La vittoria dell’Ucraina è impossibile

di Giuseppe Esposito-

Il 19 maggio il New York Times usciva con questo titolo in prima pagina. “La guerra in Ucraina si complica e l’America non è pronta”. E parliamo del NYT, non certo di un giornale italiano, sebbene il succo di quel titolo riporti quanto, da tempo, vanno dicendo le poche voci che in Italia osano cantare fuori dal coro della informazione unificata e contro le politiche di un governo prono al dictat del governo di Sleepy Joe.

Una politica folle, miope e completamente sbagliata. Una politica che ha lanciato l’Ucraina in un folle volo. Solo che, a differenza dell’Ulisse dantesco, il cui volo, oltre le colonne d’Ercole, era motivato dal fatto che “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”,  nel caso dell’Ucraina essa è stata spinta verso il baratro dagli interessi americani economici di una parte dell’America che ha deciso di far guerra alla Russia per interposta persona. Una guerra che si vuole condotta, cinicamente fino all’ultimo ucraino. Un progetto folle e dissennato, mascherato da scontro tra la democrazia e le dittature.

Sleepy Joe ha illuso il fantoccio Zelenskij che una vittoria contro la Russia di Putin fosse possibile con l’appoggio dell’Occidente. Così facendo ha esposto il mondo intero al rischio di una  catastrofe nucleare ed ha innescato una crisi economica senza precedenti, il cui costo maggiore sarà pagato dall’Europa ed in primis da Germania ed Italia.

Eppure, nel nostro paese non c’è un politico o un giornalista che abbia osato esprimersi contro la politica americana e l’invio delle armi a tempo indeterminato, senza pensare minimamente alla possibilità di organizzare una conferenza di pace, unica possibilità di comporre diplomaticamente il conflitto e di limitare le enormi perdite umane, che vanno crescendo ogni giorno di più.

Come dare torto ad esempio a Michele Santoro, quando, durante una sua ospitata su La7 afferma: “In RAI ci sono 1700 giornalisti, quanti hanno preso un posizione critica sulla guerra? Quasi nessuno.”

Non vi è nessuno di coloro che si definiscono giornalisti che abbia avuto il coraggio e l’onestà intellettuale di opporsi al pensiero unico imposto dall’America. E invece proprio dall’America giunge la notizia che il New York Times ha pubblicato, in prima pagina un articolo che mette in dubbio l’operato del governo di Biden. “La guerra in Ucraina si complica e l’America non è pronta.”

L’articolo è firmato dal Comitato di Redazione del giornale e riporta dell’avvertimento che Avril Haines, capo dell’intelligence nazionale alla Commissione per i Servizi armati del Senato USA.

Le parole di Haines sono: “Il conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe prendere una traiettoria imprevedibile e portare ad una pericolosa escalation. L’interesse dell’America non è quello di lanciarsi in una guerra totale contro la Russia, ma è quello di appoggiare un negoziato, anche se esso potrebbe richiedere all’Ucraina decisioni difficili.”

Fuor di metafora, ciò significa che gli ucraini dovranno, in cambio della pace, accettare forzatamente delle rinunce territoriali.

Invece sui nostri schermi televisivi continuano ad apparire esponenti del governo di Zelenskij, che, come invasati, continuano ad affermare che non si può trattare la pace prima che l’Ucraina abbia scacciato i russi dai territori da essi occupati, ivi compresa la Crimea. Tale atteggiamento è frutto della illusione in cui Sleepy Joe ha irretito i rappresentanti del popolo ucraino.

Il NYT invece invita Biden ad uscire dall’ambiguità ed a chiarire quali siano i suoi obbiettivi. Il presidente vuole la fine del conflitto e la sopravvivenza dell’Ucraina come realtà sovrana ed il ristabilimento di qualche forma di relazione con la Russia, oppure intende proseguire la guerra fino all’indebolimento definitivo della Russia per scalzarla dal suo ruolo di grande potenza, sullo scacchiere internazionale?

Il rischio nel secondo caso è quello di destabilizzare definitivamente il continente europeo, minando la sua pace e la sua sicurezza. Tale scelta porterà inoltre allo sterminio di buona parte della popolazione dell’Ucraina.

Anche i cittadini americani hanno cominciato a nutrire qualche dubbio sulla decisione di inviare armi per continuare ad alimentare la guerra. Anche perché, secondo il giornale, la vittoria dell’Ucraina sulla Russia  e la riconquista di tutti i territori occupati da Putin è un obbiettivo che si può certamente considerare irrealistico. L’Ucraina non può vincere la guerra e continuare ad illudere i suoi governanti: è cosa davvero criminale.

Quando tali obiezioni al conflitto ed al modo di operare del nostro governo sono state avanzate da qualcuno, in Italia, quel qualcuno è stato subito etichettato come putiniano. Ora anche il NYT sarà incluso in quella schiera?

Pensare che Putin, dopo aver investito tutto il suo prestigio in questa guerra, possa tornare indietro, è davvero un moo per porsi al di fuori della realtà. La Russia, anche se può sembrare che abbia fallito i suoi obbiettivi iniziali, è ancora in grado di infliggere all’Ucraina distruzioni enormi.

Non dimentichiamo che detiene uno degli arsenali atomici più grandi del mondo.

Continuare a far credere agli ucraini nella vittoria seve solo ad allontanare la possibilità di una composizione diplomatica della guerra ed aumentare sempre di più il numero delle vittime e delle distruzione di infrastrutture ucraine.

È venuto insomma il momento per Sleepy Koe di risvegliarsi, assumersi le sue responsabilità e di spiegare a Zelenskij che proseguire ad oltranza non è possibile. Vi sono limiti oltre i quali non possono andare né la NATO, né l’America. Destabilizzare l’Europa è impensabile e delittuoso.

Bisogna smettere di inseguire una vittoria impossibile e cominciare a pensare a por fine alla guerra, anche se ciò implica assumere decisioni difficili. Soprattutto davanti al suo popolo che il fantoccio Zelenskij, spinto da Biden ha illuso. Contro la realtà è inutile battersi, essa prima o poi presenterà il conto e bisognerà pagarlo. Procrastinare il momento della presa d’atto di essa non farà altro che rendere quel conto più salato. Ne vale la pena?

 

Giuseppe Esposito

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