22 Aprile: Giornata Mondiale della Terra

La cura di un pianeta fragile- di Vincenzo Iommazzo-

Nata come movimento universitario nel 1970 per sottolineare fin d’allora la necessità della conservazione delle risorse naturali disponibili, la Giornata della Terra (Earth Day) è diventata col tempo la più grande manifestazione ambientale del pianeta, l’occasione in cui milioni di cittadini si uniscono per celebrare la Terra e promuoverne la salvaguardia.

Le Nazioni Unite celebrano l’Earth Day ogni anno, un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, il 22 aprile, richiamando ad oggi più di un miliardo di persone in circa 200 paesi del mondo.

I gruppi ecologisti utilizzano l’avvenimento come occasione per (ri)mettere in evidenza le problematiche del pianeta: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono,  l’esaurimento delle risorse non rinnovabili quali petrolio, carbone e gas naturali. Oggi più che mai emerge la consapevolezza degli effetti negativi di molte attività dell’uomo e si invocano urgenti soluzioni di impronta ecologista quali il riciclo dei materiali, l’uso oculato delle risorse naturali, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la cessazione della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate.

In Italia quest’anno, in occasione del 50° anniversario dell’evento si attivano le maggiori associazioni ambientaliste con iniziative originali, dato il particolare momento.

Legambiente annuncia per l’occasione un flash mob virtuale “Abbracciamo la Terra”, una foto da postare e condividere sui social. #Abbracciamola, #EarthDay sono gli hashtag con cui condividere il giorno 22 sui canali social la propria foto, in cui ognuno può dare spazio alla fantasia, abbracciando per esempio un mappamondo o un disegno della Terra, una piccola scultura o una mappa geografica.
Da lunedì 20 aprile su Legambiente.it sono disponibili 20 dei motivi personalizzati per le “foto profilo” e per la “fotocamera” di Facebook, oltre al logo dell’iniziativa e i materiali già presenti.

Far ripartire la nostra economia dopo il lockdown provocato dalla pandemia da coronavirus mettendo da parte le tutele ambientali, rileva Legambiente, sarebbe infatti estremamente preoccupante, come sarebbe dannoso non considerare le possibilità di riconversione verso uno “sviluppo green

“Siamo convinti – dice il presidente dell’associazione ambientalista Stefano Ciafani – che il ritorno alla normalità dopo l’emergenza debba passare attraverso il cambiamento degli stili di vita e l’adozione urgente di politiche istituzionali e aziendali molto coraggiose nella cura dell’ambiente e dei beni comuni, anche per scongiurare il pericolo dell’altra crisi che rischia di colpire tutti noi, quella climatica”.

Sempre oggi, mercoledì, a partire dalle ore 15 fino alle ore 22, National Geographic presenta una maratona non stop live streaming dal tema “Cosa ci dice la Terra”. Insieme a personalità illustri del mondo scientifico e pop, verranno dibattuti argomenti su cosa imparare da questo momento, quali problemi affrontare, quali soluzioni adottare,.

A sua volta il WWF lancia lo slogan molto attuale: “Non possiamo essere sani in un pianeta malato”. Esiste un legame strettissimo tra le malattie che stanno terrorizzando il pianeta e le dimensioni epocali della perdita di natura. Molte delle malattie emergenti come Ebola, Aids, Sars, Influenza aviaria, Coronavirus, non sono catastrofi del tutto casuali, ma conseguenza indiretta del nostro impatto sbagliato sugli ecosistemi naturali.

E Ornella Capezzuto, presidente di WWF Napoli chiosa: “L’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi non è costituito solo da pandemie di tipo sanitario, ma produce impatti devastanti anche sulle economie mondiali con effetti gravi sulle popolazioni e sulle istituzioni che non è difficile immaginare. Ce n’è abbastanza per riflettere tutti insieme nel corso dell’Earth Day e aumentare il nostro impegno per adottare comportamenti in armonia con la natura

Vincenzo Iommazzo

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