Rose e Sante, mistica bellezza

-di Clotilde Baccari.

Il tema della santità ci porta atavicamente a qualcosa di celestiale e di etereo; qualcosa che poco o nulla ha in comune con ciò che è terrestre;tale interpretazione è favorita anche dalla stessa iconografia dei santi che ci induce a vedere il cammino della santità “come una sorta di spiritualismo lontano dal concreto storico”.

Quando si pensa alla santità si fa immediatamente riferimento alla necessità di adempiere a precetti, a regole, a canoni ben precisi e si trascura quella” pienezza di una vita cristiana autentica”, che San Giovanni Paolo II chiamava santità, intesa comeuna misura alta” per il credente che aspirasse  a conformare la propria vita secondo il Vangelo, aprendosi all’incontro vitale con la parola, il pane, il popolo e i poveri

Papa Francesco con la esortazione apostolica “Gaudete et exsultate”, ha favorito attente riflessioni sul concetto odierno di santità. Ha fortemente ribadito quanto e come essa debba essere cercata nella vita quotidiana, non ispirata a modelli ideali, astratti, sovraumani e non raccontata come perfezione raggiunta. Ci ha ricordato che ciascuno ha una propria strada per la santità, “una strada tracciata dal Signore che può essere percorsa anche in mezzo a imperfezioni e cadute.”

Il “Gaudete et exsultate” è un invito a ritrovare la gioia, allontanando l’accidia e la tristezza mondana, attraverso una vita che non appaia e non si imponga, una vita semplice da cui derivi una santità reale, vissuta in modo ordinario, nella fatica, nella sofferenza ma anche nella perseveranza e nell’umiltà come fu la vita di  Santa Teresa di Lisieux, nota per la sua teologia della “piccola via”, attraverso la quale  praticava la santità nei piccoli gesti quotidiani, senza  alcun atto di eroismo, nessuna azione plateale.

Il pensiero di Santa Teresa ha in sé una grande forza rivoluzionaria, in quel superare la piccolezza tutta umana nella pienezza dell’amore divino: ogni limite, ogni debolezza diventano opportunità per un completo abbandono in Dio. La Santa, forse per l’aneddoto che narra di una promessa da lei fatta ai suoi devoti – vedrete al momento della mia morte che cascata di rose farò piovere sulla terra!-, nelle immagini che la ritraggono viene sempre accompagnata dalle rose che nella consueta associazioni di “amore”, “gioia” e “bellezza”, riescono a rappresentare tutti gli aspetti appassionati e gioiosi della personificazione religiosa.

Il mondo del vivaismo ha dedicato alla Santa una rosa, che ha in sé le caratteristiche delle rose che compaiono nella sua iconografia.

La rosa “Thérèse de Lisieux” è un fiore di colore tèa, è una  rifiorente ed è il risultato di una ibridazione  che  si caratterizza per i suoi grandi fiori doppi. Ha in sé straordinaria perfezione del portamento, purezza cromatica, unicità estetica, caratteristiche che ricordano la leggerezza mistica, la soave beatitudine e la purezza spirituale di Santa Teresa.

L’ibridatore della rosa che la creò nel 1992 in Francia, fu Joseph Orard, discendente del più antico Pierre Joseph, che nel 1930, da giovanissimo, fondò il vivaio a Feyzin, presso Lione, per realizzare il sogno della sua vita: creare rose.

Le rose degli Orard, in particolare gli ibridi di Tèa, sono caratterizzate da un profumo intenso, proprietà cui questi ottenitori non hanno mai voluto  assolutamente rinunciare, certi del fatto che noi tutti, avvicinandoci a una rosa, pensiamo subito di gustarne la fragranza con la stessa rasserenante emozione che si prova nell’essere investiti dagli effluvi della mistica santità dei beati e nel constatarne i miracolosi effetti, quando, per caso o per fortuna, ci si trovi a percepire il caldo profumo di incenso e la fragranza di fiori, tanto in una chiesa raccolta di campagna quanto in una imponente basilica.

Una interessante rappresentazione iconografica di Santa Teresa è quella realizzata da padre Marie-Bernard che trova il suo modello nel disegno eseguito nel 1911 da Celina, sorella di Teresina, divenuta suor Genoveffa del Volto Santo. Nel disegno di Celina, Teresa sopra la croce, che ha tra le braccia, trattiene una rosa che, appoggiata sul legno di Cristo, va perdendo petali che svolazzanti nell’aria, delicatamente si adagiano a terra.

Questo dipinto è espressione della scelta mistica e della teologia della Santa, che ella stessa esplica nel tema della “rosa sfogliata”, la cui resa in versi è quanto mai suggestiva: “Il mio desiderio, o Signore” dice Teresa “è di sfogliarmi! La rosa sfogliata si getta senza cura in braccio al vento, si dà semplicemente per più non essere. Gesù, per amor tuo, ho prodigato la vita e il mio avvenire.”

Teresa non vuole essere una rosa fresca che sta solennemente a decoro dell’altare nella bellezza e nella fragranza che essa stessa emana. Vorrebbe, invece, essere una “rosa sfogliata”, che si privi piacevolmente di ogni petalo, ormai consumata, che non si opponga al lieve soffio del vento ma che ad esso si abbandoni, che “si dia  semplicemente per più non essere”. Metaforicamente il donarsi della rosa è una esistenza, che si consacra totalmente a un Altro, giungendo fino alla morte di se stessa in nome dell’amore …l’amore per Cristo.

Santa Elisabetta di Ungheria

La rosa, dunque, nella sua storia, vanta una significativa condivisione, anche, con quel “genio femminile” che, pur in epoche nelle quali le donne furono maggiormente escluse, ha messo in moto dinamismi spirituali e importanti innovazioni in seno alla Chiesa.

Molte Sante, infatti, nella propria rappresentazione iconografica appaiono contornate di rose, così Santa Elisabetta di Ungheria, Santa Rosalia, Santa Rosa da Viterbo, Santa Barbara, Santa Rosa da Lima ma, forse, nessuna come Santa Rita da Cascia, che trova nella “rosa” l’elemento determinante della sua connotazione a tal punto da essere venerata come “la Santa delle rose”.

 

 

Così ricorrente è “la regina dei fiori” nella vita e nei miracoli di Santa Rita da Cascia, da essere rappresentata sempre con cascate di rose: “Era un inverno rigidissimo; il gelo e la neve erano terribili. Rita era molto ammalata e stava, ormai,  per lasciare la sua vita terrena. Avendo ricevuto la visita di una sua parente, la pregò di andare al suo antico orto e di portarle ciò che avesse trovato di maturo e di fiorito. Non le si credette e si pensò che stesse vaneggiando ma, sulla via del ritorno, la donna scorse nella neve due fichi e una rosa dal dolce profumo. Era un regalo divino a Rita per il suo percorso di Santità “realizzato tanto nella vita matrimoniale che in quella consacrata”.

Alla nascita della Santa è legato anche il simbolo delle api che, uscite copiose dalla bocca della neonata, vi depositavano del miele, invece di pungerla. Un evento simbolico inteso come una lettura della sua santità, vissuta in concreto, e paradigmatico di tutta la sua esistenza condotta secondo principi di laboriosità, di operosità, di obbedienza fedele e di lavoro collettivo volto a una totale abnegazione verso Cristo e il prossimo, proprio secondo il concetto di santità che va dettando, oggi, Papa Francesco.

Come le rose, anche le api, insetti sociali, utili e operosi che legano il loro lavoro al mantenimento in vita dell’intero alveare, entrano così, a pieno titolo, nella simbologia legata a Santa Rita che, come le api nel produrre il miele, fu infaticabile nel suo cristianesimo democratico e quotidiano, vivendo secondo il comandamento dell’amore verso il prossimo, donando tutto di sé. Un saio, il rosario, un crocifisso tra le braccia e nel cuore, una spina sulla fronte, il rosso del sangue sulla bianca benda sotto il copricapo, il contrasto di colori a significare la passione divina vissuta con purezza d’animo, con dedizione totale a Cristo e poi un mare di rose: damascene, centifolie, rose cinesi, bianche, gialle, rosa, rosse.

Copiosi i boccioli e le ricche corolle bianche di rosa Alba sul nero saio dell’agostiniana, tante rose espressione del puro amore e della intangibile perfezione della Vergine. I petali bianchi, leggermente sfumati di rosa sono memoria di una vibrante promessa divina Il loro profumo è soave e sembra sinesteticamente farci quasi percepire la fragranza della santità, la castità di antiche chiese, la freschezza spirituale di virginei e remoti monasteri.

Le  rose arancio, invece, nel loro fiore molto resistente, alludono alla particolare disposizione di Santa Rita ad accogliere tutti i colpi inferti dalla vita con cristiana accettazione e come promessa di una vita migliore… Un ibrido che oggi ricorda le rose antiche di color arancio è la Amber Qeen, ibridata  nello Yorkshire  dall’inglese Jack  Harkness nel secolo scorso;molto profumata, ben adagiata nelle  suetonalitàdall’arancio,al giallo fino al rame, lievemente adagiate su uno scuro fogliame .

Le bellissime rose ritiane di color rosa, invece, ci fanno pensare oggi alla Rosa Cornelia, creata dal Reverendo Pemberton, nel1925. Essa ricorda Cornelia, la madre dei Gracchi ,passata alla storia, oltre che per le sue doti personali, per aver definito i figli, Tiberio e Caio Gracco, “i miei gioielli”.  La rosa, che ne porta il nome, è un vigoroso arbusto che produce lunghi rami quasi orizzontali, assumendo un aspetto a cascata; fiorisce a ripetizione ed i fiori a grappoli, arancio all’inizio e poi rosa, durano molto a lungo, non si sciupano con la pioggia e, resistendo alle intemperie, proprio come Santa Teresa alle prove della vita vita, conservano il loro deciso profumo muschiato.

E poi,  le rose rosse che sembrerebbero essere le antiche rose cinesi, arrivate in Europa già in età romana o al tempo delle Repubbliche Marinare, grazie ai frequenti scambi commerciali. Tra gli ibridi di rose Chinensis quello che più si avvicina alle rose rosse ritiane è la Rosa Chinensis Saguinea, ibridata nell’800, dal fiore semplice un po’ scomposto, di un bel rosso tiziano. Come tutte le vecchie rose cinesi, la Sanguinea, al primo zefiro di primavera, parte con la produzione di centinaia di boccioli. Fiori grandi in primavera, più piccoli durante le estati calde : il suo portamento cespuglioso, nella diversa dimensione dei fiori, ci fa pensare alle tante forme di santità ricordate da Papa Bergoglio, ciascuna diversa dall’altra e preziosa per se stessa ma tutte alimentate dalle stesse caratteristiche: forza, sopportazione, generosità, umiltà, gioia.

Ebbene, ancora una volta, la rosa ci ha sorpreso …! Questa volta sulla via della santità, quando la sua bellezza, partendo dagli occhi, è giunta lentamente, con mistica gioia, fino al cuore.

 

 

 

 

 

 

 

Clotilde Baccari

Ultimi articoli di Clotilde Baccari