Il regista geniale: Saverio Costanzo e la nuova drammaturgia televisiva

Tv&Cinema- di Francesco Fiorillo-

Si è da poco conclusa la seconda stagione de L’amica geniale, un’opera splendida che apre le porte ad un nuovo modo di raccontare la normalità.

Non è facile uscire dal formato tradizionale della fiction all’italiana: un modello che negli anni si è consolidato nel nostro Paese fino a diventare un’istituzione imprescindibile. Storie semplici, realistiche e ancorate alla vita quotidiana, popolate da figure immediatamente familiari e rassicuranti: mamme, papà, nonni, maestri, preti, poliziotti. Trame e psicologie domestiche, concepite per un pubblico che vuole rilassarsi e distrarsi.

Un modello che, sebbene abbia anche prodotto lavori eccellenti, troppo spesso si presta a macchiette, campanilismo e bidimensionalità, offrendo facilmente il fianco a satire e sbeffeggiamenti (come nella brillante serie Boris, che ridicolizza proprio il mondo patinato e demenziale delle fiction italiane). La nostra narrativa seriale rischia di diventare la parodia di sé stessa.

Ma poi arriva Saverio Costanzo ad aprirci gli occhi con L’amica geniale: il suo adattamento televisivo dei romanzi di Elena Ferrante è un gioiello che dimostra come, pur rimanendo fortemente connessi ai modelli del passato, sia possibile elevare una fiction a forma letteraria e colta, grazie ad un’attenzione rigorosa e formale ai dettagli e alle psicologie dei personaggi. La sua opera, seppur debitrice del talento della scrittrice, è innovativa senza essere per forza sperimentale.

Con 7 milioni di spettatori per il suo finale, la seconda stagione della serie (Storia del nuovo cognome) si è rivelata un trionfo: una conferma che l’approccio di Costanzo può e deve trovare conferme nel pubblico. La formula vincente del regista è talmente semplice da essere disarmante: rinunciare ai luoghi comuni e ai sensazionalismi, raccontare una storia con onestà e precisione, dipingere dei personaggi con empatia e realismo.

E a tutto questo, aggiungere un impianto registico e fotografico elegante e raffinato, ricco di intuizioni e di trovate geniali. Come ad esempio, in questa seconda stagione, il dialogo fra Lila e Lenù a Ischia, riflesso e spezzato dallo specchio dell’armadio; o la furia di Stefano dietro la porta del bagno nella scena della violenza, filtrata e destrutturata dal vetro zigrinato che lo trasforma in un mostro dai lineamenti distorti.

Fondamentale anche la produzione di altissimo livello, che ha ricostruito a Caserta Il rione napoletano in cui è ambientata la vicenda in un’area di sei ettari che è il set più grande d’Europa. Palazzine con facciata esterna e balconi, che all’interno contengono in realtà solo impalcature; un terrapieno dove passa il treno ricreato al computer; oggetti di scena originali dell’epoca, come cattedre e lavagne.

Non ci si aspettava di meno da Saverio Costanzo, che già in passato si è confermato regista di gran talento (il suo Private degli esordi, o il bellissimo La solitudine dei numeri primi). La sua attenzione ai particolari, e la sua capacità di immergere lo spettatore nelle scene utilizzando fotografia e scenografia, sono strumenti perfetti per raccontare questa lunga e travagliata amicizia fra due donne, che attraversa 60 anni di storia italiana.

Una vicenda che non è priva di momenti forti o controversi (la scena sulla spiaggia fra Lenù adolescente e Donato Sarratore), ma che non ha bisogno di essere raccontata impressionando o disturbando lo spettatore. Come lo stesso Costanzo ha sostenuto in una sua intervista, se si è in grado di raccontare una storia coerente, e creare empatia nel pubblico verso personaggi con psicologie realistiche, allora anche le scene più scioccanti fluiranno naturalmente, e non sembreranno fuori posto.

È esattamente quello che succede nella serie, grazie ad attori estremamente convincenti e mai sopra le righe, specialmente le due protagoniste. La scelta delle due interpreti è sicuramente un altro valore aggiunto in entrambe le stagioni. Avevamo già avuto modo di apprezzare le piccole ma bravissime Elisa del Genio (Lenù) e Ludovica Nasti (Lila) nella prima parte della storia, che vedeva le due amiche ancora bambine; Ma un grande plauso va anche alle emergenti Margherita Mazzucco e Gaia Gerace (Lenù e Lila adolescenti), che con la loro spontaneità e sincerità ci regalano due personaggi verosimili e complessi, ai quali è facile affezionarsi.

Purtroppo, sembra già confermato che nella terza stagione (Storia di chi fugge e di chi resta, attualmente in fase di scrittura) saranno due nuove attrici a dare il volto alle ormai adulte amiche-nemiche; ma siamo sicuri che, data la sensibilità dell’autore, la scelta cadrà nuovamente su due interpreti modeste e appassionate, in grado di infondere nuova linfa a questa serie già così straordinaria e promettente.

Una serie che parla di gente normale, in un mondo normale; ma lo fa con il rigore di un’opera d’arte, rendendo speciale ciò che è ordinario. Colpisce la nostra emotività, perché racconta sentimenti che tutti abbiamo provato; ma nutre anche il nostro intelletto, perché utilizza il pieno potenziale di tutti i talenti coinvolti. L’amica geniale di Costanzo è un dono di amore e di intelligenza, che noi accogliamo con gratitudine, in trepidante attesa del suo seguito.

Francesco Fiorillo

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