‘O purpo s’adda cocere int’ a l’acqua soja

di Giuseppe Moesch*

I proverbi, è noto, sono distillati di saggezza popolare, ed il cui significato travalica la mera trasposizione in “lingua pulita”.
L’indicazione culinaria per la preparazione di un piatto che in tutte le culture marinare è sempre presente, ci dice che il cefalopode in questione sarà facilmente edibile, semplicemente lasciando che cuocia nella sua stessa acqua.
Esistono ovviamente altre modalità di preparazione, ad esempio alla brace o alla luciana, che solleticano i nostri palati, tuttavia una insalata di quell’invertebrato con l’aggiunta di sedano, carota, olio, limone ed un pizzico di pepe, suscita ricordi infantili nostalgici ed ha fornito alimento a quasi tutte le popolazioni rivierasche del Mediterraneo e non solo.

Ma spesso il significato dei proverbi trascende dalla mera e diretta interpretazione delle parole e ci consente di comprendere anche la filosofia sottesa ad una popolazione e possiamo riscontrarla proprio in quel proverbio che ci suggerisce come comportarsi con alcuni individui, o in alcune situazioni, che ci appaiono suscettive di sviluppi difficili o in alcuni casi drammatici.

A novembre scorso, oltre la metà dei votanti statunitensi ha votato per Donald Trump per la carica di Presidente, sulla base di un programma chiaro ed inequivocabile.
Non intendo entrare nel merito di tutte le proposte che hanno fatto sì che quei cittadini decidessero di affidare il loro futuro alle mani di quell’uomo, in quanto ritengo che buona parte abbia scelto sulla base dell’insulsaggine della precedente amministrazione, che come in quasi tutto il mondo, Italia compresa, ha preferito seguire la scia dei consensi facili dei social, o delle posizioni ideologiche di nicchia piuttosto che tentare di capire le necessità dei loro amministrati; la maggioranza, ancorché risicata, dei votanti, ha chiesto di cambiare ed ha rivolto le proprie simpatie al rappresentante di un mondo mai estinto in quel Paese, ovvero del bianco rude uomo della frontiera, conservatore, sessista, razzista e teologo della primazia del danaro come simbolo di successo, fautore dell’uso delle armi per una giustizia fai da te, e messia di una nuova epoca d’oro per gli Stati Uniti, che però amplifica all’America tutta con mire espansionistiche, già espresse nel passato dai suoi predecessori.

Credo che sia chiaro che non condivido quella visione della vita, ma non posso non mettere in luce quel che accade e cercare di immaginare come comportarsi per fronteggiare le conseguenze dei comportamenti di quell’uomo.

Tra le prime iniziative, che aveva preannunciato in campagna elettorale, vi era quella di saper far terminare le principali guerre in corso, Russia/Ucraina, e Israele/Hamas, anche se in quest’ultimo caso potremmo parlare più concretamente dei rapporti con l’Iran, che è il vero burattinaio dell’area.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti; i russi continuano imperterriti nella loro azione d’aggressione con l’idea precisa di acquisire la maggiore quantità possibile di territorio, consapevoli che la colpevole inazione europea e americana per evitare la perdita di consenso interno, consente loro di continuare una guerra di conquista sullo stile del passato di cui quello hitleriano è un esempio lampante.

Non va meglio in Medio Oriente dove Hamas ha approfittato della mediazione per attivare uno show mediatico nel consegnare i pochi prigionieri rilasciati, proponendosi come i reali vincitori, attirando il plauso dei cronisti di tutti il mondo, ed in particolare di quelli italiani soddisfatti nel poter mostrare le immagini raccontando unilateralmente delle sofferenze dei palestinesi dimentichi del fatto che sono stati gli uomini di Hamas ad aggredire, uccidere e rapire persone riunite in una festa. Persino la popolazione palestinese protesta contro quei terroristi ma gli uomini della Tv di stato imperterriti continuano nella loro narrazione ideologica.

Se l’operazione fine guerra non sembra offrire i risultati sperati l’altro sforzo per fare più grande l’America, passa per l’acquisizione del Canada e della Groenlandia, secondo un meccanismo già sperimentato un paio di secoli prima con parte del Messico presa agli spagnoli o dell’Alaska acquistata dalla Russia. Anche in questo caso il grande sogno sembra stoppato dalla ferma resistenza dei due Paesi e del resto del mondo.

Sembrerebbe invece che i provvedimenti presi per riequilibrare il deficit commerciale con il resto del mondo, abbia turbato le coscienze dei governanti europei, mentre sembrano meno impressionati altri Paesi come ad esempio la Cina che hanno subito reagito senza panico.
Ma qual è il problema? Gli Stati Uniti importano assai più di quanto esportano, e non perché siano privi di materie prime, o di tecnologie ma principalmente perché altri producono meglio e più a buon mercato, come per esempio in molti Paesi in via di sviluppo.
Per fare fronte a questa disparità di condizioni i dazi danno la possibilità di rendere competitive le produzioni. Si tratta di beni come ad esempio i jeans che costano poco e sono sostitutivi di quelli prodotti in loco; applicare un dazio significa rendere indifferente l’acquisto di un prodotto interno invece di uno importato.

Nel caso dei Paesi Europei, il problema è di altra natura: la maggior parte dei beni esportati sono beni non prodotti negli USA. Se ci fermiamo al caso italiano e pensiamo ai vini, agli alimenti come ad esempio il parmigiano, la moda o le auto di lusso, ci troviamo di fronte ad una esigua quantità di beni che il consumatore statunitense di medio ed alto reddito apprezza e paga ad un prezzo abbastanza elevato.

L’applicazione di un dazio in questo caso non ha alcun senso perché il fatto non riesce a scoraggiare i potenziali consumatori che solo in minima misura, in quanto un aumento del 20% del prezzo appare ininfluente, non essendoci alternativa interna. Il Parmesan lo comprano i soggetti a basso reddito e a basso livello culturale, mentre il parmigiano rappresenta anche uno status symbol per il quale vale la pena spendere qualcosa in più. La sola cosa che accade è che il provvedimento porterà ad un aumento di prezzo che insisterà su una situazione inflazionistica già difficilmente contenibile, ma praticamente priva di effetti sulle produzioni dei Paesi esportatori.

La cosa singolare è che il mondo intero sembra incapace di comprendere cosa stia realmente accadendo, e a dire il vero, guardandomi intorno, resto sbalordito. Non ho ritenuto necessario alcun commento tanto mi sembrava banale ed inutile, fino a quando non ho notato il profluvio di interventi che venivano ad inondare i giornali, i telegiornali, i social, e come fossero rimbalzanti tra di loro.
Ingegneri, podologi, maniscalchi, usurai, alpinisti, baristi, ostetrici, geometri, industriali, piazzisti, banchieri, giocolieri, necrofori, guidatori di sulky, arrotini/ombrellai ambulanti, ostricari, finanzieri, politici, amministratori, amministrati, bancari ed ho certamente trascurato centinaia di altri professionisti tutti hanno commentato il dramma che sembra si stia consumando a livello planetario.

Mi è venuto pertanto il dubbio che l’avanzare dell’età, oltre a condizionare le prestazioni fisiche, avesse iniziato ad influire anche su quelle mentali, per le quali come dico sempre mi sembra che funzioni come sempre; si badi non ho detto che siano buone come sempre, ma che mi sembrano non dissimili dal passato. Il problema è che avendo insegnato materie economiche per la mia intera vita, forse avevo dimenticato le dinamiche della disciplina ovvero che erano cambiati i parametri fondamentali.

La decisione di Trump ha avuto già nell’immediato una serie di conseguenze ed in primis il crollo delle borse, la pressione da parte delle forze politiche, in genere di opposizione, di chiedere interventi per salvare le aziende ed i lavoratori che da subito sarebbero dovuti finire alla fame, e di sostituire i governi che permettevano il verificarsi della tragedia.
Andiamo per ordine.

Trump ha affermato che gli USA stanno incassando milioni di dollari. È vero ma chi li paga sono i consumatori statunitensi; di fatto il loro Presidente ha imposto una tassa sui beni importati che ha fatto pagare ai propri sudditi, avendo bisogno di danaro per ridurre il peso del proprio deficit pubblico.
In secondo luogo sempre lui, ha lucrato, insieme ai suoi amici investitori finanziari, sulle oscillazioni di borsa ancora una volta a danno dei propri compatrioti oltre che degli investitori internazionali. Vorrei ricordare che la maggior parte delle transazioni di borsa sono affidate a meccanismi automatici che generano ordini d’acquisto o di vendita al variare di taluni parametri e che generano rimbalzi che permettono ai più furbi, forse qualcuno dice più bravi, di approfittare della situazione; si chiama speculazione che nulla ha a che vedere con le aspettative economiche che le azioni rappresentano.
In terzo luogo gli abitanti degli USA sono intorno ai 350 milioni a fronte di una popolazione di oltre 8 miliardi di individui in crescita sia numericamente che in termini di benessere che avranno bisogni di beni, anche di lusso, che potranno trovare così nuove destinazioni; certo sarà necessario uno sforzo per il riposizionamento, ma da qui a chiedere che lo Stato intervenga da subito è solo il tentativo a cui siamo abituati da sempre di ottener incentivi tesi ad accrescere rendite di posizione.

La situazione potrebbe diventare assai più complessa per gli USA nel caso in cui ci dovessero essere ritorsione su base europea rispetto ai prodotti provenienti da quel Paes on tato per le moto o per altri beni di consumo, quanto per i servizi o per beni a tecnologia avanzata che altri paesi estremo orientale potrebbero offrire in alternativa, mettendo in crisi l’economia statunitense.
Si andrebbe allora incontro ad una delle peggiori condizioni economiche ipotizzabile ovvero l’avvio di un periodo di stagflazione, cioè di crescita dell’inflazione in condizione di stagnazione economica.

Per tutto quanto sopra mi chiedo quanto possa durare questo spensierato periodo prima che i cittadini si ribellino alla chiusura delle aziende, ai licenziamenti, alla perdita di benessere.
Intanto i paesi europei stanno subendo la conseguenza di demagogiche scelte che ci hanno fatto perdere di vista i reali problemi e desideri delle popolazioni che essi governano. La disaffezione al voto e lo spostamento degli equilibri, così come i rigurgiti di svolte estremistiche si destra o di sinistra, che si stanno proponendo un po’ dappertutto, stanno ad indicare la stanchezza di un sistema ormai provato.
Si dimentica spesso che nel campo delle decisioni, siano esse di consumare una pizza, o di costruire una diga, c’è sempre una alternativa che è quella di non fare nulla.

Sono convinto che questo sia il caso di aspettare che sia la realtà delle conseguenze che si scateneranno all’interno del suo Paese che spingeranno Trump ad abbozzare.
Niente panico ma riflettere sulla saggezza popolare.
O purpo s’adda cocere int’ a l’acqua soja.

 

*già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno

Giuseppe Moesch Giuseppe Moesch

Giuseppe Moesch

Napoletano, già professore ordinario di Economia Applicata, prestato alla politica ed alle istituzioni nazionali ed internazionali, per le quali ha svolto incarichi e missioni viaggiando in quasi cinquanta Paesi attraversando l’umanità che li popola. Oggi propone le sue riflessioni scrivendo quando non riesce a capire quelle degli altri.

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