Il Battistero di San Giovanni in Fonte, tra i più antichi d’occidente.
All’interno dell’ampio altopiano del Vallo di Diano, a sud della Campania, non lontano dalla famosa Certosa di San Lorenzo, sorge il Battistero di San Giovanni in Fonte, luogo sacro tra i più antichi di tutto l’occidente, posto nell’antico borgo di Marcellianum, nei pressi della Civita di Cosilium (l’attuale Padula) in quell’area dell’Italia meridionale appartenente, allora, alla Lucania e ai Bruzi (antico popolo di stirpe italica).

Le prime testimonianze della fonte battesimale sono da attribuire ad Aurelio Flavio Cassiodoro politico, storico e letterato romano vissuto sotto il regno romano-barbarico degli Ostrogoti e, in una fase successiva, sotto l’Impero romano d’Oriente.

In uno dei suoi tanti scritti contenuti all’interno delle “Variae” (composte tra il 537 e il 540 d.C.) in una lettera destinata al re Atalarico, parlando sia di una Fiera che aveva luogo in quei territori e dei disordini scaturiti ai danni della stessa, sia di un miracolo, che avveniva nella notte di Pasqua all’interno della fonte battesimale, Cassiodoro così scriveva con estrema minuzia: “Da una indagine capillare ho appreso che, in un luogo della Lucania che prese il nome di Leucotea dall’antica supertizione, dall’estrema purezza della fonte ivi situata, c’è la più grande fiera in tutto il paese circostante. Tutto ciò che la industriosa Campania, o l’opulento Bruzio, o l’allevamento di bestiame calabrese, o la forte puglia produce, è lì per essere esposto per la vendita, a condizioni tanto ragionevoli che nessun acquirente va via insoddisfatto… e qui c’è in verità una meravigliosa fonte, piena e fresca, e di una trasparenza così terza che, quando la guardi, sembra di guardare attraverso l’aria. Pesci scelti nuotano nella piscina, perfettamente addomesticati, perché se qualcuno presume di catturarli, sente presto la vendetta divina. Il mattino che precede la notte santa (di San Cipriano), non appena il sacerdote inizia a pronunciare la preghiera battesimale, l’acqua inizia a salite sopra la sua altezza abituale. Generalmente copre solo cinque passi del pozzo, ma l’elemento grezzo, come se si preparasse per miracoli, comincia a gonfiarsi, e alla fine copre due gradini in più, mai raggiunti in nessun altro momento dell’anno. Davvero un miracolo stupendo, che i flussi d’acqua dovrebbero quindi rimanere fermi o aumentare al suono della voce umana, come se la stessa fontana volesse ascoltare il sermone.” (Variae VIII 33). Si comprende che la struttura sia già presente all’inizio del VI secolo, di fatto, presumibilmente essa fu realizzata alle fine del IV secolo d.C. Distrutta solo parzialmente durante la Guerra greco-gotica (metà VI secolo d.C.) e, probabilmente anche a causa dell’occupazione longobarda e delle successive incursioni saracene, il battistero passa, successivamente nelle mani dei benedettini e in un secondo tempo dei Cavalieri dell’Ordine dei Templari. Divenne, successivamente, grancìa della Certosa di Padula e poi chiesetta dove si officiava la messa fino ai primi anni del ‘900. Tra i numerosi storici e archeologi che hanno approfondito la conoscenza di questa antichissima fonte battesimale, vanno citati: Maria Carla Gallo, Vittorio Bracco, Rosa Fiorillo, Marco Ambrogi. Posizionata su di una fonte perenne, la struttura insiste su un precedente luogo di culto pagano, un ninfeo, reimpiegando inizialmente elementi di spoglio di epoca romana e inglobando la vasca battesimale, le gallerie laterali e l’ambiente ad ovest a pianta rettangolare absidale.


La funzione di battistero (dove il battesimo avveniva per immersione dei fedeli), a pianta centrale, è ben individuabile in particolare dal VI secolo d.C; gli archi a tutto sesto, posti al centro della struttura, reggevano, molto probabilmente, anche una cupola. Durante l’XI secolo, grazie ad una donazione da parte dei normanni ai benedettini di Venosa, il luogo sacro assunse una pianta rettangolare diventando, a tutti gli effetti, non solo ed esclusivamente fonte battesimale ma anche basilica cristiana. La struttura presenta tre ambienti con un secondo piano ricavato sul piano centrale. Sotto i Cavalieri di Malta, l’immobile viene ristrutturato probabilmente a seguito del terremoto del 1456. Ad oggi, la chiesa è il risultato di ulteriori trasformazioni operate tra il XVII e il XVIII secolo, che vedevano la realizzazione del portico e dei contrafforti, mentre nel corso dell’800 buona parte della struttura viene abbandonata anche a causa della chiusura, nel 1866, della vicina Certosa.
Restava ancora attivo l’ambiente ovest, su cui è posizionata l’altare. Sulle cuffie (pennacchi) della cupola che sormontava la vasca battesimale sono state ritrovate, nel corso di alcuni sopralluoghi del 1960, lacerti di affreschi, attualmente conservati nella Certosa di Padula, raffiguranti i quattro Evangelisti. Lo stile pittorico richiama elementi d’epoca romano tardo-antico e quelli imperiali del VI e VII secolo.
Sulla parete dell’abside sono ancora visibili una teoria di santi che affiancavano, probabilmente, Cristo posto al centro, risalente all’epoca della trasformazione della fonte battesimale in cappella, in cui è evidente un richiamo alle decorazioni pittoriche dell’XI secolo della chiesa di Sant’Angelo in Formis a Capua.
Tra il 1985 e l’87, la chiesa è stata sottoposta a un generale restauro, mentre l’area in questione è rientrata nel Progetto cofinanziato dall’Unione Europea mediante il Fondo europeo di sviluppo regionale (F.E.S.R.) POR Campania 2000-2006 -Asse 2- . Anche se attualmente le condizioni della chiesa e soprattutto dell’area verde circostante sono in un degrado dilagante, si auspica un deciso e concreto intervento di recupero totale.
