di Mariapia Vecchione-
Nuova esposizione al Next, ex Tabacchificio di Capaccio Paestum, dal 4 al 6 maggio.
La XIV edizione sancisce l’incontro delle trazioni e dei sapori del territorio campano, punta di una pietra preziosa che ben si incastona nella qualità vitivinicola Italiana tutta, dalle Alpi al Mezzogiorno.

L’evento, trainato per il secondo anno dalla direzione del Wine Manager romagnolo, Alessandro Rossi, è denso e spumeggiante di visioni d’oltreoceano: lo conferma la scelta del Masterclass
“Trend italiani in America”, che nell’ultima giornata della Kermesse vede protagonista Charlie Arturaola, il sommelier uruguaiano, ritenuto fra i dieci palati migliori al mondo per
l’American Wine Association.
Innamorato delle cantine italiane e della sua qualità, oggi Arturaola è membro dell’Associazione Italiana Sommelier in cui continua ad affinare il suo gusto, una passione che si intreccia come i vitigni della nostra penisola.
Il suo calore americano ci trascina alla scoperta di una selezione variegata, che avvolge la mente oltre che il palato: una degustazione che diviene una sinergia culturale, il cui unico fine è dimostrare agli italiani l’importanza delle loro etichette, apprezzate da tempo sulle tavole degli americani; la visione controcorrente del sommelier americano combina l’assaggio di tre rossi in apertura, puntando su calici di bianco per il finale.
Si gioca in casa per l’inizio degli assaggi scomodando un IGP 2021, nato dai vigneti del profondo Cilento: San Salvatore 19.88 Paestum Rosso Pino di Stio a cui segue l’etichetta DOC 2022 Spinelli, Montepulciano d’Abruzzo. Questo si scopre per la sua acidità essere il rosso perfetto, il protagonista della tavola per ogni seconda portata di mare e terra, in America fra i primi DOC ad essere apprezzati negli anni ’60 del Novecento.
Una vino internazionale che al palato si fa predominante, nato a soli 15 km da Montalcino, nella parte orientale della Maremma Toscana, è il Rouge IGT 2021, Pianirossi: corposo ed elegante diviene lo spartiacque al primo assaggio di bianco della degustazione.
Un vino che concretizza al sapore gli aspetti di un classico vino vulcanico è il Ca’ Rugate, Monte Alto Soave DOC 2022, che mescola armonia e ricercatezza, donando al palato un retrogusto avvolgente, frutto dei suoi terreni calcarei.
Si procede con la complessità di un bianco che l’America scopre recentemente, nato dalle cantine Piemontesi: il Sassaia, Colli Tortonesi Timorasso DOC 2023 che è definito “controcorrente” per la sua complessità: in riserva per tre anni e per un anno all’affinamento prima di dare alla luce ogni bottiglia.
Si continua fra calici di bianco che fanno da chiosa a questa degustazione interculturale, pregiati e corposi: DOC 2022, Gemma Etna Bianco di Federico Curtaz; una produzione siciliana di un uomo valdostano che ha saputo cogliere per ogni bottiglia un’esplosione di frutta secca. La degustazione si sposta dalle pendici dell’Etna alla produzione IGT 2019 Cantina Roeno, Collezione di Famiglia Riesling Renano Delle Venezie: pregiato con una produzione che nasce dalle scelte familiari della cantina che in una zona di confine tra il Veneto e il Trentino Alto Adige sperimenta una fermentazione in acciaio ed un affinamento generoso in legno.
Charlie Arturaola conclude la sfilata di assaggi con un trionfo di bacco: DOC 2022 Lambrusco di Sorbara, Francesco Bellei; un brut rosso che attraverso il metodo classico si offre magnetico al palato: un’esplosione di bollicine…

Incontro personalmente Charlie Arturaola che per il Paestum Wine Fest 2025 racconta il gusto italiano, predominante nella sua trentennale carriera lavorativa in America:
“Nei miei ristornati i vini italiani hanno sempre primeggiato, dal mio ristorante Toscano in Florida la cui cantina aveva metà delle sue etichette di provenienza italiane, al ristornate che mi ha cambiato la vita a New York City con ben 1200 etichette di vini italiani. Poi ancora, un ristorante Piemontese nel golfo del Messico con 1000 etichette regionali del Piemonte, apprezzate ed amate nel mondo. Per me è stata questa la formula perfetta per sintetizzare la mia conoscenza dell’Italia, posso dire di conoscere la penisola italiana da estimatore e da ragazzo, venuto da un lontano quartiere italiano dell’Uruguay.”
Perché la qualità dei vini italiani si contraddistingue ancora oggi, come nel passato?
“È una qualità vitivinicola questa, che permette nella gastronomia di continuare ad incrociare la sua storia; sin da piccolo mi raccontavano che qui a Paestum, dominata dai greci e romani, la produzione di vini aveva radici profonde. Quando ho cominciato a lavorare come comunicatore di vini nel mondo, ricordo bene di essere arrivato a Verona nel 2012 per il Salone Internazionale del Vino e questa tappa mi ha permesso di ritornare negli States per mostrare la mia conoscenza sul food&beverage. Posso finalmente dire che le mie conoscenze mi hanno permesso di dimostrare all’America che in Italia si può bere vino di ottima qualità senza uno sforzo economico eccessivo, proponendo vini regionali prodotti nei piccoli borghi. l’Italia mi fa ricordare ogni giorno le parole del mio babbo: « tu dammi del vino, non darmi un’etichetta. Mio padre beveva il vino semplice, quello delle botti…”
E fra Nord e Sud Italia, quale luogo d’Italia continua a contraddistinguersi sul mercato mondiale per qualità, trascendo dalle etichette?
“In questa visione penso più alle regioni che alle famiglie di produttori, questo perché il clima sta cambiando e la produzione di vini ne risente molto. Un tempo si parlava della produzione di vini toscani, oggi noi comunicatori abbiamo un ruolo fondamentale, quello di invogliare il mondo a conoscere tutta la produzione italiana. E per questo oggi si deve discutere per la produzione vitivinicola italiana di regioni e delle loro caratteristiche geografiche più che di etichette.”
Per concludere: le famiglie vitivinicole Italiane cosa possono insegnare al mondo?
“Non vendere alle gradi compagnie del mondo, perché oggi la prima domanda da farsi è: siete una produzione familiare o una grande distribuzione? Oggi nel mondo del wine avere delle produzioni familiari è una grande fortuna…”

Un festival del vino, questo svoltosi a Paestum, che punta alla qualità campana, oltreché ad accogliere le cantine regionali come conferma il Direttore Alessandro Rossi che incontro nella giornata conclusiva del Paestum Wine Fest offrendomi un bilancio dell’edizione appena conclusasi.
Direttore, qual è la percentuale delle cantine extra campane che hanno esposto al Paestum Wine Fest?
“Beh, il 65% ricopre un comprensorio extra Campano, una scelta che vuole sottolineare la capacità del festival ospitato nella regione Campania di potersi esprimere in termini internazionali. Una manifestazione che esprime il Made in Italy in ogni sua forma, attraverso produttori che raccontano i loro territori. L’obiettivo è che questo fest diventi un salotto di scambio culturale ma anche di business necessario alle aziende che raggiungono la regione Campania. Abbiamo ospitato cantine dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, fra le migliori rappresentanze vitivinicole e chissà se in un prossimo futuro non si possa anche internazionalizzare il festival, accogliendo anche produttori del resto del mondo…”
Mira ai produttori Americani per il Paestum Wine Fest 2026?
“L’America è sempre stata ed è ancora oggi il bacino d’importazione più importante per il territorio italiano e la produzione dei suoi vini, ma potrebbe non essere la nostra opportunità di lancio, ad esempio l’importazione italiana di vino in Cina e nei paesi asiatici non è da sottovalutare.”
Si riterrà soddisfatto quando almeno uno dei due poli geografici sarà attratto dal Paestum Wine Fest…
“Molto, inoltre quest’anno concludiamo il festival con una collaborazione emblematica che unisce il festival del wine al Parco Archeologico di Paestum per permettere ai visitatori di vivere un’esperienza culturale rara…”
Foto a cura di Salerno News 24 & Paestum Wine Fest