Il 16 novembre 1892 nasceva Tazio Nuvolari, la leggenda che sfida il tempo
-di Giuseppe Esposito-
Vi sono uomini capaci di imprimere nella storia un’impronta profonda, a differenza della maggioranza degli altri destinati ad una vita anonima e mediocre. Alcuni però fanno eccezione e come diceva il Manzoni a proposito di Napoleone: “Nui/ chiniam la fronte al Massimo/ Creator che volle in lui/ del creator suo spirto/ più vasta orma stampar.”
Cerro il paragone con Napoleone di un personaggio come Tazio Nuvolari può apparire irriguardoso, ma se si dà uno sguardo alla sua vita, c’è senza dubbio da rimanere impressionati, da come quello che fu chiamato “il mantovano volante” di come egli l’affrontò suscitando l’ammirazione dei suoi contemporanei e lasciando nel tempo un’eco non ancora spenta delle sue imprese sportive. Egli era animato da una sorta di eroismo, di intrepidezza che non lo abbandonava nemmeno nei momenti più difficili. Negli anni in cui i futuristi inneggiavano alla velocità come nuovo valore egli divenne il simbolo stesso di quella velocità. Un emblema negli anni in cui l’era dei motori era ancora agli esordi. Un’epoca dunque di pionieri.
Nuvolari nacque il 16 novembre 1892 a Castel d’Ario, in provincia di Mantova, da Arturo, agiato agricoltore e da Elisa Zorzi. Suo padre col fratello Giuseppe avevano dei trascorsi sportivi di una certa importanza, come ciclisti. Essi erano riusciti ad affermarsi in diverse gare del tempo ed avevano anche vinto nella Gara Ciclistica Internazionale di Monaco.
Azio era il quarto figlio e si dimostrò poco amante dello studio ed attratto dal dinamismo delle gare sportive. Il 5 settembre del 1904 si trovò ad assistere, per la prima volta, ad una gara automobilistica sul circuito stradale che toccava le province di Brescia, Cremona e Mantova. I partecipanti erano tra i migliori piloti dell’epoca come Vincenzo Lancia, Nazzaro, Cagno, Henery e Duray. Il ragazzo ne rimase affascinato. Nei mesi successivi imparò a guidare la moto grazie allo zio Giuseppe ed infine, una notte, all’età di circa tredici anni, montò sulla automobile del padre e percorse un tratto di strada illuminato solo dalla luce della luna. Più tardi raccontò che, in quella sua prima volta al volante, non aveva mai superato i trenta chilometri all’ora. A forgiare il suo carattere audace fu, secondo quanto egli stesso raccontava un episodio avvenuto nella sua infanzia. Un giorno accostatosi ad un cavallo ne ricevette un calcio. Non ne riportò conseguenze ma da quel momento rifiutava di avvicinarsi a quegli animali. Cosa poco opportuna, poiché, all’epoca, i cavalli ricoprivano un ruolo importante nell’attività agricola. Allora il padre per spingerlo a vincere la paura gettò una moneta d’oro tra le zampe di un cavallo e l’incitò dicendo: “Vai a prenderla, è tua.” Tazio si fece coraggio e recuperò la moneta. Nel ricordare, in seguito, l’episodio Tazio così affermava: “Quel giorno smisi di aver paura delle cose e della paura stessa.”
Allo scoppio della guerra fu arruolato nella sanità e si ritrovò a guidare le ambulanze della Croce Rossa ed anche i camion dei rifornimenti. Dopo essere finito in un fosso a causa di un incidente, un colonnello lo apostrofò dicendogli: “Lascia perdere, le automobili non fanno per te!”
Profezia che non poteva essere più sballata. Nel 1917 sposò Carolina Perina, incinta e col solo rito civile. Cosa questa che suscitò molto scalpore tra i suoi compaesani.
Nel 1920 ottenne la licenza per gareggiare in moto, ma alla sua prima gara fu costretto al ritiro per un guasto meccanico. Nel marzo del 1920 disputa la sua prima gara automobilistica, a bordo di una Ansaldo Tipo 4 e vince. La partecipazione alle gare diviene assidua solo a partire dal 1923, quando ha già 31 anni. All’inizio si dedicò soprattutto alle gare motociclistiche e solo raramente a gare a corse automobilistiche. In moto ottiene numerosissimi successi, in auto l’andamento è altalenante.
Stessa cosa avviene nel 1924, ma quell’anno vince la sua prima gara importante, sul Circuito del Tigullio e quando partecipa al Circuito del savio, presso Ravenna, fa la conoscenza di un latro astro nascente, Enzo Ferrari che lo precede al traguardo. Stessa cosa si ripete sul Circuito del Polesine. A settembre del ’25 l’Alfa Romeo ha perso in un incidente il suo miglior pilota, Ascari e lo chiama per un test sulle sue auto. Nuvolari compie cinque giri ad una velocità sempre crescete, ma al sesto finisce fuori pista. La macchina è distrutta e Nuvolari piuttosto malconcio. Ma l’incidente non lo ferma e dodici giorni dopo è ancora in pista, imbottito di feltro e con una fasciatura rigida. Corre su una moto Bianchi 350 e vince a Monza il Gran Premio delle Nazioni.
Da quel momento comincia a vincere tutte le gare cui partecipa e diviene il campionissimo delle due ruote. Incappa però in parecchi incidenti, il più grave dei quali, nel 1926 a Stoccarda dove, a causa della nebbia, finisce fuori strada e viene quasi dato per morto. Ma il giorno dopo è sul treno che lo riporta in Italia. La passione delle auto, nonostante i successi con la moto, non lo abbandona e, nel 1927 partecipa alla prima edizione della Mille Miglia e si piazza decimo, con una Bianchi Tipo 20.
Acquistata una Bugatti trionfa al Gran Premio di Roma e sul Circuito del Garda. L’anno dopo acquista quattro Bugatti e fonda una sua scuderia a Mantova. Pochi giorni dopo la nascita del secondo figlio Alberto, vince a Verona sul Circuito del Pozzo. Ma la gestione della scuderia a causa delle spese lo mette in difficoltà Per fortuna, nel 1930 l’Alfa Romeo era alla ricerca di un pilota e sebbene la società l’avesse messo da parte dopo l’incidente del ’25, uno dei suoi dirigenti, Vittorio Jono che non lo aveva perduto di vista gli propone di entrare nella scuderia della casa. Alla guida di una 6C 1750 GS Nuvolari sbaraglia la concorrenza vincendo la Mille Miglia dopo aver percorso i 1600 chilomentri del percorso alla favolosa media di 100 Km/h.
Passato alla scuderia di Enzo Ferrai, vince a bordo di una Alfa Romeo P2 la Trieste-Opicina. Dopo aver vinto in Irlanda il Tourist Trophy, abbandona le moto per dedicarsi solo all’auto. Cominci quidi a mietere successi nelle più importanti gare del tempo, dalla Targa Florio, al Gran Premio d’Italia, alla Coppa Ciano. Alla fine del 1932 è uno degli uomini più popolari e Gabriele D’Annunzio lo invita al Vittoriale e gli fa dono di una tartaruga d’oro con la dedica: “All’uomo più veloce l’animale più lento.” Quel gingillo diventerà il suo portafortuna e lo porterà con sé in ogni gara. Lo farà stampare sul suo famose maglione giallo, sulla sua carta da lettere, sulla carlinga del suo aereo privato e ne farà fare delle copie da regalare agli amici. Mussolini, oramai Duce degli Italiani lo invita a Villa Torlonia e si fa fotografare insieme a lui a bordo di una Alfa Romeo P2.
Negli anni seguenti la serie impressionante di vittorie continua su circuiti italiani e stranieri. Lasciata la scuderia Ferrari si mette in proprio convinto di guadagnare di più e di poter gestire la sua attività a modo proprio. Le vittorie continuano, ma a San Sebastian incappa in un altro incidente.
Nel 1934 viene modificato il regolamento delle gare e si pone per le auto il limite di peso di 750 Kg, con l‘intento di limitare le potenze sempre crescenti delle auto. La modifica favorisce le industrie tedesche che con le auro Mercedes ed Auto Union diventano padrone della scena. Nuvolari che corre da solo non può certo disporre dei capitali propri delle grandi aziende tedesche. Inoltre, il 22 aprile, incappa in un altro grave incidente ad Alessandria ed anche questa volta lo ritroviamo in pista appena un mese dopo. È quinto sul circuito dell’Avus. Affronta un periodo difficile ed è costretto a cambiare di continuo auto. Ottiene due sole vittorie, a Napoli e a Modena. Alla scuderi della Auto Union pensano di offrirgli la guida di una delle loro auto, ma l’opposizione di uno dei loro piloti, manda a monte l’accordo.
Rientra nella scuderia di Enzo Ferrari e vince a Pau, nel 1935, con l’Alfa Romeo P3 e si ripete a Bergamo, Biella e Torino. Ma la vittoria più clamorosa e quella al Gran Premio di Germania, dove a bordo di una obsoleta P3 sbaraglia la concorrenza delle ben più potenti Mercedes W25 ed Auto Union Tipo B. Una vittoria ritenuta dai più praticamente impossibile.
Il 1935 è un anno trionfale otre alle vittorie su pista, stabilisce sull’autostrada Firenze-Mare il record di velocità toccando i 336 Km/h. Al Gran Premio d’Italia tiene a battesimo la nuova monoposto Alfa Romeo, la 8C- 35 vincendo sul Circuito di Modena. Nel 1936 batte di nuovo i tedeschi a Barcellona. Poi si imbarca per l’America dove conquista la Coppa Vanderbilt.
L’anno dopo parte di nuovo per New York per la seconda edizione della coppa, ma a bordo del Normandie è raggiunto dalla notizia della morte del suo primogenito Giorgio. La gara va male poiché la sua vettura prende fuoco ed egli si deve lanciar fuori per salvarsi. Rientrato vince il Gran Premio di Milano. Nel 1938 vien fissato per le auto da corsa il limite di 3000 cc. Alfa Romeo, Mercedes ed Auto Union mettono a punto nuovi modelli. Nuvolari sul circuito di Pau corre a bordo della nuova Alfa 308, ma ancora una vota la sua vettura rende fuoco ed egli esce dall’incidente piuttosto malconcio. Pensa al ritiro dalle corse. Ma avviene poi che alla Auto Union siano in cerca della prima guida essendo morto in un incidente il loro miglior pilota. Con la casa tedesca Nuvolari vince il Gran Premio d’Italia a Monza e quello d’Inghilterra a Donington. Poi scoppia la guerra e l’attività sportiva è sospesa.
Nel 1946, a guerra finita, un altro lutto colpisce Nuvolari, muore anche il secondogenito Alberto di appena diciotto anni.
Allora decide di tornare in pista per dimenticare il dolore ed il 3 settembre corre a Torino nella Coppa Brezzi, ma al secondo giro il volante si stacca dal supporto ed egli è costretto a guidare col moncone della staffa di sostegno. Riparato il volante rientra in pista, ma dopo un po’ gli salta il coperchio del cofano motore, quindi atro stop ai box. Riparte ed alla fine risulterà tredicesimo.
Prende poi parte ancora una volta alla Mille Miglia, a bordo di una piccola Cisitalia 202. Va subito in testa alla corsa. Un improvviso temporale gli allaga completamente la vettura. Costretto a fermarsi per vuotare l’abitacolo, riparte ed alla fine sarà secondo dietro Biondetti al volante di una Alfa Romeo 2900 .
Nel 1948 è ancora alla partenza della Mille Miglia e si vede offrire la guida di una Ferrari. Sebbene non conoscesse affatto la vettura accetta e parte come un razzo. Prende subito la testa della corsa. A Roma ha un vantaggio di dodici minuti sul secondo, a Livorno il vantaggio arriva a venti minuti ed a Firenze arriva a trenta, Purtroppo la vettura comincia a perdere pezzi. Va via prima un parafango, poi salta il coperchio del cofano motore, infine cede il perno di una balestra ed è la fine. Nuvolari è costretto al ritiro. Anche il 1950 non nasce sotto buoni auspici. Al Giro di Sicilia/Targa Florio gli si rompe il cambio ed è di nuovo costretto al ritiro. Ma si prende la rivincita vincendo la gara in salita Palermo – Monte Pellegrino.
Sarà quella la sua ultima gara. Dopo tre anni lo coglie la morte è l’ 11 agosto 1953. Con lui scompare quello che Ferdinand Porsche aveva definito “Il più grande pilota del passato, del presente e del futuro.”
“1936 Alfa Romeo 12C-36 Vanderbilt Cup. Tazio Nuvolari” by kitchener.lord is licensed under CC BY-NC-ND 2.0
