Il Racconto della Domenica: Kelly a primavera

di Andrea Bloise*

Quando una stagione si insedia, la prima conferma è nell’aria. E che la primavera avesse ormai scalzato l’inverno, Kelly se ne era accorta non appena sollevato il portellone del garage. Freschetto e tepore giocavano ad acchiapparella tra le pareti delle palazzine basse tipiche del suo quartiere e l’asfalto del vialetto, cercandosi tra le fessure delle inferriate che recintavano giardini e orti dei vicini e rincorrendosi su balconi e finestre, in equilibrio tra ringhiere e davanzali.

Da questo gioco climatico, Kelly fu catturata, a tal punto da scattare incurante della sua compagna di passeggiata, presa com’era da quel prismatico modo d’essere della primavera che di buon mattino l’aveva sorpresa, regalandole colori a lei noti rigenerati e vividi e odori esponenzialmente più pregnanti e comunicativi. Il cielo terso e il profumo d’erba tagliata la obbligavano a muovere le sue gambe solo apparentemente sottili e docili ma che, all’azione, confessavano una muscolarità importante e una vocazione cinetica potente, difficile da trattenere e controllare.

Un anziano spettatore, dedito alla cura di un paio di piante da balcone, non poté che rinunciare temporaneamente al suo lavorio per godersi lo spettacolo di Kelly, le cui biondure si accendevano e spegnevano a rapida intermittenza al passaggio da zone più adombrate alle porzioni di mondo, in quel momento del giorno, più assolate. Restò a osservarla con in mano alcune foglie di menta già secche e, per questo, staccate dalla pianta, a permetterne una rigenerazione perfettamente consona all’avvio della primavera. Gli solleticava non solo il gusto della libertà che solo una passeggiata primaverile può dare, lo divertiva. Ancor più se, a completare la scena, c’era la compagna di Kelly che a stento le stava dietro, col braccio proteso a chiedere di essere aspettata e qualche divertente improperio in un dialetto non ben definito, forse un linguaggio comune solo alle due.

Per fortuna, il vigore di Kelly ogni tanto concedeva una tregua e, per la sua compagna, starle al fianco a tratti era possibile. Ma, poi, la meraviglia la riattivava e, di nuovo, prendeva a guadagnare distanza, tanto urgente era percepire quanto nuova potesse essere quella porzione di mondo, seppur nota e vissuta ogni giorno: erba, calore, venticello, tutto era solito ma, al tempo stesso, completamente inconsueto quel mattino.

E, allora, dritta a fendere l’aria col suo nasino schiacciato, registrando conoscenze e sensazioni, mentre, con i suoi occhi malinconici, rimandava al mondo emozioni pure e candide. Perché era così, Kelly, ingenua e leale; anche sfuggente, a volte, ma amabile e affettuosa.
Eppure, neppure lei poteva dirsi immune alla vita e alle sue più stringenti necessità, a quelle fisiologiche urgenze che ti sottraggono all’azione ludica e sognante per ricordarti che, in fondo, sei un ingranaggio progettato in modo ben preciso per funzionare e che, alle regole di quello stesso meccanismo, devi arrenderti. Si arrestò, si guardò intorno per comprendere se la sua compagna fosse accanto a lei per sostenerla e proteggerla; la fissò per un breve istante come a scusarsi di quel suo bisogno egoistico della sua presenza. E si lasciò andare a fare la cacca esattamente al centro del viale mentre il guinzaglio a molla si riavvolgeva nel guscio di plastica rigida con su scritto “Kelly”.

 

*scrittore di narrativa e attore di teatro 

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