La licenza liceale e il viaggio a Napoli di Carducci
-di Giuseppe Esposito-
Oggi vi voglio portare in un tempo felice, in una città viva e pulsante che, sebbene privata del suo ruolo di capitale, ancora gareggiava con le più grandi città europee in campo artistico e culturale, nella Napoli della Belle Epoque, attraversata da fermenti oggi sconosciuti.
Siamo precisamente nel luglio del 1891, l’unità d’Italia risale ad appena un trentennio addietro ed in quel periodo dell’anno cominciavano gli esami di maturità nei licei di tutto il Regno.
In quelle occasioni la Giunta per la licenza liceale ed il Collegio degli esaminatori, inviavano Giosuè Carducci, divenuto oramai poeta nazionale, a far da supervisore alle commissioni d’esame nelle principali città del paese.
Quell’anno il ministro della Pubblica Istruzione, Paolo Boselli, pregò Carducci di recarsi a Napoli. Il poeta, che nella città partenopea non ci era mai stato, accettò di buon grado. Prima però della partenza e per accertarsi di essere ricevuto con gli onori che, secondo lui, gli spettavano, avvertì del suo arrivo tutti gli esponenti più in vista della scena culturale napoletana. Nel viaggio a Napoli Carducci era accompagnato dalla giovane ed avvenente poetessa Annie Vivanti, sua allieva prediletta ed anche qualcosa di più, che aveva appena pubblicato la sua prima raccolta di versi, assai lodata dal vate. Così a suo arrivo la comunità culturale di Napoli lo accolse con tutti gli onori ma, come era costume della Napoli del tempo, senza eccessi o smancerie di sorta.
Alla Vivanti, Matilde Serao dedicò un omaggio sul Corriere di Napoli, con queste parole: “Chi non ha letto e ammirato le sue liriche audaci e schiette?”
Per la sera del 4 luglio fu organizzata una cena in onore della coppia presso il più celebrato ristorante della città, “Lo Scoglio di Frisio”, gestito dai fratelli Musella e posto sulla costa di Posillipo. Erano presenti i personaggi più in vista del giornalismo quali Matilde Serao, Raffaele Montuoro, redattore capo de “Il Pungolo”, Eugenio Sacerdoti, direttore del “Don Marzio”, Luigi Conforti, Raffele Pessina, Roberto Bracco e Mario Giobbe giornalisti del “Corriere di Napoli”, Francesco Cimmino e Giulio Scalinger direttore del “Fortunio”.
Il giornalista Giovanni Artieri raccontava che a fine cena, Carducci, che molto aveva gradito le ostriche e l’impepata di cozze, innaffiate dal vino bianco di Capri, cui aveva ripetutamente fatto onore lasciò, scritte sull’album del locale queste parole: “Lieto sempre di ammirare Napoli, così fieramente eroica nel sacrificio e nella morte, come il suo cielo è bello per l’amore e la voluttà. Poesia, filosofia, martirio: gloria italica di Napoli nella storia del mondo, Repubblica Partenopea, Cimarosa.”
Qualche giorno più tardi fu organizzata un’altra cena in onore della Serao e della Vivanti. Nel corso della serata, Carducci volle indirizzare un brindisi alle due donne e così, alzando un calice di Lacryma Christi, si espresse: “Ala salute della più forte prosatrice d’Italia e della forte poetessa splendido rigoglio della nuova lirica.”
A questa seconda serata era presente il poeta Ferdinando Russo, reduce dal successo strepitoso che proprio in quel periodo era arriso alla sua prima raccolta di versi “ ’Nparaviso”. Era il Russo un artista alquanto fuori dagli schemi, un eteroclito che per il suo linguaggio rude ed icastico e per i soggetti scelti per le sue poesie riusciva, sovente a scandalizzare la società del suo tempo. Amava frequentare bettole e locali di infimo ordine dove si ritrovavano esponenti del ceto più basso della società, scaricatori di porto, marinai, ladri, lenoni e prostitute. E Russo sceglieva i soggetti delle sue poesie dalle storie di molti di quei personaggi colà incontrati. Amava inoltre vestire in maniera trasandata e non era amato da molti degli esponenti della scena culturale napoletana.
Salvatore Di Giacomo lo riteneva indegno di frequentare il Gambrinus, luogo di ritrovo di tutti gli artisti napoletani dell’epoca. Aspre critiche gli aveva rivolto anche Benedetto Croce, ma, inaspettatamente, i suoi versi erano assai graditi al Carducci che, in occasione di quel suo viaggio a Napoli espresse il desiderio di incontrarlo.
Accadde poi che la notte seguita alla cena, sotto i balconi dell’Hotel Washington, in via Medina, dove Carducci e la sua compagna Annie Vivanti alloggiavano, si presentò un concertino, che si dice fosse stato mandato dal Russo. I musicisti intonarono una serenata sulle note di Scetate” un successo eccezionale di quegli anni, i cui versi erano proprio di Ferdinando Russo, mentre la musica era stata composta da uno dei musicisti di maggior successo del tempo, Mario Costa. La canzone sarebbe stata apprezzata in tutto il mondo e sarebbe entrata stabilmente a far parte del repertorio classico napoletano.
Ma la storia non si conclude qua, infatti, qualche giorno dopo la serenata, tutti gli ammiratori del Carducci si ritrovarono per un’altra cena. Il luogo scelto era questa volta il ristorante Pallino, al Vomero. Locale famoso per le sue parmigiane e per i prezzi assai più abbordabili di quelli praticati dai fratelli Musella a Posillipo. A fine serata, Ferdinando Russo declamò, personalmente i versi della sua poesia “Scetate”, con grande trasporto. La Vivanti sembrava molto colpita dalle parole del Poeta napoletano ed aveva un atteggiamento sognante. Quando Ferdinando si tacque, i posteggiatori e tutto il pubblico presente intonarono le melodia di Costa sulle parole che il poeta aveva appena finito di declamare. Al Carducci non sfuggì la reazione commossa della Vivanti né gli ammiccamenti ed i sorrisini che circolavano ai diversi tavoli del ristorante. Decise allora di partire da Napoli al più presto e di non rimetterci più piede. E così avvenne.
Fonti: Germano Squillace: Vesuvio live.it, 8 febbraio 2015.Carmine Cimmino: Il Mediano, 11 luglio 2018.Claudia Grillo: Storie di Napoli, 3 febbraio 2017.Vittorio Del Tufo: Il Mattino, 20 settembre 2020.Cose di Napoli: Ferdinando Russo. Francesco Corvino: Napoli Fans, 16 giugno 2021.Redazione:Vanta Napoli, 16 novembre 2015.
