Ugo Marano, a 13 anni dalla sua morte, un ricordo di un artista poliedrico e di grande spessore.

Il 15 ottobre del 2011, ci lasciava un uomo di grande spessore culturale e dalle mille sfaccettature artistiche, un libero pensatore dalla personalità eccentrica: Ugo Marano. Nato a Capriglia di Pellezzano, sui colli salernitani, il 9 febbraio del 1943, ha trascorso, però, la sua esistenza in Costiera amalfitana nel piccolo borgo di Cetara.

Torre di Cetara sede del Museo Vivo

Fin da ragazzo ha mostrato un’innata propensione alle arti figurative per amore delle quali si iscrive all’Accademia del Disegno presso la Reverenda Fabbrica di San Pietro in Città del Vaticano, per poi frequentare, poco dopo, l’Accademia del Mosaico di Ravenna, istituti di grande rilievo che hanno contribuito fortemente alla sua maturità artistica portando alla luce il suo originale e complesso ego artistico. Dalla metà degli anni ’60, ancora ventenne, si avvicina all’arte della ceramica, frequentando Matteo Rispoli e la sua fabbrica Ri.Fa. della manifattura ceramica vietrese.

Dall’opuscolo presente nel Museo Vivo all’interno della Torre di Cetara

Il suo obiettivo era principalmente la modernizzazione e la rivitalizzazione della produzione ceramica locale: manipolando la terracotta riformulava l’intrinseco valore comunicativo e sociale della ceramica. Le sue opere evidenziano sempre un forte legame tra l’uomo e la natura (legame indissolubile rappresentato attraverso una sorta di percorso filosofico-artistico): essa non è mai rappresentata così come la vediamo realmente ma reinterpretata dall’artista, nella sua energia metamorfica e secondo la sua visione. Sulla base di tale visione artistica, dà vita, qualche anno dopo, al progetto “MuseoVivo” al cui interno, non solo lui ma anche artigiani e artisti potevano plasmare la materia argillosa secondo la naturale e intrinseca creatività. Uomo dall’espressione magnetica, Ugo Marano ci esprime, attraverso la sua arte, una grande saggezza d’animo.

Portatore di Idee
Da destra a sinistra Piatto sonoro, Eclisse, Uomo di Natura

Il critico d’arte e filosofo triestino Gillo Dorfles, negli ultimi anni della sua vita, lo definisce: “Artista del nuovo secolo, capace di riflessione simbolica e concettuale, ma anche di sofisticata perizia artigianale, in un nuovo trionfo della manualità”. A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 l’artista inizia a estendere la sua fama al di fuori del territorio campano, esponendo le proprie opere a Roma, Gubbio e Caserta. A metà anni ’70 le sue opere sono in mostra alla Biennale di Venezia. Intanto si dedica al restauro di alcuni mosaici storici tra i quali quelli della cripta del Duomo di Potenza, i mosaici dei Duomo di Amalfi e quelli della cattedrale di Salerno. Artista poliedrico, la sua opera spazia tra produzioni materiche e concettuali, toccando numerose forme espressive: non solo ceramica, ma anche pittura e persino design. Ricorrente nelle sue opere è l’immagine della sedia, metafora di una visione dell’arte estrosa e sofisticata che non si raggiunge mediante percorsi comodi, facili, ma attraverso strategie di pensiero sempre innovative. In perfetta antitesi con la poltrona, comoda, ergonomica e spesso ingannevole, la sedia si presenta spigolosa. Come scultore, Marano utilizza spesso materie primarie come il ferro, l’argilla, il legno. Nei primi anni ’80, dà vita a un ulteriore progetto la “Fabbrica Felice” il cui focus è la creazione dell’uomo nuovo, da lui stesso definita: “…architettura di lavoro in cui si sviluppano attività espressive sul principio della realizzazione inconscia individuale e collettiva…”. Nel 1982 espone le sue opere al Centre Pompidou di Parigi con il suo “Manifeste du livre d’artiste”, mentre nello stesso anno realizza a Salerno, nel quartiere Torrione, un’opera, per la verità poco riconosciuta e rispettata dai cittadini, il suo primo “antimonumento” dedicato ai martiri del terrorismo (durante un assalto ad un’autocolonna dell’89° Battaglione Salerno, per mano delle Brigate rosse il 26 agosto del 1982 morirono due agenti della Polizia di Stato e un Caporale dell’Esercito). Nel 1990 e ’91 si presenta alla Triennale di Milano e sempre nel 1991 crea l’Associazione di vasai “Vasai di Cetara”: il cui obiettivo finale era la creazione di un gruppo di lavoro libero da tutti i metodi accademici che spesso paralizzano questo mondo artistico. Nello stesso periodo, e negli anni successivi, dà vita a diverse   pubblicazioni in cui focalizza il suo pensiero filosofico in maniera piuttosto originale anche attraverso un susseguirsi di suoi disegni artistici accompagnati da personali riflessioni stampate in maniera estrosa e singolare (sembra quasi di leggere alcune stampe del movimento dadaista degli anni’20 dello scorso secolo). Il 1996 è per Marano un anno particolarmente importante che vede la realizzazione di 2 sue utopie (per Marano l’utopia è concepita come semplice realtà quotidiana, come forza della trasformazione); ovvero il Museo della Città Creativa a Rufoli di Ogliara (zona collinare di Salerno) e la “Fontana Felice” nel pieno centro di Salerno.

Dal libro Fontana Felice fotografia di Raffaele Venturini
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Dal libricino “Ugo Marano – Fontana Felice” si legge: “…il sentiero da intraprendere è quello fantasia progetto di filosofia urbana -ARTE DELLA POLIRICA PER UNA CITTA’ D’ARTE – città di nuove libertà, la politica nuova deve compiere un salto morale, deve osare, alcuni esempi? In città esiste un altro cimitero composto da una famiglia anomala di monumenti celebrativi della morte potrebbero essere ricollocati nella strada d’ingresso al cimitero come introduzione alla riflessione della memoria storica dei contegni umani, vogliamo illuminare o fare più luce in città, chiamiamo un signore delle ombre che dia espressione di luce alle architetture e che segni il cambiamento in termini di reale progresso tecnologico ed artistico, per favore non arrediamo la città scegliendo elementi prefabbricati da cataloghi ma invitiamo artisti di talento a lavorare per noi per un anno due tre in una piazza, in una strada, i un giardino  su una montagna, lungo il mare e così via; ecco la fontana felice”. Collocata davanti al sagrato della chiesa di San Pietro in Camerellis a Salerno, la fontana è stata un’opera singolare, testimonianza di un grande interesse per l’arte pubblica, di particolare bellezza ed eleganza: i suoi rivestimenti sono mattonelle dal color blu intenso, plasmate e cotte nella Fornace dei Fratelli De Martino di Ogliara e dipinte nel loro laboratorio sperimentale. Prima di essere collocata nel luogo in cui oggi la ritroviamo ancora, fu esposta nella chiesa di San Giovanni di Dio a Porta Catena, in occasione di un interessante incontro con i giornalisti, i filosofi e gli artisti. L’opera, purtroppo, è stata spesso oggetto di ripetuti atti vandalici nell’arco di pochi anni. Fu esempio concreto di pura arte che si lega armoniosamente al tessuto urbano circostante, la fontana era costituita da una serie di becchi di vasetti comunicanti dai quali sgorgava l’acqua creando un gioco visivo davvero notevole. Era accompagnata da un ulteriore vaso più grande dal quale l’acqua scendeva a velo, il tutto all’interno di una vasca ovoidale (le mattonelle che la rivestono non sono quadrate ma trapezoidali, proprio per seguire la forma della vasca). La fontana è, nella sua parte meridionale, accompagnata da un’onda di seduta anch’essa rivestita da mattonelle di Ogliara. Ripetutamente sfregiata, l’opera è diventata una semplice fioriera, anch’essa allo stato attuale malridotta, come anche la seduta a onda. La città di Salerno non ha ben compreso il significato dell’opera; inoltre vandalismo e imbrattature frequenti evidenziano un atteggiamento di indifferenza da parte dei salernitani verso l’arte e una mancanza di indignazione di fronte ai continui fregi e barbarie perpetrati, ormai da decenni, ai danni di tale realtà urbana! Poco distante, inoltre, su traversa Gianicola de Vicariis sono collocate ulteriori 7 sedute (ovviamente anch’esse malridotte) tutte rivestite da variopinte mattonelle sempre di Ogliara opera dal titolo “Contare fino a 7”. Il numero 7 spesso presente nelle sue opere, è un numero primo che per Marano assume un carattere magico! Il fine ultimo di quest’opera urbana era dettato dall’importanza dello stare insieme. L’anno successivo, in stretta collaborazione con l’economista Pasquale Persico, si dedica a una serie di progetti a più larga scala come la risistemazione dei luoghi della vita dell’uomo presso il Parco Nazionale del Cilento e il Vallo di Diano.Nel 2001 realizza una ulteriore fontana nel cuore del borgo di Cetara: la Fontana di Napoleone, pura arte stravagante ancora oggi visibile. L’inizio del nuovo millennio lo vede in pieno fermento creativo.

6 Pensieri

Nel 2002 realizza, per la stazione metropolitana di Salvator Rosa a Napoli, due pannelli artistici, mentre nel 2003 inaugura la “Fabbrica Creativa”, a cura di Pasquale Persico, grazie al contributo di un’associazione dell’area del Comune di Copparo (Ferrara) che ospita all’interno di alcune fabbriche, diverse opere dell’artista. Nello stesso anno l’Università di Salerno (Facoltà di Scienze delle Comunicazioni) gli conferisce la Laurea Honoris Causa. L’anno successivo è vincitore del concorso per la realizzazione del Parco Dora Spina 3 a Torino. Nel 2006 partecipa alla triennale di Milano con il “Bestiario”, un pavimento in monoliti di 60×120 cm. La sua arte è anche comunicazione sonora: ne è un esempio il grande tavolo in ferro (a forma di croce greca) con un bicchiere ed un piatto per ogni posto che tintinnano con il vento emettendo un suono particolare oppure l’istallazione del 2007 a Vietri sul mare di elementi in cotto da percuotere. Il suo genio, purtroppo, si è spento all’età di soli 68 anni. Lascia in eredità ancora numerosi progetti e idee, ma allo stesso tempo, ci lascia un patrimonio storico-artistico di grande rilievo. Ci auguriamo, in un prossimo futuro, di poter assistere al recupero della casa natale di Ugo Marano, a Capriglia di Pellezzano, magari trasformata in un Museo dal titolo “Casa Ugo Marano”.

Daniele Magliano

Architetto- giornalista che ama approfondire tematiche di architettura, urbanistica, design, ma anche di storia, evoluzione e curiosità riguardanti oggetti di uso quotidiano. Mi piace, in generale, l'arte della costruzione: riflesso del nostro vivere in quanto unisce passato, presente e futuro prossimo di una comunità.

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