, il Presidente della Federazione russa ha raggiunto le postazioni vicino al fronte nel Kursk insieme al capo delle Forze Armate Gerasimov. Questa conquista del territorio, secondo report dal campo, è piuttosto un dietrofront dell’esercito ucraino che si è ritirato per salvare più mezzi e uomini possibili.
E se i prigionieri russi vengono trattati dagli ucraini come semplici prigionieri di guerra, i prigionieri ucraini vengono trattati dai russi come terroristi perchè “hanno portato la guerra in territorio russo”.
Due pesi e due misure ci verrebbe da dire, in una tragedia senza fine.
