La striscia del genocidio
di Sabrina Prisco-
Venti mesi fa, all’indomani di una delle peggiori azioni terroristiche del secolo corrente, cominciò la “vendetta” dell’esercito israeliano. Fu chiaro immediatamente che la misura della reazione non sarebbe stata proporzionata all’azione.
Nei mesi seguenti il 7 ottobre 2023 la potenza distruttiva degli attacchi israeliani contro la popolazione civile ha perso subito il velo dell’azione mirata a colpire i covi di Hamas e si è chiaramente definita come missione sterminatrice di un intero popolo, tra l’altro espressamente dichiarata dal criminale di guerra Netanyahu e dai suoi ministri.
Ci sono voluti venti mesi affinché questo velo di indifferenza e ipocrisia si squarciasse in modo inequivocabile.
Eppure di singole voci, anche prudenti ma informate e autorevoli, ce ne sono state fin da subito ma sono state, nel migliore dei casi, ignorate. Parlare di genocidio o di sterminio era come toccare un cavo di alta tensione e l’accusa di antisemitismo arrivava come una folgorazione,
immediata, violenta e senza argomentazione.
La stessa impronunciabile parola “genocidio” è stata sottoposta a degli insulti lessicali e trasformata in 5en0cidi0 o g3noc1d1o o altre mortificanti dissimulazioni per evitare le censure.
Oggi, all’improvviso, anche le grandi testate internazionali, imbavagliate fino all’altro ieri, si mettono una tardiva fascia nera al braccio.
“Il Financial Times parla di vergogna (maggio 2025), The Economist evoca l’uscita da una guerra che non ha più giustificazioni (maggio 2025), The Independent pubblica un editoriale che accusa Starmer di silenzio complice (11 maggio 2025). The Guardian si chiede senza remore: “Cos’è questo, se non un genocidio?” (12 maggio 2025). Persino The Times, storicamente conservatore, si sbilancia.” (fonte Letizia Marchetti su Contropiano)
Tali esternazioni non sono comunque articoli di singoli giornalisti ma editoriali, istituzioni della stampa che gestiscono l’impostazione dei giornali e che solo adesso assumono una posizione conveniente. Non una “conversione morale” quindi, ma piuttosto a una strategia, sollecitata da una crescente pressione dell’opinione pubblica, mirata a prendere le distanze da un regime in caduta. Un po’ come i topi che fuggono dalle navi che affondano…
Oggi è molto comodo parlare di resistenza e integrità. Ma la resistenza vera è stata quella fatta dai giornalisti che si sono licenziati per protesta, dalle università occupate fisicamente, da tutti coloro che, con ogni mezzo disponibile, hanno continuato a parlare di Gaza, fornendo le immagini delle atrocità commesse da Israele, immagini disponibili fin dall’8 ottobre 2023. E molti di questi hanno pagato con la loro vita.
A Gaza sono oltre ottantacinque i giornalisti volontariamente uccisi dal fuoco israeliano. In Italia, se possibile, la situazione è ancora peggiore. Il nostro governo ha scelto, anche questa volta, di stare dalla parte peggiore della storia e si è scelto gli alleati più miserevoli. La già scarsa tendenza alla critica argomentata è messa sempre più in difficoltà da un’informazione ridicola, frammentaria, palesemente distorta, fonte succulenta cui si abbevera una popolazione deprivata scientemente di ogni capacità di approfondimento e di analisi politica. Le residuali forme di dissenso e di resistenza subiscono tentativi di distruzione tramite, tra l’altro, l’approvazione di leggi liberticide retrograde, vergognose e anticostituzionali. Lo scenario è sconfortante
Ma…
A questo punto ci vuole un “ma”, per forza, altrimenti non ci sarebbe davvero speranza.
Ma, appunto, questo risveglio internazionale pare stia attecchendo anche in Italia e poco importa, in questo momento, quali siano le motivazioni o il perché sia stato così tardivo. Oggi l’importante è che ci si svegli e che ci alzi in piedi.
Perfino a Salerno, cittadina sonnolenta per antonomasia per tutto quanto non riguardi le sorti della squadra di calcio cittadina, sta cominciando ad attivarsi. Anche in questo caso, i primi segni di risveglio si aggrumano intorno ai nuclei di “resistenza” che combattono da molto prima del 7 ottobre. Circoli culturali, presidi di socialità, gruppi di attivisti, fino ad oggi poco ascoltati o ignorati, vedono rinfoltire
le adesioni alle loro iniziative.
E così qualche sera fa, al parco del Mercatello un gruppetto di persone ha raccolto l’appello di giornalisti, scrittori, intellettuali che da mesi si spendono per la causa palestinese, e si sono ritrovate ad una fiaccolata per il #gazalastday. Pochissime persone, è vero, ma è già
qualcosa.
Il 3 giugno al Consiglio Comunale, la mozione per Gaza, presentata dal Consigliere Arturo Iannelli e approvata all’unanimità, è riuscita a sottrarre ben dieci minuti alla più ampia ed appassionata discussione per le sorti della Salernitana per la quale sono state spiegate
bandiere granata a volontà, una volta ripiegate quelle palestinesi utilizzate il tempo necessario per la foto di rito. Pochi minuti di attenzione, ma è già qualcosa.
Il 4 giugno, all’Osteria Canali c’è stata una cena palestinese preparata da Omar Suleiman della comunità palestinese di Napoli il quale ha poi letto delle struggenti poesie dedicate alla sua terra. Lo ha fatto instrada, in una via Canali simbolicamente occupata nel giorno di approvazione del vergognoso decreto(in)sicurezza, che vuol minare ancora di più la libertà di espressione. Una serata intensa, commovente che non è stata organizzata due giorni prima, ma trova le sue radici nell’attività decennale di Femminile Palestinese e della sua fondatrice, Maria Rosaria Greco. Femminile Palestinese è una rassegna che racconta la Palestina attraverso le sue donne, allo scopo di “contrastare la sistematica azione di memoricidio a cui è sottoposta la cultura palestinese e il suo popolo che da sempre esiste e resiste alla quotidiana negazione della propria identità.” Un’attività che non nasce il 7 ottobre né si sviluppa su reportage recuperati in rete, ma è una voce concreta e informata. Maria Rosaria Greco è l’autrice di un documentario girato in prima persona a Gaza prima del Covid, “A Gaza, le donne”, che racconta uno spaccato della vita a Gaza attraverso quella di sei donne che vivevano quotidianamente nella privazione di ogni elementare diritto, da quello alla salute all’accesso all’acqua, alla possibilità di lavorare.
Già dal 2012 un rapporto dell’ONU prevedeva la “non vivibilità” di Gaza entro il 2020. Oggi è il 2025 e dopo quel rapporto ONU c’è stata una pandemia ed un genocidio.
Forse oggi non sono realmente immaginabili le condizioni di vita, e di morte, in cui versa ciò che resta di Gaza. E a maggior ragione è necessario parlarne, anche se in pochi, anche se per poco tempo, purché sia un innesco potente, affinché la voce di Gaza, attraverso le voci di tutti noi, renda impossibile ogni ulteriore silenzio.
Mentre ascoltavamo le parole di Omar, la scorsa sera, è circolata la notizia che tra pochi giorni attraccherà a Salerno una nave di una compagnia israeliana, proveniente dalle coste francesi, dopo uno scalo a Genova, e diretta a Tel Aviv carica di armi e componenti militari,
materiale che, una volta lasciato il porto di Salerno, andrà a contribuire allo sterminio di altri civili palestinesi… C’è stato un immediato tam tam tra tutti inostri conoscenti alla ricerca di informazioni certe.
Già il mattino seguente c’è stata una prima agitazione dei portuali dello scalo francese che si sono rifiutati di effettuare il carico. E una notizia di poche ore fa, diramata dall’Unione Sindacale di Base Porto di Genova, annuncia una prima grande vittoria dei portuali del Golfo di Fos che sono riusciti ad impedire l’imbarco di armi sulla nave Zim. La nave farà tappa a Genova sabato mattina per uno scalo tecnico ma i portuali genovesi sono già pronti a verificare che sia effettivamente vuota.
“Il lavoro portato avanti in questi anni dai portuali genovesi, – cita il comunicato – ai quali si sono poi aggiunti greci, marocchini e oggi i francesi, dimostra che il coordinamento sta dando risultati concreti.”
E i portuali salernitani? Già nel novembre 2023, insieme con quelli di Genova, hanno bloccato i varchi dei rispettivi porti per contestare la presenza della nave Zim Asia, un cargo israeliano proveniente da Barcellona segnalato come carico di armi per Israele. Speriamo che anche in questa occasione, ci sarà una mobilitazione ancora più serrata.
La Zim, compagnia di cui fa parte anche la nave intransito in questi giorni, è una compagnia israeliana, nata nel 1945 con lo specifico compito di trasportare i coloni sionisti nelle terre palestinesi occupate. Dopo il 7 ottobre 2023 la compagnia si è messa a disposizione del governo israeliano per sostenere l’attacco genocida di Gaza.
