Il tango, la danza e lo spettacolo nella fotografia di Lucia Baldini. L’intervista

Anche questa settimana vi propongo un’intervista con una grande fotografa che da anni ci emoziona con i suoi scatti di danza, di teatro e di spettacolo. Dopo Luciano Viti e Gaetano Massa questa volta la protagonista è Lucia Baldini.

Fotografa toscana, da molto tempo racconta il mondo dello spettacolo ed in particolare il mondo della danza. Alcune tra le foto più belle di Carla Fracci sono state realizzate da lei.

È una fotografa elegante e raffinata e i suoi sono scatti, eleganti come lei, essenziali e mai eccessivi, sono caratterizzati da una cifra stilistica tale da rendere il suo lavoro unico e assolutamente riconoscibile.

Ho il piacere di conoscere Lucia da molto tempo e le ho chiesto di raccontarci un po’ di lei e della sua fotografia.

Tangomalia – foto Lucia Baldini

Fotografia e spettacolo si fondono nel tuo percorso. Come nasce questo matrimonio?

È  stato amore a prima vista e il matrimonio non si è fatto attendere. Faccio fotografia nell’ambito dello spettacolo praticamente da quando avevo vent’anni. Prima è stata la musica: tanta soprattutto quella legata al mondo underground ed emergente italiano e estero, poi è arrivata la danza, il teatro e anche il cinema. Entrare in contatto con altri artisti, creativi, con persone che raccontano mondi, storie, visioni è un privilegio, ma anche una dimensione ogni volta diversa che pretende dedizione, cultura, coinvolgimento, generosità, ascolto e una grande capacità di sintesi. Il mio modo di partecipare attivamente all’arte degli altri si nutre di tutto questo.

Scarpe senza donne – foto Lucia Baldini

Quando ti viene commissionato un lavoro ti vengono fatte richieste particolari o puoi esprimerti liberamente?

Sono abbastanza libera di vivere e condividere i lavori che vengono messi in scena. Oramai, per il mio sguardo e la mia esperienza, ho generalmente carta bianca sulla modalità con cui interpreto e racconto il lavoro artistico che mi trovo a raccontare. Collaboro con compagnie di teatro e di danza e anche con festival che vogliono la continuità del mio lavoro, del mio stile di raccontare.

Al teatro e alla danza nel tempo hai affiancato lavori che in qualche modo ti hanno permesso di sperimentare nuovi percorsi, penso al Tango o alle tue ultime auto-produzioni editoriali. È un modo per allargare il tuo percorso, semplice curiosità o altro?

Fin dall’inizio del mio percorso fotografico ho costruito dei progetti: piccoli e grandi che mi hanno portato alla realizzazione di mostre fotografiche, pubblicazioni, installazioni, collaborazioni nell’ambito teatrale come aiuto regista, azioni performative. Ho bisogno di sperimentare, di mischiare linguaggi, nutrendo così il mio cammino con approcci diversi al mondo del visivo e alla narrazione.

Carla Fracci – Isadora Duncan – foto Lucia Baldini

Devo per forza chiederti qualcosa su Carla Fracci e la vostra collaborazione. Raccontaci come nasce e come si è evoluto questo rapporto.

Il rapporto con Carla Fracci è nato casualmente nel 1996: sono stata proposta alla Fracci da un giornalista che aveva visto il mio lavoro sulla danza contemporanea e sul tango e ha voluto mettermi alla prova anche nell’ambito del balletto creando un’occasione d’incontro con la Fracci. Da quel primo incontro a Verona, in cui fotografai uno spettacolo dedicato a Nijinsky, ho iniziato a collaborare con la Fracci e il nostro viaggio insieme è durato 12 anni, in giro per teatri italiani e stranieri. Da questo rapporto di lavoro e anche di amicizia, è nata una mostra importante che ha girato in Italia e all’estero e un libro, che è per me uno dei passaggi importanti del mio percorso di fotografa. In occasione degli 80 anni della Fracci la mostra ha ricominciato ad essere accolta in luoghi prestigiosi ed è anche l’occasione per avere la Fracci a condividere la presentazione del nostro percorso professionale condiviso.

Mazzacurati – foto Lucia Baldini

Come è arrivato il cinema ed il lavoro con Carlo Mazzacurati e cosa ti è rimasto di questa esperienza?

Anche per quanto riguarda l’incontro con Carlo Mazzacurati è nato grazie a miei lavori precedenti. Sono stata presentata da un attore con cui collaboro da molti anni, Roberto Abbiati. È stata un’esperienza molto importante e di grande spessore umano. Carlo era un uomo speciale e condividere con lui la costruzione dei film “la Giusta Distanza” e “la Passione” mi ha aperto al mondo del cinema, mi ha fatto conoscere una modalità di raccontare storie molto diversa rispetto il teatro e la danza. Del nostro incontro mi sono rimaste bellissime emozioni, ricordi potenti e poetici.

Per un fotografo i social network sono croce o delizia?

I social network sono una croce e una delizia per tutti, non solo per i fotografi. Li usiamo oramai sempre più insistentemente per informare, per informarci, come vetrina, per creare reti di conoscenze e relazioni. Allo stesso tempo assorbono molto tempo, tante idee e a volte assopiscono l’importanza di curare e mantenere le relazioni reali fuori dal monitor.

Che attrezzatura usi?

Uso varie attrezzature in base al lavoro o al progetto che sto costruendo: per il digitale ho 2 Canon 5D mark II e lavoro con ottiche fisse varie, coprendo lo spettro angolare che va dal 28 al 200. Per l’analogico ho una Canon eos 1. Ho 2 macchine a foro stenopeico: una che lavora con pellicole 120 e l’altra con dorso polaroid. Con queste due macchine ho costruito vari progetti sia espositivi che performativi. Mi piace lavorare anche con lo smartphone e anche in questo caso, oltre che a usarlo per raccogliere appunti visivi quotidiani, l’ho usato per costruire tre pubblicazioni. Mi piace molto anche l’uso della nuova Polaroid Impossible, mi accanisco nel cercare di ottenere risultati poetici, che ancora con l’Impossible non è così possible, e a quando ci riesco è magico.

Quando chiedo a fotografi che come te hanno un lungo percorso professionale alle spalle se preferiscono l’analogico o il digitale, le risposte sono sempre del tipo “la pellicola era meglio” o “la vera fotografia è con la pellicola ed in camera oscura”. Ma davvero il digitale ha così tanti limiti per un fotografo o è solo un retaggio difficile da sradicare?

Orami mi sembrano discorsi anacronistici. La bellezza dell’arrivo del digitale è che ha dato la possibilità di interagire con un’ulteriore forma d’espressione. Non c’è la foto meglio o peggio, ci sono foto che si raccontano con un mezzo e altre con altri. Ognuno deve trovare la propria strada, la propria forma d’espressione che comunque può modificarsi per ogni progetto, senza che questo aggiunga, squalifichi o limiti.

Editoria: l’auto-produzione cosa ha aggiunto alla tua carriera qualcosa? Te lo chiedo perché oggi per l’utente districarsi in quel settore è molto complicato. Sono curioso di capire cosa riesce a darti questo aspetto della tua professione.

L’autoproduzione è per me una tappa recente e soprattutto è un momento in cui posso essere più leggera, in cui l’elemento ludico si unisce perfettamente alle possibilità di raccontare storie. Ho pubblicato vari libri per editori diversi e tutti i libri sono stati finanziati dagli editori. Tengo a dire questa cosa per chiarire il fatto che non mi sono mai pagata i libri che ho pubblicato. Per cui adesso, con la mia casa editrice domestica “in Alto edizioni” mi permetto di investire su dei miei piccoli progetti che vogliono essere per poche persone, libri selettivi per il pubblico che li possiederà, è questo il motivo per cui la tiratura è sempre molto bassa e i libri sono tutti numerati e firmati. Voglio che raggiungano un pubblico reale, che posso conoscere direttamente. Questo è un privilegio ed è anche molto divertente. Ho in uscita, per la mia casa editrice, due nuovi libri che saranno pronti tra un paio di mesi.

Fine-Art: Che opinione hai di questa tecnica di stampa e che risposta stai avendo dal mercato? Funziona? In Italia c’è un collezionismo fotografico o c’è ancora da fare?

Devo dire che ho iniziato ad avere collezionisti delle mie foto molto presto. Ho sempre pensato di stampare piccole tirature per i soggetti che proponevo come fine-art. Non ho per adesso gallerie che mi seguono, ma ho varie occasioni per proporre i miei lavori e per allargare il numero dei miei collezionisti. In Italia il percorso è ancora molto in salita, anche se si stanno aprendo varie situazioni che stanno iniziando ad investirci. La paura del “multiplo” è senz’altro un freno, ma i collezionisti più accorti la stanno superando.

Per chiudere, se ti dico Materiali Sonori, cosa mi dici?

Ti dico che per me essere stata socia di Materiali Sonori per oltre vent’anni ha senz’altro marcato il mio modo di essere fotografa in maniera trasversale. Materiali Sonori è una casa discografica indipendente che è stata all’avanguarda nel produrre e nel distribuire dischi e gruppi musicali italiani e stranieri. Incontrare tutto questo fermento musicale, l’innovazione, la ricerca, la sperimentazione, l’uso innovativo di strumenti elettronici e strumenti popolari, della fotografia e della grafica delle copertine dei dischi e delle immagini per la comunicazione, i video, mi hanno formata nell’idea dell’apertura, della contaminazione e della curiosità. E tutto questo è un bagaglio inestimabile che mi ha fatto fare un percorso come fotografa non troppo convenzionale.

Umberto Mancini

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