Per comprendere Anchorage
di Giuseppe Moesch*
Avevo pubblicato oltre un anno fa una mia riflessione sugli autocrati, sulla loro volontà di espansione e sul chiaro impegno di riportare i rispettivi Paesi ai fasti del passato, riconquistando gli spazi e i confini che le alterne vicende delle guerre avevano modificato. Avevo citato Putin, Xi Jinping, Erdogan, Khamenei, e lo stesso Trump, oltre agli altri minori capi e capetti che si agitano in questo nostro mondo di egoistici nazionalismi.
In Europa un ruspante Macron si atteggia a proto capo di una accozzaglia di Stati che non hanno alcuna voglia di riconoscergli quel ruolo, ognuno con la propria individualistica visione, derivante da coalizioni eterogenee all’interno e a livello europeo. Nessun governo ha la forza politica vuoi per proporre un intervento armato a favore dell’Ucraina, che perfino sulla possibilità di inviare più armi.
Qualcuno aveva sperato che Trump potesse far fronte alla ottusa e debole politica di Biden culminata, nella politica estera, nell’abbandono dell’Afganistan e nella politica interna nella sottovalutazione delle condizioni di insofferenza dei soggetti più fragili, nella crescita dei prezzi dei beni di prima necessità e nella impossibilità di accedere alle prestazioni della sanità.
Il risultato invece è stato la conferma di quanto Trump aveva già promesso durante il suo precedente mandato ovvero di fare l’America si nuovo grande, ma solo per se stesso ed i suoi sodali.
Quale sia la sua strategia lo si ricava da come abbia affrontato il problema del colossale debito pubblico: scaricandolo indirettamente sui suoi ricchi connazionali attraverso i dazi, ma più duramente prendendo in giro l’Ucraina e l’Europa promettendo il cessate il fuoco ma incassando solo la ripresa degli affari con la Russia e legittimando nuovamente Putin sul piano internazionale, che è così risultato l’unico vincitore di quel summit.
Chi aveva pensato che il festoso meeting organizzato in Alaska sarebbe stato il luogo della catarsi non ha mai compreso che solo una Europa coesa, che si assuma le sue responsabilità, può tentare di opporsi alle mire di quei soggetti mai dimentichi delle loro ambizioni.
Come si può pensare di risolvere un problema di annessione di un territorio di un Paese libero e indipendente da parte della Russia, quando il soggetto che dovrebbe occuparsene intende annettere la Groenlandia e vorrebbe il Canada come ulteriore stato della propria Nazione?
Se gli acuti ed attenti osservatori politici si fossero posti qualche domanda, avrebbero facilmente potuto darsi una risposta, quanto meno alla Marzullo.
Il giorno prima del meeting per la pace il Ministro degli Esteri Russo, Sergej Viktorovič Lavrov, precedendo di un giorno l’arrivo del suo presidente Putin, ha mostrato al mondo il progetto per niente occulto a cui i governanti tendono, mostrando una felpa recante la scritta CPPP, che in cirillico significa “Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche”, chiarendo senza equivoci quali siano le cosiddette ragioni profonde per la guerra contro gli Ucraini: il vero motivo è inoltre confermato dalla richiesta di usare la lingua russa come lingua ufficiale per l’Ucraina in vista della futura annessione del Paese.
In compenso il Tycoon ha contrattato come al suo solito e Putin lo ha sostenuto affermando che bisogna incrementare il basso livello di commercio, confermando con quelle parole che di fatto per gli USA le sanzioni non sono state di fatto seriamente applicate.
La conferma di quanto sopra la avremo lunedì quando Zelensky sarà accusato di far fallire il tentativo di Trump, per non accettare la capitolazione che gli offrirà.
Ripensando alla Bandiera Europea non posso che ricordare Cronin: “E le stelle stanno a guardare”.
*già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno







