71 anni fa, l’alluvione di Salerno
Sono passati ben 71 anni da quando la città di Salerno e i territori limitrofi furono travolti da uno degli eventi alluvionali più pesanti e gravi d’Italia. Nella notte tra il 25 e il 26 di ottobre del 1954, un fronte perturbato, che aveva già causato abbondanti precipitazioni in Liguria e zone tirreniche settentrionali, si affacciava sul Golfo di Salerno a metà giornata del giorno 25: una pioggia moderata iniziò a cadere intorno alle 13.00 per poi continuare sempre più intensa nelle ore successive. Le precipitazioni assunsero carattere di nubifragio tra le ore 20.00 e le 24:00, proseguendo per tutta la notte del giorno successivo portando, solo a Salerno città, un quantitativo di 500 mm. di pioggia nell’arco di dopo più di 12 ore.

Gli effetti più estremi di tale catastrofe si manifestarono soprattutto in determinati punti del territorio amplificati anche da fattori orografici e dal cosiddetto fattore “Stau” (quando venti umidi incontrano, nel loro tragitto, catene montuose l’umidità si condensa creando generali condizioni di cattivo tempo). Particolarmente colpita fu tutta l’area della Costiera Amalfitana fino al Capoluogo. L’eccezionale portata della precipitazioni, il disboscamento scellerato e l’eccessiva antropizzazione del territorio, specie nei valloni dislocati in più punti, favorirono numerosi movimenti franosi portando con se distruzione e morte! I numerosi corsi d’acqua presenti in quest’area si trasformarono, in poche ore, in enormi masse di fango e detriti provenienti dalle montagne, riversandosi sui centri abitati sottostanti e distruggendo ponti, strade, ferrovie, e soprattutto abitazioni. Il torrente Reghinna Maior a Maiori, dopo aver eroso le fondamenta di alcuni palazzi limitrofi, provocò il crollo alcune facciate, procurando solo in questa cittadina ben 37 morti. Il torrente Bonea, distrusse quasi completamente la frazione di Molina nel Comune di Vietri. Gravissimi furono i danni provocati dall’ingrossamento dei torrenti Fusandola e Rafastia a Salerno: i quartieri più colpiti furono quelli in prossimità dei due torrenti, nello specifico parliamo dei quartieri Annunziata, Canalone, Olivieri e Calata San Vito. Solo a Salerno si contarono ben 107 morti e 1712 famiglie senza casa.

Nel quartiere collinare di Canalone, la chiesa di San Gaetano realizzata proprio sul torrente Fusandola (l’inaugurazione della chiesa avvenne nell’ottobre del 1905) funse, purtroppo, da tappo all’ingente quantità di detriti e fango giunti dalle colline sovrastanti, cedendo, l’immane quantità di fango distrusse numerose abitazioni in prossimità di via Spinosa, procurando solo in questo quartiere 41 morti e numerosi danni fino in prossimità della chiesa dell’Annunziata posta a valle. I cadaveri vennero ritrovati lungo la spiaggia di Santa Teresa, nella vicina Villa Comunale e altri in mare.

Nel rione Olivieri, una grossa grana distrusse Palazzo Mazzariello mentre, a nord del Capoluogo, numerose frane vennero giù dalla collina del Carosello (dove insiste l’Ospedale Da Procida) riversandosi lungo Calata San Vito. Anche il fiume Irno straripò in più punti procurando altri 8 morti. Secondo lo storico Arcangelo Amarotta, al 2 novembre si contavano più di 300 morti, 808 famiglie senza tetto (5466 persone), ben 119 aziende industriali danneggiate, danni anche per 245 botteghe artigiane e 413 esercizi commerciali.

Il poeta e scrittore salernitano Alfonso Gatto scrisse sulle pagine del settimanale Epoca “Sono note, scritte in fretta in questa notte. Il giornale deve uscire e io sono nato a Salerno, conosco Piazza Luciani e Porta Catena, quel palazzo Olivieri che dalla strada di Vietri come un piccolo grattacielo scende al mare di via Ligea: sono i luoghi del nubifragio ed erano i luoghi dell’amore, delle prime malinconiche affacciate con la testa sulle mani alla terrazza del golfo. Mi hanno telefonato molti amici. Salerno sono io, Amalfi è Alfeltra intento al Corriere a pensare grandi titoli di lutto per la sua piccola Repubblica…”. Alfeltra, di fatto, dopo qualche giorno dalla tragedia così scriveva: “La situazione è tragica, ma c’è una pallida luce di speranza nel cuore della gente. Della mia gente.” Sempre nel Corriere della sera un giovane Indro Montanelli scriveva un articolo, il 28 ottobre, dal titolo “Non lasciamoli soli”. I giornali di allora iniziarono a portare l’evento catastrofico a conoscenza di tutti gli italiani. In particolare quotidiani come Il Mattino, il Roma, il Corriere della Sera descrissero minuziosamente la tragedia con foto e testimonianze delle personali esperienze delle tante persone coinvolte nel tragico evento.



Se all’epoca erano ancora i giornali a dare testimonianza dell’evoluzione del post alluvione, la televisione, poco diffusa tra le famiglie italiane portava comunque il suo contributo. L’allora speaker televisivo Vittorio Veltroni fu promotore di una iniziativa di beneficenza denominata “Catena della Fraternità” dove furono raccolti e donati alcuni milioni di lire.

Poco dopo da più parti d’Italia giunsero soccorsi e solidarietà ai territori alluvionati. Vennero a Salerno anche importanti Autorità come il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il Ministro dei Lavori Pubblici Romita, Anelo Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII (allora Patriarca di Venezia) e l’ambasciatrice americana in Italia Clara Boothe Luce.

Il Governo, presieduto in quel periodo dall’on. Scelba, stanziò nei mesi successivi, molti fondi per la ricostruzione delle nuove abitazioni. Nacquero nuovi quartieri nella zona orientale di Salerno, al di là del fiume Irno e della stazione ferroviaria. In ricordo del tragico evento, furono erette lapidi e installati elementi artistico-commemorativi (poco conosciuti dagli stessi salernitani). E’ del 2004 la deposizione nel rione Canalone di una lapide commemorativa e del 2005 l’istallazione di un’altra lapide in prossimità della chiesa dell’Annunziata.
Un muretto-lapide fu innalzato, invece, nel quartiere Mariconda nel dicembre 2014. Molto interessanti, ma quasi dimenticate, invece, sono le opere d’arte realizzate dal salernitano Pasquale Avallone: la prima posta nella parte ovest del cimitero di Salerno (luogo di sepoltura delle vittime dell’alluvione), ovvero una stele “Monumento ricordo alle vittime dell’alluvione” realizzata pochi anni dopo l’evento, e una ulteriore nel quartiere Santa Margherita conclusa nel giugno del 1957, una figura bronzea di donna simbolo della Riconoscenza con una fiamma sulla mano.
Solo pochi anni dopo la tragedia, in pieno boom edilizio, non lontano dagli alvei del Funsandola e del Rafastia, numerosi edifici di grande dimensioni furono innalzati dimenticando del tutto la pericolosità di queste aree e di tutto ciò che accadde neanche 10 anni prima. Lo stesso è avvenuto, purtroppo, di recente anche in prossimità del mare e avverrà per i futuri interventi di cementificazione lungo il vallone del Cernicchiara, con un piano urbanistico poco attento a preservare le sparute aree verdi sopravvissute in periferia. Negli ultimi anni, purtroppo, stiamo assistendo a una vera e propria cementificazione forsennata anche delle verdi colline di Giovi. Le opere di messa in sicurezza del territorio salernitano sono davvero insufficienti, ancora tuttora, mentre col tempo svanisce la memoria storica. Le Autorità competenti dovrebbero partire proprio dal ricordo degli eventi catastrofici del passato per affrontare, con più serietà, le criticità presenti ancora adesso nel nostro sistema territoriale geomorfologicamente assai delicato!






