Morto un Papa…brevi riflessioni sul tema
di Michele Bartolo-
Per chi, come me, ha vissuto buona parte della sua vita durante il pontificato di Giovanni Paolo II, quel Papa sembrava essere eterno, sicuramente grande, imponente, ineguagliabile nel suo carisma e nella potenza del suo messaggio cristiano. Era un Papa moderno, coinvolgente, trascinante, ecumenico, il primo Papa non italiano dopo secoli. Ma, soprattutto, più di ogni altra cosa, Karol Woityla non era più il Pontefice chiuso tra le mura vaticane, ma il Papa missionario, il trascinatore di folle.
Quando morì, il 02 aprile del 2005, sembrava crollare con lui tutta l’istituzione ecclesiastica, dal momento che l’aveva rappresentata con così tanta autorità e seguito mondiale. Insomma, effettivamente sembrava aver lasciato un vuoto incolmabile ed una eredità impossibile da perpetuare. Da un certo punto di vista, queste considerazioni sono apparse vere, quando tutti i grandi della Terra e centinaia di migliaia di pellegrini resero omaggio alla sua salma a parteciparono alle sue esequie, tanto da condurlo in poco tempo agli altari della Santità. Chi di noi non ricorda quel “Santo subito” che più che una invocazione era quasi un ordine rivolto alle gerarchie ecclesiastiche di considerare quell’uomo inarrivabile, diverso da un qualsiasi altro comune mortale, anche appartenente ai ministri del culto. Nessun altro Papa, deceduto prima di lui, aveva ottenuto un tale consenso e un tale clamore attorno a sé.
Eppure, il famoso detto morto un Papa, se ne fa un altro, ha dimostrato che, nonostante l’enorme vuoto lasciato da quel Pontefice, la grandezza di quello che Egli rappresentava non era solo la sua persona né poteva finire o limitarsi con la sua scomparsa. Dopo di lui, infatti, salì al soglio di Pietro Papa Benedetto XVI, al secolo il cardinale Joseph Ratzinger, il teologo che aveva custodito la dottrina della Fede durante il pontificato del Papa polacco e che era stato il motore delle sue encicliche. La dottrina, quindi, trovava la sua espressione teologica perfetta e non poteva essere individuato miglior continuatore ed erede di Woityla che nel suo braccio destro, il cardinale Ratzinger appunto.
L’autorità morale e la forza del Suo insegnamento si sono rivelati talmente potenti che anche per questo Papa c’è stata una prima volta, ovvero la scelta dirompente di ritenere non adeguate le proprie forze fisiche alla prosecuzione del ministero petrino, con conseguente rinuncia al soglio pontificio dopo otto anni di pontificato. A seguire, l’ascesa inaspettata quale Sommo Pontefice e vescovo di Roma del cardinale argentino Jorge Bergoglio che, dopo un inedito periodo di convivenza tra i due Papi, quello regnante e quello emerito, ha comunque portato la propria personalità e il proprio speciale carisma nel sostituire ad una Chiesa tradizionalista e fedele alla liturgia una Chiesa sociale, attenta alle diseguaglianze ed agli ultimi, meno fedele alla forma ed alla referenzialità, ma ecumenica nel suo voler raggiungere ogni angolo del globo.
La interpretazione del ruolo del Pontefice secondo Bergoglio si rendeva già evidente dalla scelta del nome, Francesco, il Santo amante dei poveri e della natura, dalla nomina di cardinali provenienti da tutte le parti del Mondo, soprattutto dalle periferie dell’umanità e dallo stile che non si atteneva al protocollo ma sorprendeva sempre per le uscite improvvise, così distanti dall’idea di sacralità del ruolo interpretato nel passato dai suoi predecessori. Basti pensare all’acquisto degli occhiali dall’ottico, come un qualsiasi cittadino, oppure alla scelta di usare una utilitaria come macchina per gli spostamenti. Sino ad arrivare alla decisione di essere seppellito alla Basilica di Santa Maria Maggiore e non nelle Grotte Vaticane.
Insomma, come diceva Benedetto Croce, nel saggio “Perché non possiamo non dirci cristiani”, «Gli uomini, gli eroi, i geni» che vissero prima dell’avvento del Cristianesimo «compirono azioni stupende, opere bellissime, e ci trasmisero un ricchissimo tesoro di forme, di pensiero, di esperienze» ma in tutti essi mancava quel valore che oggi è presente in tutti noi e che solo il Cristianesimo ha dato all’uomo. La conclusione, allora, è che il Papa da solo non esiste, ha dietro di sé secoli di una tradizione millenaria che ha rappresentato la vera grande rivoluzione dell’umanità. Con questo spirito, i cardinali si apprestano da mercoledi 07 maggio a dare il via al nuovo Conclave che dovrà eleggere il 267esimo Capo della Chiesa Cattolica. Sul punto, basti richiamare quanto dichiarato dal cardinale Marcello Semeraro: “(..) il Pontefice non è un uomo solo al comando, in Conclave cerchiamo un direttore d’orchestra, non un solista(..)”. E così sia.
