Tradotto dal “tedesco”
di Giuseppe Moesch*
Sono stato pervaso da una ridda di emozioni convergenti e contrastanti, leggendo il post che un docente di Tedesco di scuola superiore ha scritto avendo come obiettivo la figlia di Giorgia Meloni.
La prima reazione è stata di vergogna per l’uomo, prima ancora che per il docente, perché ritenevo inverosimile pensare che un essere umano potesse concepire quelle parole nei confronti di una donna e di una bambina di otto anni, augurando loro la stessa esperienza di un feroce evento già di per sé inimmaginabile, ovvero l’omicidio di una bambina di quattordici anni.
Cosa è accaduto nella mente di quell’uomo per raggiungere quel livello di crudeltà mentale, di cinismo, di abiezione, di rabbia, di voglia di annientamento di un altro essere umano e della sua progenie, e quali sono state le cause scatenanti.
Da quello che ho capito non ci sono mai stati contatti tra quel soggetto e la premier, né tanto meno effetti di azioni della stessa che abbiano determinato un odio così profondo; non sarebbe in ogni caso accettabile, ma potrebbe forse esser visto come elemento scatenante di quel comportamento.
In una balbettante intervista quell’uomo ha addotto come causa del proprio scritto l’aver visto alla TV un servizio sui bambini di Gaza e per tal motivo ha espresso la sua indignazione esprimendolo sui social attraverso quel post, aggiungendo poi, contrito, che avrebbe voluto abbracciare le due destinatarie dei suoi strali.
È così subentrato un altro sentimento, sempre per quell’uomo sedicente di sinistra, ovvero quello della pietà. Ho sofferto per lo stato della sua povera esistenza, vissuta nelle verità degli slogan ascoltati e ripetuti per tutti gli anni di partecipazione, credo, a manifestazioni, cortei, assemblee dove hanno spiegato a quei semplici che partecipavano come fosse fatto il nemico e che cosa si sarebbe dovuto fare per liberarsene.
Il pover’uomo, pavlovianamente condizionato, ha risposto come il cagnolino degli esperimenti del medico russo premio Nobel nel 1904 che dimostrò che è il cervello che controlla i comportamenti degli individui non solo dal punto di vista sociale, ma anche fisiologico, e successivamente, studiò come fosse possibile suscitare stati di schizofrenia con opportuni stimoli dolorosi su cani indotti in casi di incertezza decisionale.
In una farneticante intervista tesa a giustificare il suo operato ha spiegato che la vista dell’inerzia del governo rispetto alle morti dei bambini di Gaza, lo abbia spinto ad augurare alla figlia della sua nemica la stessa fine della povera bambina uccisa a pietrate da un giovane diciottenne.
Ho sempre apprezzato l’intuizione di Pavlov, ma sempre ho provato una grande pietà per quei cani che hanno dovuto subire quei maltrattamenti sacrificati sull’altare della scienza, altrettanta pietà provo oggi per quell’uomo che come quei cani è stato condizionato, ma in questo caso sacrificato sull’altare del potere di individui privi di senso etico e morale.
Ma un altro sentimento ancora si è manifestato in me ripensando alla mia quasi cinquantennale esperienza di professore; ogni volta sono uscito dalle aule con le mani sporche di gesso e con la voce affaticata. In tempi recenti ho visto specialmente tra i colleghi più giovani l’abuso di sussidi quali slides con testi che venivano letti e commentati; ho sempre considerato che il ruolo di un docente non fosse quello del libro parlante, come peraltro accade con grande successo nelle lezioni delle Università on line, bensì quello dell’accompagnatore nel percorso formativo.
Le mie lezioni erano continuamente interrotte, peraltro su mia stessa sollecitazione, da discussioni su quanto andavo esponendo richiedendo l’opinione di chi mi ascoltava e rispondendo ai quesiti, normalmente mai banali, che mi sottoponevano in base alle loro esperienze ed alle loro convinzioni.
Mi sono chiesto se il professore di tedesco che ha postato sul suo sito quella frase avesse raccontato solo della declinazione dei sostantivi o della costruzione della frase che rispecchiava molto la logica latina, o se mai si fosse soffermato sulla ricchezza di quella cultura. Se mai abbia parlato del Faust di Goethe, dei Buddenbrook di Thomas Mann, Avere o essere? di Erich Fromm, o di Così parlò Zarathustra di Nietzsche, o di Schiller, se abbia mai parlato di Bach, Mozart, Brahms o Beethoven che scelse proprio quell’ultimo come librettista della sua nona sinfonia, e cosa avrà saputo spiegare della filosofia di quei maestri del pensiero occidentale.
Forse avrà apprezzato l’idea del superuomo tanto insita nel pensiero Hitleriano confondendola con il pensiero Nietzschiano, in ogni caso che difficilmente quei poveri discenti abbiano potuto cogliere i valori di quei pensatori da un docente così permeato di non idee e di non valori e non abbiano valutato di avere di fronte un semplice ripetitore di luoghi comuni utilizzati da mestatori.
Dubito che quel fine pensatore autore della frase sulla Meloni abbia coscienza di chi siano stati i Palestinesi e di quali soprusi abbiano commesso e di quali siano stati vittima; ha assorbito i resoconti di faziosi cronisti strappalacrime anch’essi privi di coscienza critica e di conoscenza della storia e della politica.
L’ultima considerazione è di rabbia causata dalla constatazione che un individuo con quelle caratteristiche possa insegnare in una scuola pubblica; nessun controllo sulle attitudini ad essere di esempio. Non ritengo ci debba essere una censura sul modo di insegnare, non la avrei mai accettata su di me figuriamoci se potessi volerla per altri, ma le esperienze di un passato non troppo lontano su cattivi maestri e compagni che sbagliano, mi fanno temere il ritorno a tempi drammaticamente vicini.
Ho vissuto sulla mia pelle l’angoscia, non tanto per me ma per la mia famiglia, di ritrovarmi in una risoluzione strategica delle Brigate Rosse e credo di poter capire quello che hanno provato i destinatari di quei pensieri spensierati, non solo la Meloni, ma anche Piantedosi e Salvini, e me ne dispiaccio per loro.
Non condivido la parte ideologica dietro la loro politica così come ritengo criminogeno il comportamento di estremisti della cosiddetta sinistra; la mia storia personale e politica lo dimostra ampiamente. Credo solo che l’idea di considerare l’avversario politico come un nemico porta necessariamente a questi eccessi e che chi ha la responsabilità di questo fraintendimento debba fermarsi per evitare di trascinare nel baratro il Paese.
Se il professore avesse letto Schiller e l’inno alla gioia avrebbe potuto comprendere:
Gioia …
ciò che la moda ha rigidamente diviso,
tutti gli uomini diventano fratelli,
dove la tua ala soave freme
]già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno
Immagine Jaber Jehad Badwan. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0
