A Salerno la IV edizione del Premio Carmine Giannella
di Camilla Masullo-
Presso la Sala Pasolini di Salerno, si è tenuta la quarta edizione de “La mia vita: il teatro”, Premio Nazionale per il Teatro dedicato a Carmine Giannella. Ideato da Pasquale De Cristofaro, il premio omaggia ogni anno figure che si sono distinte per il loro impegno culturale e sociale.
In questa edizione il riconoscimento è stato assegnato alla memoria di Franco Tozza, illustre critico e saggista teatrale, per il suo contributo insostituibile allo studio, alla documentazione e alla valorizzazione del teatro, in particolare quello salernitano.
Pasquale De Cristofaro ha aperto la serata con un ricordo commosso di Carmine Giannella, definendolo un amico fraterno e una figura fondamentale per la scena culturale cittadina. Con altrettanta stima e affetto ha ricordato Franco Tozza, descritto come uno studioso meticoloso e rigoroso, con cui ha condiviso un lungo percorso umano e professionale.
Nel corso dell’evento è stata presentata la monumentale opera Teatro e Teatri a Salerno, pubblicata da D’Amato Editore: un’opera di oltre millecinquecento pagine, frutto di una passione densissima per il teatro, che è parte integrante della memoria culturale salernitana. Un lavoro che si inserisce profondamente nelle politiche culturali cittadine, che oggi più che mai tentano di rimettere al centro il teatro come spazio vivo.
Durante l’incontro – mediato dalla giornalista ed esperta di comunicazione e processi creativi Martina Masullo – sono intervenuti Alfonso Conte, docente di Storia Contemporanea presso l’Università di Salerno, Alfonso Amendola, docente di socologia dei processi culturali e comunicativi ed esperto e studioso di cinema, teatro, televisione e nuovi media e Aurelio Musi, docente di Storia Moderna presso l’Università degli Studi di Salerno,offrendo riflessioni preziose sul ruolo del teatro e sull’identità culturale di Salerno, una città provinciale ma attraversata da passioni militanti e azioni profonde a favore della cultura.
Come ha ricordato Aurelio Musi, Franco Tozza aveva del teatro una concezione particolare: lo intendeva come “fatto totale”, come esperienza complessiva, non solo perché univa scrittura e scena, ma perché vedeva nel teatro un fuoco, un punto di vista privilegiato attorno al quale organizzare – in modo più vitale rispetto agli storici di professione – la storia del territorio, della scena e dell’ambiente culturale.
L’opera di Tozza non si limita a raccontare gli spettacoli teatrali, ma affronta in profondità anche la dimensione fisica e simbolica del teatro come spazio: come architettura, come luogo di incontro, come corpo vivo della città. Il titolo stesso “Teatro e Teatri” riflette questa doppia attenzione: da un lato la performance, dall’altro le strutture che la accolgono.
Tozza emerge come critico teatrale, filologo dello spettacolo e pensatore filosofico, capace di ricostruire gli spettacoli nella loro origine e nella loro tensione culturale, con un’attenzione costante alla musica lirica, alla musica in generale e al ruolo delle nuove generazioni. La sua critica si distingue per la profondità del pensiero, per una competenza rara e per un dialogo sempre aperto con il futuro del teatro e con chi lo abiterà domani.
Nel 2024, alla sua morte, Rino Mele scrisse:
“Non udiremo più il suo nobile opporsi alle banalità discorsive, il suo richiamo all’essenzialità del giudizio, alla responsabilità delle parole.”
Una frase breve, che però restituisce tutto lo stile e l’etica intellettuale di Franco Tozza, la sua intransigenza verso la superficialità e il suo rigore nel pensiero.
Il teatro, come sottolinea Alfonso Amendola, è per sua natura qualcosa di effimero, di fallimentare: non lascia traccia, non conserva memoria. È uno slancio che si spegne, un gesto che svanisce. E proprio per questo, il lavoro di Tozza ha un valore inestimabile: conserva ciò che è destinato a sparire, offre una struttura alla memoria teatrale di una città e di una comunità, trasformando l’intangibile in archivio, in eredità, in racconto.
Un’altra dimensione cruciale dell’opera e della serata è stata quella della grande amicizia. Perché il teatro, ancora una volta, si rivela per ciò che è: un’esplosione di generosità, di bellezza, di legami umani. Un luogo dove si costruisce, anche nel dolore e nella caducità, un senso collettivo.
E in questa costruzione, l’amicizia è un motore fondamentale, un atto politico e poetico al tempo stesso.
A rendere tutto questo possibile sono anche i luoghi e le realtà che credono nel valore del teatro e della cultura: Corpo 900– portato avanti da Pasquale De Cristofaro e Alfonso Amendola– è più di un progetto culturale ma è un’idea, un ambiente, una dimensione di militanza e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale salernitano.
Insieme a Corpo 900, anche Open Class, laboratorio di progettazione culturale diretto dallo stesso Amendola, lavora per rendere la cultura e il teatro, e non solo, uno spazio vivo, abitabile, accessibile e generativo per tutta la comunità.
La serata, dunque, non è stata solo un omaggio a Franco Tozza, ma un’occasione concreta per riflettere sul ruolo del teatro nella città di Salerno, sulla sua potenza trasformativa, sulla necessità urgente di considerarlo parte integrante del tessuto urbano e umano. Il teatro come spazio vivo, come eredità e futuro.
