La storia ed evoluzione di un’antica chiesa nel cuore del centro storico di Salerno: Sant’Andrea de Lavina
All’interno del quartiere delle Fornelle, (così detto per la presenza di numerosi forni per la fabbricazione delle ceramiche), o anche degli Amalfitani (dalla presenza dei numerosi abitanti della cittadina costiera deportati a Salerno in seguito al saccheggio ad opera del Duca longobardo Sicardo nel’832 d.C.) si innalza, nella sua parte più orientale, la chiesa di Sant’Andrea de Lama o Lavina, santo assai venerato ad Amalfi. Sottoposta circa vent’anni fa a numerosi saggi archeologici da parte della Soprintendenza e dell’Università di Salerno, l’edificio sacro, con le sue varie stratificazioni archeologiche e storiche, è stato sottoposto a ristrutturazione e consolidamento, ed è una delle chiese più antiche di Salerno. Se ne fa menzione, per la prima volta, in periodo longobardo, esattamente nell’866 d.C. (Codice Diplomatico Cavese). L’antica primordiale chiesa medioevale, ulteriormente citata nel 1091 (come proprietà del Vescovo di Paestum), è collocata esattamente lì dove insiste quella attuale. Nel corso degli scavi archeologici, ad opera della Soprintendenza è stata rinvenuta una massicciata stradale, risalente a prima della realizzazione della chiesa, orientata all’incirca nord-sud, sulla quale si evidenziavano alcuni setti murari di ambienti domestici orientati ad est. Gli stessi furono definitivamente abbandonati a seguito di un’alluvione avvenuta intorno al VII-VIII secolo d.C. (tali eventi alluvionali incisero molto sulle successive trasformazioni dell’edificio che ne determinano anche le diverse quote del calpestio).
Posizionata in prossimità di uno dei tanti corsi d’acqua che dal Monte Bonadies, a nord, rapidamente scendevano verso il mare, il Lama, la primordiale chiesa di matrice greco-bizantina (posta a -5,80 metri rispetto all’attuale calpestio) fu realizzata nel IX secolo a.C., ad aula unica avente orientamento est-ovest con l’area absidata ad oriente. Ne risulta che l’antico ingresso, non corrispondente all’attuale, si apriva verso occidente.
L’antica abside era inoltre affiancata da due nicchie laterali e sempre sulle pareti ai lati ritroviamo affreschi raffiguranti quattro arcangeli: Raffaele, Gabriele, Michele e Uriele, ancora presenti fino alla quota spalle, mentre le nicchie hanno delle cornici con motivi a scacchiera dal variegato cromatismo: bianco, rosso e nero. A seguito di un altro evento alluvionale la chiesa subì pesanti danni a causa dei quali l’abside venne trasformata, mentre si affiancava alla chiesa un piccolo cimitero con fosse terragne. Un secolo dopo, con il patrocinio del Longobardo Guaimario III, venne realizzata una nuova chiesa, più ampia, sui ruderi post alluvionali della precedente.
La chiesa presentava tre navate di cui due sono ancora presenti. Dell’epoca risalgono alcuni lacerti di affreschi raffiguranti due santi e una iscrizione in greco.
Risalente al XII secolo è l’ulteriore chiesa realizzata su quella precedente trasformata a sepolcreto. Databili al periodo che va dal XIII secolo al XIV, sono alcuni ritrovamenti di monete, dei cocci di ceramiche smaltate, un anello e una collana fatta con frammenti vitrei colorati alternati ad elementi avoriati.
Appartengono alla nuova chiesa gli affreschi, realizzati nel ‘300, raffiguranti due santi vescovi di cui uno è San Nicola con l’aureola raggiata a rilievo (tipica espressione artistica di quel tempo in Campania), un altro malridotto databile al ‘400 e un altro ancora risalente al ‘600 che raffigura le scene di un santo probabilmente proprio San Nicola. Della stessa aula sacra è ancora presente un’antica colonna successivamente inglobata all’interno di un più ampio pilastro posto sul lato nord. La modifica radicale della chiesa avviene nel XVI secolo con il ribaltamento dell’ingresso avvenuto nel 1572, il tutto documentato da una relazione datata 1692: “Appare ben vero dall’epitaffio collocato sopra la porta di detta chiesa che sia stata ridotta all’uso moderno et imbellita dal sig. Ottavio Capograsso Rettore nell’anno 1572” accompagnata da una ulteriore descrizione della chiesa che corrisponde in linea generale a quella attuale. Ultimo intervento di restauro e modifica dell’immobile sacro è quello risalente al 1787 descritto su una lapide posta al di sopra del portale d’ingresso “TEMPLUM HOC AETATE VETUSTUM RECTORE HIERONYMO DE VICARIIS FORMA FUIT ELEGANTIORI RESTAURATUM – ANNO DOMINI MDCCLXXXVII”.
Superata una scala, delimitata da un cancello, la facciata della chiesa è in stile barocco con un portale centrale incorniciato da due lesene con capitelli ionici dai quali diparte un timpano aggettante archivoltato.
Quest’ultimo è poi sormontato da un grande lunotto vetrato. Si presentano inoltre, ai lati, due paraste in rilievo sulle quali poggia un cornicione modanato sormontato da un timpano con oculo al centro, e una struttura reggi-croce sulla sua parte alta. La chiesa attuale è a pianta rettangolare tripartita in maniera disomogenea con delle nicchie, altari laterali e con una parte absidale semi-circolare.
La struttura presenta una copertura interna con volta a botte, mentre all’esterno la copertura è a doppia falda. Le pareti sono tutte intonacate e presentano numerosi stucchi, fregi e modanature. Sulla destra della facciata principale, il campanile, suddiviso su quattro ordini di altezze diverse e accompagnati da finestre ogivali, presenta sul lato nord, nella parte interna, una bifora con colonnina con un capitello a sezione circolare decorato con motivi fitomorfi e volute, sui quali poi poggia un pulvino le cui facciate presentano decori geometrici.
Nella sua parte alta del campanile, inoltre, è presente una cella campanaria a cupola con tamburo cilindrico di derivazione artistica islamica. Si dice che da questo campanile Ippolito da Pastena, nel XVII secolo, suonò le campane per invitare il popolo salernitano alla sommossa contro le ingiustizie sociali (dalla forte pressione fiscale) del governo spagnolo. Nel XX secolo la chiesa è rimasta chiusa per decenni per diventare, a seguito del terremoto del 1980, luogo di deposito per gli attrezzi utilizzati nella riparazione del campanile (iniziativa voluta dalla Soprintendenza alle opere pubbliche). Proprio in questo periodo, purtroppo, numerosi arredi e suppellettili che adornavano il sacro ambiente sono stati asportati lasciando l’edificio in pieno abbandono e degrado. Grazie a un Decreto del Ministero per i Beni Culturali e a un conseguente cospicuo finanziamento, fortunatamente la chiesa è rientrata, nel 1996, nel piano degli interventi di restauro e consolidamento. Al termine del restauro, nel 2010, sempre per volere della Soprintendenza, sono stati effettuati scavi archeologici di particolare interesse per la presenza delle varie stratificazioni storiche dell’immobile. Nel 2015 si è proceduto alla riconsacrazione, mentre da pochi giorni la chiesa è stata consegnata a un nuovo Rettore, il Parroco delle Santissima Annunziata Monsignor Claudio Raimondo. Allo stato attuale, l’immobile risulta ancora chiuso, per essere, come afferma lo stesso Rettore, aperto breve al pubblico e fruibile anche per le visite dei turisti.
