Elly Schlein è la nuova segretaria del Partito democratico
“Anche questa volta non ci hanno visti arrivare” dice una raggiante ed emozionata Elly Schlein, neoeletta segretaria del Partito democratico.
Allude al fatto che rispetto al suo avversario Stefano Bonaccini, lei era certamente la sfavorita, la “underdog”, per usare un termine che sta accompagnando Giorgia Meloni da quando è premier.
Giovane, la più giovane; donna, la prima donna; bisessuale, pasionaria, radicale. A metà tra simbolo del progresso e quello dello stereotipo, sarà per lei una grande partita quella che le si apre dinanzi e che viene ufficializzata col passaggio di consegne, a Largo Nazareno, tra lei e l’uscente Enrico Letta.
Stefano Bonaccini aveva vinto la partita degli iscritti ed in pochi potevano preventivare che i gazebo, aperti a tutti, avrebbero sovvertito questo sentiero. Ed invece l’alta affluenza ha consentito alla Schlein di vincere.
Ed è proprio l’alta affluenza il primo dato da sottolineare: solo poche settimane fa le elezioni regionali in Lazio e Lombardia ci avevano consegnato valori dell’astensionismo altissimi che raccontavano di una disaffezione tra “società civile” e “classe politica” sempre crescente. Va dato atto e merito al Pd di aver portato un milione e duecentomila persone nelle piazze italiane, in un week end freddo di fine febbraio, a partecipare ad un processo democratico.
Una bella iniezione di fiducia.
Ma cosa succede, ora, con la Schlein segretaria? Come cambia il Pd e come cambia lo scenario politico?
Quella tra Elly Schlein e Stefano Bonaccini era una sfida tra due modi di intendere il partito e, più in generale, la politica. Socialismo radicale o riformismo moderato? Operaismo o Terza via? Sguardo a sinistra o verso il centro?
Il risultato è inequivocabile: con Schlein si va verso sinistra, verso un ecologismo duro e puro, verso una strenua battaglia sui diritti civili, verso un Pd più sindacalizzato, più operaio, più “socialista”.
Si chiude, ed è forse ciò che ha maggiormente influito, con l’epopea renziana del jobs act, della “buona scuola” e della riforma costituzionale. Si chiude con quel partito che raggiunse il 40%
Tra le due correnti maggioritarie del Pd dunque prevale quella degli Orlando, dei Provenzano, dei Bettini e, soprattutto, di Franceschini che, per l’ennesima volta, punta su un cavallo e quello vince.
Cosa faranno ora Marcucci, Nardella, Gori, DelRio? E cosa farà adesso Vincenzo De Luca, per la prima volta senza una copertura nazionale?
Le risposte a queste domande, con buona dose di certezze, non tarderanno ad arrivare.
Lo scenario politico nazionale cambia e cambia molto: la destra, pur nelle sue mille ambiguità, in questi giorni più evidenti che mai, rimane unita per rimanere al governo, cercando alla bell’e meglio di mettere la polvere dei dissidi sotto il tappeto.
La vittoria della Schlein fa virare il Pd verso sinistra e verso “rapporti nuovi” col Movimento 5 Stelle.
Ora sarà interessante capire che relazione si instaurerà tra lei e Giuseppe Conte, che forse avrebbe preferito Bonaccini per avere mano libera in quell’area politica.
Il risultato fa felice il Terzo polo, che ora può costruire con tutta tranquillità tra i riformisti moderati? È presto per dirlo e sarebbe anche semplicistico. In politica, due più due non fa quasi mai quattro.
È più probabile che ora il quadro si polarizzerà tra una coalizione di destra-centro ed una di sinistra-centro, l’opposto di ciò che abbiamo vissuto negli ultimi trent’anni. La sfida per Renzi, Calenda e Riccardo Magi, neosegretario di Più Europa, sarà far comprendere l’importanza di una proposta politica alternativa. Perché, in certi casi, tertium datur.
La Schlein, per concludere, ha tutto ciò che piace oggi: arriva di rincorsa, è immoderata, vuole tutto e subito, è pronta ad alzare i toni.
Sarà lei l’antiMeloni, su questo non ci sono dubbi.
