CAPACI (PA) 23.05.1992 – STRAGE DI CAPACI: MUORE IL GIUDICE GIOVANNI FALCONE CON LA MOGLIE FRANCESCA MORVILLO E TRE UOMINI DELLA SCORTA. © LANNINO & NACCARI / STUDIO CAMERA

Il boia di San Giuseppe Jato è libero

Giovanni Brusca

di Claudia Izzo-

«Ho ucciso io Giovanni Falcone. Ma non era la prima volta: avevo già adoperato l’auto bomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento.»(Giovanni Brusca, dichiarazione tratta dal libro Ho ucciso Giovanni Falcone, di Saverio Lodato, Mondadori

Quando commetti crimini, stragi, malvagità, orrore la Giustizia, nel migliore dei casi, fa pagare le colpe che, una volta espiate danno il lasciapassare per una nuova vita. Perchè dopo aver pagato, scontato la pena si deve poter ricominciare. Tutto giusto e corretto ma ditelo ai parenti delle vittime.

Giovanni Brusca, oggi 68 anni,  u verru, il porco,  lo scannacristiani, il macellaio così come è conosciuto per per la sua ferocia, per l’efferatezza dei suoi omicidi,  il boss di San Giuseppe Jato, nel palermitano, fedelissimo di Totò Riina,  è un uomo libero.

Arrestato nel 1996, è stato scarcerato dopo 25 anni di reclusione e quattro di libertà vigilata, grazie alla legge sui collaboratori di giustizia che consente alcuni benefici e premi ai pentiti, è definitivamente libero.

Scarcerato il 31 maggio, quando i fiori sbocciano in bellezza ed il mare si fa più azzurro, baciato dal sole, come quello dell’Isola delle Femmine, poco distante dal cunicolo di drenaggio sotto l’autostrada nel tratto dello svincolo di  Capaci, dove, nello stesso mese del 1992, per l’esattezza l’8, Giovanni Brusca con La Barbera, Gioè, Troia e Rampulla  sistemarono con uno skateboard tredici bidoncini, con circa 400 kg di miscela esplosiva. Un piano perfettamente organizzato mentre nelle vicinanze Bagarella, Biondo, Biondino e Battaglia svolgevano le funzioni di sentinelle.

Fu Giovanni Brusca ad azionare il telecomando che diede vita alla strage di Capaci ideata dal boss Salvatore Riina. Com’è noto alle cronache, si credette di mettere a tacerei i giudici Giovanni Falcone e  Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro ma la mafia, chiudendo cinque bocche, ne aprì 50 milioni.

Se facciamo un passo indietro, Giovanni Brusca fu tra gli esecutori materiali di un altro omicidio, quello del magistrato Rocco Chinnici fatto fuori all’età di 58 anni,  a Palermo, il 29 luglio 1983, con una Fiat 126 verde, imbottita con 75 kg di esplosivo parcheggiata davanti alla sua abitazione in via Giuseppe Pipitone Federico. Fu Chinnici a dare una svolta decisiva alla lotta contro Cosa Nostra  insieme  ai colleghi e amici Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Fu lui a ideare quello che divenne il “pool antimafia”.
Nessun debito di giustizia dopo gli ulteriori quattro anni di libertà vigilata, il boss di San Giuseppe Jato, esponente di spicco dei Corleonesi, con  un centinaio di cadaveri sulla coscienza, è libero.
Fu Giovanni Brusca, latitante nel 1996, ad impedire che Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia ed ex-mafioso, collaborasse con gli investigatori e l’11 gennaio 1996 ordinò il sequestro del figlio di Santino, il piccolo Giuseppe,  proprio a San Giuseppe Jato.  Il bambino fu una facile preda per i sequestratori  travestiti da poliziotti della DIA che gli fecero credere di poter rivedere il padre, in quel periodo sotto protezione lontano dalla Sicilia. Santino fu strangolato dopo 779 giorni di prigionia. Allibertativi du cagnuleddu” ,liberatevi del cagnolino, ordinò Brusca. Suo fratello Enzo Salvatore lo teneva per le braccia, Giuseppe Monticciolo per le gambe, Vincenzo Chiodo lo strangolò. Il caso tenne l’Italia col fiato sospeso perchè il cadavere del piccolo  non fu mai ritrovato, disciolto in un fusto di acido nitrico. Avrebbe compiuto quindici anni otto giorni dopo.
«Io ho detto al bambino di mettersi in un angolo, cioè vicino al letto, quasi ai piedi del letto, con le braccia alzate e con la faccia al muro. Allora il bambino, per come io ho detto, si è messo faccia al muro. Io ci sono andato da dietro e ci ho messo la corda al collo. Tirandolo con uno sbalzo forte, me lo sono tirato indietro e l’ho appoggiato a terra. Enzo Brusca si è messo sopra le braccia inchiodandolo in questa maniera [incrocia le braccia] e Monticciolo si è messo sulle gambe del bambino per evitare che si muoveva. Nel momento della aggressione che io ho buttato il bambino e Monticciolo si stava già avviando per tenere le gambe, gli dice “mi dispiace” rivolto al bambino “tuo papà ha fatto il cornuto” […] il bambino non ha capito niente, perché non se l’aspettava, non si aspettava niente e poi il bambino ormai non era… come voglio dire, non aveva la reazione di un bambino, sembrava molle… anche se non ci mancava mangiare, non ci mancava niente, ma sicuramente la mancanza di libertà, il bambino diciamo era molto molle, era tenero, sembrava fatto di burro… cioè questo, il bambino penso non ha capito niente. Sto morendo, penso non l’abbia neanche capito. Il bambino ha fatto solo uno sbalzo di reazione, uno solo e lento, ha fatto solo questo e non si è mosso più, solo gli occhi, cioè girava gli occhi. […] io ho spogliato il bambino e il bambino era urinato e si era fatto anche addosso dalla paura di quello che abbia potuto capire o è un fatto naturale perché è gonfiato il bambino. Dopo averlo spogliato, ci abbiamo tolto, aveva un orologio da polso e tutto, abbiamo versato l’acido nel fusto e abbiamo preso il bambino. Io ho preso il bambino. Io l’ho preso per i piedi e Monticciolo e Brusca l’hanno preso per un braccio l’uno così l’abbiamo messo nell’acido e ce ne siamo andati sopra. […] io ci sono andato giù, sono andato a vedere lì e del bambino c’era solo un pezzo di gamba e una parte della schiena, perché io ho cercato di mescolare e ho visto che c’era solo un pezzo di gamba… e una parte… però era un attimo perché sono andato… uscito perché lì dentro la puzza dell’acido era… cioè si soffocava lì dentro. Poi siamo andati tutti a dormire.» (Vincenzo Chiodo, udienza del 28 luglio 1998).
Giovanni Brusca è a casa. Ha avuto 25 anni per pentirsi, in fondo.
Il mafioso, u verru,  lo scannacristiani, il sorvegliato speciale ritenuto socialmente pericoloso, colui che dopo l’arresto ed un primo falso pentimento decise di collaborare con la Giustiziaè libero.
Scortato, per un periodo avrà a breve possibilità di movimento e di azione come chiunque altro. Di movimento e di azione.

 

 

 

Immagine di copertina di pubblico dominio, strage di Capaci
Claudia Izzo Claudia Izzo

Claudia Izzo

Giornalista dal 2005, Direttore di salernonews24.it, fonda e dirige campanialife.it, cetaranotizie.com. Presidente dell’Associazione Culturale Contaminazioni è ideatrice e organizzatrice del Premio Nazionale Aristeia e di iniziative culturali sul territorio nazionale. Già membro della Commissione Cultura dell’Ordine dei Giornalisti della Regione Campania per il triennio 22/24, è attualmente membro della Commissione Vigilanza. Docente di Giornalismo presso istituti scolastici. Ideatrice e conduttrice della rubrica Ex Libris sull’emittente RCS75. Già ghost writer per tre campagne elettorali, è ideatrice e curatrice del libro “La Primavera Fuori. 31 scritti al tempo del Coronavirus. (Il Pendolo di Foucault). Si occupa di comunicazione, storia, design e territorio.

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