“Panem et circenses” ovvero Le quattro giornate

i Giuseppe Moesch*

Giovenale, raffinato poeta romano del I secolo d.C, nelle sue Satire esprime sinteticamente con quel giudizio feroce e tagliente citato più sopra, la sua valutazione sui costumi e le priorità dei suoi concittadini.

Ogni mattina, all’alba, davanti alle case dei ricchi dell’epoca si radunava un certo numero di persone, i clientes, che riempivano le sportule con frumento o altro cibo, ed in seguito con denari, persone mantenute allo scopo di avere consenso, da utilizzare al momento del voto o come supporter nelle cause.

I vincitori di guerre e gli altri potenti, con i bottini raccolti, organizzavano giochi negli anfiteatri per tenere tranquilla la plebe.
Non era un costume solo locale ma si sarebbe ripetuto nei secoli a venire, creando una valvola di sfogo allo stato di tensione nella popolazione.

È noto come Ferdinando IV, detto Re nasone o anche Re lazzarone avesse come slogan le tre F, ovvero Feste, Farina e Forca come strumenti per controllare le condizioni di tensione nel regno.

Ferdinando IV salì al trono all’età di 6 anni a seguito dell’ascesa del padre Carlo III di Napoli, al trono di Spagna. Quest’ultimo portò con sè il figlio Carlo che avrebbe dovuto succedergli, avendo escluso il primogenito Filippo, ritenuto inadatto e lasciando il  Re Nasone sul regno di Napoli.

Il bambino fu affidato alle cure della madre e tutelato da un gruppo di una decina di personaggi importanti dell’epoca a formare un Comitato di Reggenza, tra i quali due in particolare segnarono la vita del giovane rampollo ovvero il principe di San Nicandro, Domenico Cattaneo, ed il marchese Bernardo Tanucci. Il primo, che Benedetto Croce definisce come prototipo del nobile plebeo, è un vizioso e bigotto ignorante, diventa l’educatore del sovrano da lui considerato solo un simbolo che non dovrà occuparsi della gestione del potere. Lo lascia così libero di vivere senza freni, consentendogli di frequentare gli ambienti più sordidi della sua città, scandalizzando con i suoi comportamenti la corte e gli ospiti stranieri come risulta dell’aneddotica da loro trasmessa.

Tanucci, giurista nato a Stia in Toscana e già consigliere di Carlo III, sarà colui che si occuperà degli affari di Stato fino a quando sarà scacciato dalla regina Maria Carolina alleata del primo ministro John Francis Acton. Saranno gli anni della rivolta che sfocerà nella Repubblica del ’99 con fulgide figure tra le quali la più cara fu quella della Eleonora Pimentel Fonseca.

Il popolo apprezzava il Re nei suoi eccessi,  amava i suoi modi che riconosceva come propri e partecipava alle feste ed alle elargizioni ed il pugno di ferro per chi sgarrava era il sistema per tenere sotto controllo i lazzaroni.
Non fu certo l’unico a utilizzare i metodi criticati già da Giovenale, tanto che ancora oggi quegli strumenti sono ampiamente usati.
Abbiamo così assistito nei giorni scorsi al tripudio di quasi un’intera città per la  vittoria della squadra di calcio del Napoli di De Laurentis e di Conte, in uno Stadio intitolato a Maradona, primo artefici del primo scudetto vinto da quella compagine, idolatrato come un santo al quale sono dedicate oltre allo stadio, murales, immagini, altarini davanti ai quali molti si inchinano come fossero immagini sacre e taluno è stato ripreso a farsi il degno della Croce.
Piazza Plebiscito era completamente coperta dal fumo dei fuochi d’artificio, fumo che sovrastava l’umanità che gremiva la piazza, mentre caroselli di auto giravano per la città fino all’alba. La festa è continuata nei giorni successivi senza perdere di vigore fino alla cerimonia del giorno successivo con esibizione dei gladiatori vincenti, arrivati dal mare e portati in trionfo per l’esaltazione del successo del popolo.
Ho sentito commenti di tutti i più significativi esponenti della vita cittadina, accomunati da un unico sentire.
È IL RISCATTO DELLA CITTÀ.

Devo dire che forse non sono in grado di comprendere a pieno il senso del fenomeno. Ho praticato sport da giovane, ma ho sempre preferito agli sport di squadra quelli individuali, mi sono piaciuti i grandi campioni di ippica, di sci, di tennis, di scherma, di atletica e di boxe, credendo nei Fratelli D’Inzeo, della divina Lea Pericoli, in Pietrangeli, Sirola, Panatta, in Mangiarotti, Valentina Vezzali, Aldo Montano, nel grandissimo ed umilissimo Pietro Mennea, e nel gigantesco Nino Benvenuti: tutti mi hanno acceso il cuore, considerandoli esempi di agonismo da imitare non solo nello sport ma come modelli di serietà e di impegno da seguire.

Spesso Napoli ed il Mezzogiorno tutto è stato additato come luogo di inferiorità, di sottosviluppo e di quel mondo sono state messe a nudo solo le condizioni di negatività che apparivano patrimonio nostro esclusivo.

Se pure volessimo tralasciare l’enorme eredità culturale del passato la cui cifra è nei monumenti presenti sul territorio, anche nell’eredità che filosofi, pensatori e uomini di cultura in senso lato che da duemilacinquecento anni hanno dato lustro e notorietà in tutti i campi al mondo, basterebbe forse soffermarsi sui successi che i ricercatori dei nostri centri di eccellenza fuori e dentro le Università o nelle start up offrono quotidianamente.
Il turismo, da sempre fiore all’occhiello del nostro Paese non nasce oggi per l’amenità del clima o del paesaggio, sebbene siano evidentemente fatti ineludibili, ma il patrimonio culturale tutto dai tempi delle colonie greche in poi è stato un punto di attrazione se solo si pensa alle ville romane o a quelle più recenti del regno, che hanno segnato l’interesse del mondo.

Non voglio ripercorrere i primati che nei vari campi erano appannaggio di questa parte del nostro Paese.
Quello che ha connotato in negativo le nostre sorti è stata la politica, quella feudale,  dei Borboni, dei Savoia e quella dell’Italia Repubblicana.
Tutti hanno depredato il Mezzogiorno ed il suo simbolo massimo che era Napoli ed il suo popolo.
Da Re Nasone, ai monarchici sabaudi, a Lauro, alla DC e compagni, ai Cinque Stelle, tutti hanno offerto farina e feste per ottenere consenso lasciando ad organizzazioni parallele il controllo del territorio. Le risorse sottratte al popolo sono state incamerate da organizzazioni criminali che gettando pacchi di pasta o scarpe, o assunzioni e pensioni clientelari o redditi di cittadinanza, hanno tenuto sotto schiaffo la gente semplice, che ha trovato di volta in volta in San Gennaro in Maradona la salvezza dalla loro condizione.
Cantava Pino Daniele nella sua “Napule è”, tutte le sfumature positive e negative che la sua e la mia città presenta, e amaramente annotava: …” e nisciuno se ne importa E ognuno aspetta a’ sciorta”.

Troppe delusioni per cui si lascia alla sciorta, alla fortuna, alla sorte, la possibilità di un vivere diverso, ma io preferisco pensare al Cristo Velato o al Politecnico, a San Lorenzo Maggiore sopra e sotto o alle facoltà umanistiche e all’Orientale, all’industria ferroviaria o spaziale e alla ritrovata fonte dell’acqua zuffregna, alla Metropolitana o all’agro industriale.
Sono atterrito quando acclamati pensatori parlano di riscatto.

Ho sentito una signora intervistata da un sedicente giornalista tutto compreso nel su ruolo confessargli di esser stata presente a tutte le occasioni di gloria per la squadra a tutti gli scudetti vinti: “c’ero in tutte e quattro le giornate.”
Credo che la situazione non muterà facilmente fin a quando non ci sarà una così ampia confusione tra le Quattro Giornate del settembre del 1943 e le quattro giornate dello scudetto.

*già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno

 

 

In copertina Ferdinando IV, detto Re Nasone 

Giuseppe Moesch Giuseppe Moesch

Giuseppe Moesch

Napoletano, già professore ordinario di Economia Applicata, prestato alla politica ed alle istituzioni nazionali ed internazionali, per le quali ha svolto incarichi e missioni viaggiando in quasi cinquanta Paesi attraversando l’umanità che li popola. Oggi propone le sue riflessioni scrivendo quando non riesce a capire quelle degli altri.

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