In Libano arriva la tregua

di Pierre De Filippo-

Dopo mesi di trattative finalmente sembra che il momento tanto atteso sia arrivato: la tregua, in territorio libanese, tra Israele e le milizie sciite di Hezbollah.

Certo, fino all’ultimo Gerusalemme ha continuato a bombardare il Paese dei cedri, ormai ridotto al simulacro di se stesso, di quell’impero della modernità e dell’eleganza che Beirut è sempre stata. Ma da oggi, e per sessanta giorni, le armi dovrebbero tacere. Lo speriamo davvero.

A mediare l’accordo Stati Uniti e Francia.

Il presidente Biden – quasi in articulo mortis – sta cercando di “sistemare” il più possibile le due guerre: se, in quella d’Ucraina, ha deciso di inviare altri ventiquattro miliardi di dollari a Kiev (su X, Elon Musk ha già espresso la sua contrarietà), nel conflitto israelo-palestinese è riuscito ad ottenere questa tregua. Che non può moltissimo ma che comunque qualcosa è.

La Francia, invece, rivendica sempre una sorta di patronato sui Paese che ha, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nuovo secolo, colonizzato. Il Libano è uno di questi; anzi, forse tra quelli che più spesso, nei suoi tanti momenti di difficoltà, si è rivolto a Parigi in cerca d’aiuto.

Cosa prevede l’accordo?

Molto semplicemente, che gli israeliani scendano più a sud possibile, lungo il confine libanese, e che le milizie di Hezbollah salgano fino sopra il fiume Litani.

In mezzo, una zona cuscinetto che sarà presidiata dall’esercito libanese (quello regolare, verrebbe da dire) e dai miliari dell’UNIFIL nel cui contingente, come si sa, l’Italia riveste un ruolo centrale.

L’estrema fragilità dei mediatori e i precedenti storici non fanno ben sperare in un’ottima riuscita ma, in questo momento, non si può far altro che sperare che tutto vada per il meglio.

“Il cessate il fuoco sia un punto di partenza e non d’arrivo”, ha detto Giorgia Meloni, che ha espresso l’opinione unanime di praticamente tutti i leader occidentali.

Certo, Netanyahu, infastidito dalla sentenza della Corte Penale Internazionale, sembra sempre sul punto di far precipitare gli eventi. La prosecuzione della guerra e della sua vita politica coincidono e quindi ha tutto l’interesse, e anche il cinismo caratteriale, a mantenere alta la tensione.

Sul versante libanese si spera che la tregua possa consentire al Paese di uscire da un clima di tale sconvolgimento e di depressione che negli ultimi anni lo hanno autenticamente fatto precipitare in classifica sotto ogni indicatore.

Le prime ore sono passate, e anche psicologicamente questo era molto importante. Ora è necessario che nulla accada ad alterare questi equilibri. Perché, questa volta, la tregua deve reggere.

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