Quarto incontro con gli autori de “La primavera fuori. 31 scritti al tempo del Coronavirus”
Clotilde Baccari commenta i 31 scritti de “La primavera fuori”-


Una narrazione felicemente capovolta, questa che leggiamo in cui Irene La Mendola è più veloce del virus e lo batte sul tempo spostandosi cronologicamente in avanti rispetto a quell’ormai lontano 11 marzo del 2020. Strade affollate, negozi frequentati, traffico congestionato: la protagonista, sta percorrendo la strada per ritornare a casa dal luogo di lavoro, il tribunale della sua città. Intanto le tornano alla memoria i mesi sofferti e dolorosi del Coronavirus vissuti già molti anni prima, ricorda di aver fatto lo stesso percorso anche quel giorno di alcuni anni addietro in cui, recatasi dal giudice per una causa da dibattere le fu intimato di presentare le sue difese per iscritto: le strade vuote, un silenzio tombale, il parcheggio deserto, i negozi chiusi. Sembra un sogno, un film, ma la morte ha segnato il passo di quei giorni tristemente esistiti e dolorosamente ricordati per aver tolto a ciascuno qualcuno o qualcosa.
Il poeta, Alfonso Gargano, nei suoi versi esprime la lacerazione esistenziale di una morte senza conforto e la consapevolezza del dono che l’uomo sa fare di sé in situazioni particolari. I primi versi ritraggono i volti stanchi ,le mani sicure e il coraggio del personale sanitario nel curare gli ammalati di Covid. Nei versi che seguono, con amorevole trasporto l’autore entra nella solitudine degli ammalati, li descrive con gli occhi che cercano certezza, desiderosi di una parola, di una carezza da parte di un proprio caro.E’ allora che gli angeli del capezzale diventano figli, mogli, mariti pronti ad un dono d’amore a quanti soli e impauriti a loro affidano le ultime parole madide di nostalgia e le confessioni che già in quel loro tragico destino hanno trovato perdono… Angeli con abiti strani, senza ali, al fianco di moribondi sconosciuti ma degni di devozione, di quella pietas che ha origine da una lezione di dignità e di rispetto molto antica. Poesia essenziale nel lessico fatto di parole compiute e nette che stagliano nell’animo del lettore un dolore senza consolazione, o forse no,c’è un conforto in tanta sofferenza, la bontà dell’uomo.
Il silenzio costante, descritto da Giuseppe Pisacane, non lascia distinguere la notte dal giorno: gli sguardi dai balconi, i tricolori che sventolano poi i cori degli italiani. Questa notte finirà… Sorgerà un nuovo giorno in cui tutto questo sarà solo un racconto per i nostri nipoti.
Chiede aiuto per salvarsi, a chi? A cosa? Alla fantasia, viaggiando pur restando lì nella casa. Valeria Saggese sottolinea quanto sia grande di fronte alla morte di tante persone e di amici La radio… è un modo ulteriore per andare lontano e poi… Le voci lontane che apprezzano i tuoi programmi… La forza della vita vince e la creatività aiuta la spirito di sopravvivenza anti diventa gratificante portandoci fuori dallo sconforto.
Gli antichi detti trovano sempre riscontro nella esperienza esistenziale, “anno bisesto …anno funesto”, ricorda Nicola Carrano nel suo racconto. Riscoprire se stessi e la propria forza, la paura del contagio, la necessità di uscire per le prime necessità, per la spesa… Incredibile. Mancano le solite abitudini, la speranza che quello che stiamo vivendo possa finire, che qualcosa possa cambiare, possa cambiare per noi,che si tornerà alla normalità ma non sappiamo più cosa significhi normalità.
Le stranezze sono tante in quest’anno. Le avverte anche la cagnetta protagonista del racconto di Umberto Mancini, stupita per la continua presenza dei suoi padroni sempre in casa, non tollera il loro alzarsi tardi, le loro questioni, il televisore sempre acceso, il loro indossare sempre la mascherina e la strana tosse ad uno di loro, l’arrivo di strani uomini con strane tute. Purtroppo la cagnetta vive questa atroce realtà, vorrebbe aiutare i suoi padroni ma non ha il dono della parola perché se così fosse stato li avrebbe rassicurati dicendo ” tutto andrà bene “
Non riconoscersi, la difficoltà di rapportarsi agli altri, la loro insopportabile insofferenza, un venticello leggero e silenzioso, la Salbora, arriva silenzioso e repentino così come è arrivato il coronavirus. Luoghi obbligati quelli del racconto di Lina Esposito, i soliti necessari negozi e poi disinfettare gli acquisti, realizzare la svestizione una volta a casa. La ripetitività delle azioni… Una serie di comportamenti nuovi ma obbligati che ci hanno cambiato. Eppure la natura non è stata sconvolta da questa tragedia…,nulla è cambiato in essa . La primavera bussa alle porte…
Lotta per la sopravvivenza: granchio blu ,lo scorpione rosso, e il roditore bianco ,la necessità dell’altruismo, quella di mettere da parte la rabbia. Marco Nitto parte delle tante piccole realtà per trarre importanti insegnamenti che fanno grande il nostro mondo
Epidemia di peste a Napoli 1653, protagonista del racconto di Tina Cacciaglia, Nitta, una giovane lazzara napoletana. Descrizione fisica degna della narrativa classica che riporta alle al ritmo di Scott e di Manzoni. I concetti fondamentali del racconto sono la capacità umana di rimozione, la centralità della parola affidata dalla autrice alla narrazione, la forza della scrittura, la forza della sopravvivenza a tragedie ponderose come una devastante epidemia e l’amara constatazione che, nel dolore, l’uomo di oggi pensa alla sua disgrazia in modo non diverso da chi l’ha vissuta prima di lui. L’ autrice attraverso il personaggio di Nitta ricorda che quello che si è vissuto un tempo non è narrazione ma è vita vissuta. Il limite dell’uomo consiste nella ineluttabilità dell’errore. Nonostante tutti i buoni propositi, dopo le più grandi tragedie, si torna quelli di sempre e si continua a concentrare l’attenzione sull’oggi e solo su se stessi, trascurando la continuità dell’ essere.
La propria casa, la terrazza con la bellezza del golfo di Napoli, la possibilità di prestare attenzione ai particolari, ora che di tempo ne abbiamo tempo; tutto questo nel racconto di Nicola Olivieri. Un giardino in tutta la sua bellezza: la bellezza del vento sulle piante, i profumi, i sensi si acuiscono, il miagolio dei gatti. Il pensiero vola ad una vicina impedita per l’età alla quale il protagonista non aveva mai pensato. Solo in questo momento l’autore pensa alla difficoltà della donna per procurarsi quanto serve in questo momento di pandemia. Il miracolo della pandemia: risvegliare l’attenzione verso i più fragili, l’altruismo e la comprensione. Il ritmo e la narrazione del racconto conducono il lettore a gradevoli scoperte e ad insolite riflessioni.