Piange il telefono: la Meloni incappa nello scherzo di due comici
di Pierre De Filippo-
Non deve essersi sentita in totale disagio quando, a distanza di un mese e mezzo, s’è resa conto che l’amabile e lunga conversazione avuta ormai il 18 di settembre con un sedicente politico africano altro non era che uno scherzo telefonico, una burla ordita da due comici russi. Non deve essersi sentita in totale disagio perché sa bene che la politica italiana di comici è piena. Di quelli che lo hanno fatto – e continuano a farlo – per professione, di quelli che lo fanno per hobby, per passione, alternando a frasi non-sense alla Nino Frassica incarichi governativi e di quelli che hanno segnato la propria stagione politica attraverso le barzellette.
Attraverso Mohammed Esposito, ad esempio.
A non essersi sentita a disagio è certamente lei, la nostra Premier, Giorgia Meloni. Ha parlato per un quarto d’ora con un rappresentante dell’Unione africana, al quale ha detto, ha chiesto, s’è confrontata. Peccato che quell’africano avesse un accento ereditato dalla Grande Madre Russia. Che di questo non si sia accorta lei, passi; che non se ne siano accorti i suoi consiglieri diplomatici forse è un problema. Come se un economista confondesse una parentesi quadra con una graffa o un giurista un articolo con un comma.
Invece, abbiamo scoperto che basta trovare sulle Pagine gialle il numero di Palazzo Chigi, comporlo, attendere risposta, chiedere di Giorgia spacciandosi per la qualunque e vedersela passare.
Lei, però, non è esente da colpe: la prudenza minima vorrebbe che le conversazioni telefoniche, a maggior ragione se con una persona che non si conosce e con la quale non ci si è mai incontrati, siano ridotte al minimo, al cortese e diplomatico chiacchiericcio. Al “a casa tutti bene”.
La Meloni, invece, tocca tre temi importanti e scottanti: la guerra in Ucraina, il dossier immigrazione e il golpe in Niger.
Rispetto alla guerra, confessa la “stanchezza” di alcune cancellerie europee, che è poi la stanchezza dei popoli. Succede sempre così: sul momento si solidarizza, ci si straccia le vesti, poi ci si assuefa, lo straordinario diventa ordinario e la spinta emotiva si placa.
Una non notizia ma che fa sempre impressione sentire.
Sull’immigrazione la novità non è che manchi solidarietà europea ma che gli altri Paesi “nemmeno rispondono al telefono”. Un’ammissione di impotenza e di isolamento che contrasta col coinvolgimento che il Governo ha sempre paventato.
E poi, il terzo tema, quello riferito al golpe in Niger. “Lo fanno contro la Francia?” chiede la Meloni. Maliziosamente, una speranza.
C’è un ultimo tema, che è di metodo e non di merito, che va considerato e del quale spesso si è parlato: l’ingenuità, la scarsa attitudine alle responsabilità di governo, l’approssimazione della compagine governativa: da Donzelli e Delmastro, da Lollo a Giambruno, da Santanché a Sgarbi. Ed ora anche la diplomazia.
Non bastano anni di invettive per governare. E, evidentemente, non sono bastati nemmeno gli insegnamenti di chi, in Italia, ha creato la destra moderna (e non è Berlusconi), che diceva che “non basta essere una forza di governo ma è necessario diventare una forza da governo”.
Ecco, questo dovrebbe essere l’obiettivo principale di Giorgia Meloni e della sua combriccola.
