Rome, Palazzo Montecitorio

Decreto Sicurezza 2025: luci ed ombre

di Michele Bartolo-

In data 11.04.2025 e già in vigore è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il nuovo Decreto Sicurezza ( D.L. N. 48 DEL 2025), un provvedimento ampio che interviene su vari fronti: contrasto al terrorismo, tutela delle forze dell’ordine, sicurezza urbana, lotta alla criminalità organizzata e gestione dell’ordine pubblico.

In questi giorni, il decreto sta per essere convertito in legge ed è di ieri la notizia che il Governo ha posto la questione di fiducia sul provvedimento, di fatto impedendo che il Parlamento possa apportare modifiche o aggiunte sostanziali all’impianto normativo del testo. Nel contempo, vi sono state proteste e manifestazioni nei pressi di Montecitorio e nel corso delle votazioni della conversione in legge del decreto. Ma, nello specifico, cosa prevede questo decreto e quali sono le motivazioni della protesta?

Vediamone i principali contenuti. Il decreto introduce nuove fattispecie di reato, come la detenzione di materiale con finalità di terrorismo, punita con la reclusione da 2 a 6 anni, e la diffusione online di istruzioni per compiere atti violenti o sabotaggi.  Ancora, cambia la disciplina della documentazione antimafia: il prefetto potrà, in casi eccezionali, escludere temporaneamente alcune decadenze per evitare che un imprenditore individuale perda ogni mezzo di sostentamento.

Ulteriore novità è rappresentata dall’art. 33 del Decreto Sicurezza 2025, che prevede che gli operatori economici vittime del reato di usura, beneficiari dei mutui erogati ai sensi dell’art. 14 della legge 108/1996, siano affiancati da un esperto incaricato di assisterli nel percorso di rilancio economico e reinserimento nel circuito legale.

Modifica rilevante è la creazione di una nuova fattispecie di reato: l’occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui (art. 634-bis c.p.), punita fino a sette anni di reclusione. Prevista, inoltre, la possibilità per la polizia giudiziaria di disporre il rilascio immediato dell’immobile occupato, anche senza mandato del giudice, in caso di occupazioni illegittime.

Ancora, viene rafforzata la tutela penale per le forze di polizia: aumentano le pene per lesioni, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, con aggravanti specifiche. Gli operatori potranno essere dotati di bodycam, con un investimento statale da oltre 20 milioni nel triennio. Introdotto anche un sostegno economico per le spese legali fino a 10.000 euro per agenti coinvolti in procedimenti giudiziari relativi al servizio. Per quanto riguarda la tematica delle rivolte negli istituti penitenziari e nei centri per i migranti, viene introdotto il nuovo reato di “rivolta” in carcere (art. 415-bis c.p.) e nei centri di trattenimento per migranti (art. 14, co. 7.1 del T.U. immigrazione). Nello specifico, viene prevista la reclusione da 1 a 5 anni (rivolte in carcere) o 1 a 4 anni (rivolte nei Cpr) per chi partecipa con violenza, minaccia o resistenza all’autorità. Addirittura, la pena arriva sino a 18 anni di reclusione se la rivolta provoca morte o lesioni gravi.  È punita anche la resistenza passiva se impedisce l’azione degli agenti. L’art. 14 del decreto trasforma in reato (prima era solo un illecito amministrativo) l’impedimento alla libera circolazione su strada o ferrovia: reclusione fino a 1 mese o multa fino a 300 euro; se il blocco è organizzato da più persone riunite, la pena aumenta con la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

Si inaspriscono le pene per chi impiega minori nell’accattonaggio (fino a 5 anni di reclusione) e per le truffe commesse in aree pubbliche o su mezzi di trasporto.La truffa con l’aggravante dell’abuso di minorata difesa sarà ora punibile con arresto in flagranza.

Novità anche sul fronte della cannabis. L’art. 18 modifica ed integra gli articoli 1 e 2 della legge n. 242 del 2016, in tema di promozione della coltivazione della filiera agroalimentare della canapa, in particolare si chiarisce che la promozione della coltivazione della canapa è ammessa soltanto a livello di filiera industriale e per le finalità espressamente previste dalla legge, senza possibilità di interpretazioni estensive. Viene, altresì, introdotto il nuovo comma 3-bis per chiarire che, fermo restando la disciplina in materia di stupefacenti, e salvo l’ipotesi di produzione agricola di semi destinati agli usi consentiti dalla legge entro i limiti di contaminazione stabiliti dal Decreto del Ministro della salute, la legge n. 242/2016 non si applica all’importazione, alla lavorazione, alla detenzione, alla cessione, alla distribuzione, al commercio, al trasporto, all’invio, alla spedizione, alla consegna, alla vendita al pubblico e al consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, o contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati.

Modificata la disciplina sulle detenzioni di madri con figli piccoli: la custodia in carcere sarà ammessa solo in istituti con misure attenuate. Previsti anche incentivi all’apprendistato per i detenuti e semplificazioni per l’accesso al lavoro esterno. Questi in linea di principio i contenuti più rilevanti, alcuni dei quali condivisibili. Ma quali sono le motivazioni delle critiche al provvedimento e le ragioni della protesta della piazza? In primo luogo, il passaggio dal Disegno di Legge (DDL) al decreto d’urgenza ha destato polemiche per il metodo legislativo adottato, considerato da molti un “bypass” parlamentare e un abuso della decretazione d’urgenza, minando l’equilibrio tra poteri dello Stato. La mancanza di reale “necessità e urgenza” costituzionale e la genericità delle motivazioni del decreto sono state duramente criticate da associazioni giuridiche, sindacati, organizzazioni per i diritti umani e partiti politici.

Rispetto ai diritti civili ed alle libertà fondamentali, le nuove disposizioni hanno suscitato preoccupazioni riguardo: 1) le limitazioni alla libertà di protesta e dissenso, ovvero la criminalizzazione dei blocchi stradali e della resistenza passiva, con impatto negativo su manifestazioni pacifiche e movimenti sociali; 2) le restrizioni alla libertà personale ed al giusto processo, accusate di contenere norme vaghe e potenzialmente arbitrarie, come quelle relative al terrorismo e alla detenzione delle madri; 3)l’introduzione di oltre venti nuovi reati, vista da molti come un approccio eccessivamente punitivo e repressivo; 4) l’impatto economico negativo in ordine alle norme sulla filiera della cannabis light legale con perdita posti di lavoro. Inoltre, il decreto viene attaccato perché introduce disposizioni restrittive specifiche per migranti e cittadini naturalizzati, aumentando marginalizzazione e discriminazione. Infine, le norme sui CPR, la revoca della cittadinanza e la gestione delle SIM card per migranti sono viste come misure punitive, non basate su un’efficace politica di integrazione. Probabilmente la scelta di un iter parlamentare diverso avrebbe contribuito a dissipare queste preoccupazioni ed a rendere più accettabile ed equilibrato l’intervento normativo.

 

 

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Michele Bartolo

Avvocato civilista dall'anno 2000, con patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori dal 2013, ha svolto anche incarichi di curatore fallimentare, custode giudiziario, difensore di curatele e di società a partecipazione pubblica. Interessato al cinema, al teatro ed alla politica, è appassionato di viaggi e fotografia. Ama guardare il mondo con la lente dell'ironia perché, come diceva Chaplin, la vita è una commedia per quelli che pensano.

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