Non andrò a votare
di Giuseppe Moesch*
NON ANDRÒ A VOTARE per i referendum perché è un mio diritto. L’obbligo di votare è imposto da tutti i regimi totalitari per poter dimostrare erga omnes il grandioso consenso di cui godono. Il non voto è la conferma, del contrario. I regimi autoritari di destra o di sinistra, laici o teologici, quasi sempre propongono scelte del tipo prendere o lasciare, sì o no, spesso separate o di colori diversi così da poter controllare i votanti, ed i referendum proposti vanno in quella direzione.
NON ANDRÒ A VOTARE perché non ho mai seguito indicazioni apodittiche che non fossero frutto del mio intimo convincimento e della mia razionale, emotiva e politica convinzione. L’ho fatto anche contribuendo formalmente all’interno del mio partito che da tempo ormai ha rinunciato a rispettare i valori dei suoi maggiori per piccoli interessi personali, ed è diventato con il suo simbolo un ornamento del PD e del M5S, come i titoli nobiliari che i parvenu arricchiti compravano per ostentare un lustro di cui erano privi.
NON ANDRÒ A VOTARE perché tutti i referendum presentati non sono espressione di valori etici o morali che attengono alla sfera intima dei singoli ma sono chiaramente appartenenti a scelte di tipo tecnico che devono essere risolti nelle sedi opportune, ovvero in Parlamento o nella dialettica delle contrattazioni sindacali.
NON ANDRÒ A VOTARE perché le norme che ci si propone di abrogare porteranno al ritorno allo status quo ante che nel caso della disciplina dei licenziamenti o delle tutele crescenti peggiorerebbe la condizione dei lavoratori. C’è da notare che quelle norme furono approvate dal Governo Renzi che era stato segretario del Pd ed era espressione del pensare di quel partito. Oggi quelle norme vengono messe in discussione e se ne propone l’abrogazione solo per la faida interna a quel partito. L’attuale segretaria e la sua corte vuole affermare la svolta politica massimalista che sta imprimendo al partito appoggiandosi sempre più al M5S, tentando di annullare la presenza della componente renziana e di quella parte del partito che non apprezza quelle scelte. La cosa paradossale è che si chiede ai lavoratori di farsi del male da soli invece di lavorare in Parlamento per trovare soluzioni migliorative, solo per una mera questione di potere.
NON ANDRÒ A VOTARE perché la questione sicurezza è condivisa da tutti i partiti indistintamente quindi basterebbe la volontà di risolvere il problema dell’estensione della responsabilità dei sub appalti attraverso un provvedimento organico che riformi la materia e non la semplice abrogazione di norme che creerebbe ulteriore confusione.
NON ANDRÒ A VOTARE perché anche per i contratti a termine è indispensabile una disciplina organica che deve essere affrontata in Parlamento, danneggiando in caso contrario i lavoratori, oltre che con interventi contrattuali collettivi.
NON ANDRÒ A VOTARE perché il quesito sulla cittadinanza è pretestuoso in quanto tende esclusivamente ad ottenere più in fretta voti da parte di immigrati di fresca presenza. L’ipocrisia di parlare dei bambini che non avrebbero diritti, è assolutamente falsa: la sola differenza per gli immigrati regolari residenti è la mancanza del diritto di voto che non è certo un problema, godendo essi degli stessi diritti degli altri piccoli. Il problema si porrà al momento del compimento dei diciotto anni quando la quasi totalità degli stessi avrà sicuramente maturato i dieci anni di residenza e di integrazione. La riduzione a cinque anni può essere invece un problema per gli adulti che più difficilmente impareranno la lingua lavorando e non avranno modo di conoscere e assimilare facilmente la cultura della nostra civiltà. Lottare per la tutela dei lavoratori immigrati soggetti a forme di sfruttamento è una battaglia sacrosanta, il resto è demagogia e ruberia politica.
NON ANDRÒ A VOTARE
- Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno
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