Violenza e consenso

di Michele Bartolo-*

 

Nel nostro codice penale l’articolo 609 bis punisce “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”, prevedendone poi la reclusione da sei a dodici anni. Ne consegue che viene considerato presupposto necessario di tale delitto che l’atto sessuale sia associato al costringimento del soggetto passivo, che può aversi tramite violenza fisica sulla persona o sulle cose, minaccia, intesa come violenza morale, e abuso di autorità, tanto di pubblica autorità (ad esempio, nei confronti di un detenuto), tanto di autorità privata ( ad esempio, tra datore di lavoro e lavoratore).

Chiarito così il concetto di violenza o minaccia, ricompreso nella previsione della norma, occorre poi chiedersi cosa rientri nel concetto di atti sessuali, che costituisce la fattispecie di reato da punire. Qui è pacifica la prevalenza di una definizione onnicomprensiva, sostitutiva di quella vigente in precedenza e che era incentrata sulla distinzione tra congiunzione carnale  (il coito in senso stretto) ed atti di libidine violenti (intesi come forma di contatto corporeo diversi dalla congiunzione che, tuttavia, per le modalità di svolgimento costituiscano inequivoca manifestazione di ebbrezza sessuale).

Oggi qualsiasi atto che rappresenti espressione di un appetito o desiderio sessuale, rivolto a zone erogene differenti, è idoneo ad invadere la sfera sessuale del soggetto passivo mediante costringimento.

Passando dalla teoria alla pratica, però, sappiamo bene che se per atto sessuale può annoverarsi una ampia casistica di casi concreti, non può dirsi lo stesso per le modalità di espressione della violenza o della minaccia. In quest’ultimo caso, infatti, perché vi sia stupro è comunque necessario provare la sussistenza di uno specifico atto che configuri violenza o minaccia o abuso di autorità  ovvero una determinata azione fisica di costrizione o un comportamento volontario tale da costituire una vera e propria minaccia.

Il confine è molto labile in quanto, ove non ricorra una situazione che si palesi, nella sua piena trasparenza,  come una aggressione fisica alla vittima, la violenza sessuale o lo stupro potrebbero essere ritenuti non rientranti nella fattispecie punita dalla norma in esame, anche solo se la vittima rimane in silenzio. In questo dibattito, deve registrarsi una importante novità nel panorama legislativo europeo.

Il Senato francese ha approvato, di recente, il 23 ottobre 2025, un disegno di legge rivoluzionario, che introduce nel codice penale una definizione di stupro fondata sul consenso. In buona sostanza, introduce il concetto di consenso come libero e informato, specifico, preventivo e revocabile. Il silenzio, pertanto, non equivale e non può essere equiparato  ad un assenso, così come una assenza di reazione non vuol dire sì. Sicuramente questa  modifica del codice penale francese avrà un ampio impatto educativo, fondamentale per affermare una cultura del consenso nella nostra società e nella formazione delle persone che operano nel sistema giudiziario.  Il consenso è tale quando vi è una manifestazione di volontà reale, non presunta o implicita.

Aggiornare una legge ormai superata e riconoscere che un rapporto sessuale non consensuale è stupro, contribuirà a prevenire e contrastare la violenza sessuale e a migliorare l’accesso alla giustizia per le persone sopravvissute.

Bisogna ricordare che ben sedici Stati membri dell’Unione europea hanno già introdotto nelle proprie legislazioni una definizione di stupro basata sul consenso: Belgio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia, Spagna e Svezia. Anche Islanda, Norvegia, Svizzera e Regno Unito dispongono di definizioni analoghe di stupro in linea con il diritto internazionale dei diritti umani, inclusa la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nota anche come “Convenzione di Istanbul”.

Non possiamo che augurarci che anche in Italia si concluda l’iter del progetto di legge per la modifica dell’articolo 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso.

 

*Avvocato

                              

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Michele Bartolo

Avvocato civilista dall'anno 2000, con patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori dal 2013, ha svolto anche incarichi di curatore fallimentare, custode giudiziario, difensore di curatele e di società a partecipazione pubblica. Interessato al cinema, al teatro ed alla politica, è appassionato di viaggi e fotografia. Ama guardare il mondo con la lente dell'ironia perché, come diceva Chaplin, la vita è una commedia per quelli che pensano.

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