100 anni di radio: tra media, storia e politica.

di Maria Beatrice Russo-

All’Università degli Studi di Salerno, nell’ambito degli incontri di Open Class (in questo caso in collaborazione con Filmidea) promossi dal professor Alfonso Amendola, si è tenuto oggi uno stimolante incontro sulla storia della radio che ha permesso ai presenti di comprendere l’enorme potenziale di questo medium. Le riflessioni sono scaturite dal libro “Radiodays. La radio in Italia da Marconi al web” (il Mulino, Bologna, 2024) del professor Andrea Sangiovanni dell’Università di Teramo ospite dell’incontro.

A coadiuvare il dialogo con Amendola erano presenti la professoressa Mariangela Palmieri e il professor Marcello Ravveduto entrambi studiosi attenti al peso dei media nella storia.

La prof.ssa Palmieri propone a Sangiovanni di iniziare a raccontare di questi cento anni di radio al ritroso, partendo dal presente, dunque « cos’è la radio oggi? ».  Sangiovanni definisce la radio come parte di un ecosistema dei suoni ben più ampio di quello del  Novecento, e in questo mondo sonoro riesce ancora a resistere strenuamente nonostante il sistema dei media ci sembri dominato dall’immagine. Storicamente la radio è sempre riuscita a sopravvivere a tutti e nuovi media e sconvolgimenti sociali conseguenti, ha superato la dimensione puramente domestica per travalicare il confine delle nostre case e diventare un medium in movimento. Oggi la radio è strettamente connessa al video, ma non per questo ha rinunciato alle sue caratteristiche e alla sua autonomia; ciò è stato possibile grazie a una specificità del medium, si ascolta in solitudine ma contemporaneamente si ha la percezione di essere parte di una grande comunità. Grazie alle nuove tecnologie ha si è anche aperta a una fruizione in differita.

Il prof Ravveduto, invece, riprendendo questa doppia dimensione della radio, chiede al collega di approfondire il ruolo di questo medium durante il regime fascista e nella prima metà del Novecento. Sangiovanni racconta che entrambe le dimensioni sono funzionali alla propaganda fino a costruire una bolla sonora intorno al paese da cui è impossibile sfuggire in un totale controllo mediale. Secondo il prof Sangiovanni non esiste una vera e propria controinformazione ma piuttosto si può definire contropropaganda. Le radio fasciste arrivano addirittura a fondare finte radio di resistenza per scoraggiare i loro nemici.

Il prof Amendola sottolinea come la comunicazione radiofonica sia sfruttata anche come dimensione della libertà. E, in un salto temporale verso gli anni Sessanta e Settanta, stimola Sangiovanni a raccontare la rivoluzione delle radio libere e di Danilo Dolci. Quest’ultimo fondò la prima radio libera d’Italia esponendosi in prima persona per dare voce a chi voce non ce l’ha. La radio della nuova resistenza denuncia le condizioni della vita dei siciliani dopo il terremoto.

E ancora tema caldo è l’influenza della politica sulla radio, alcune esperienze, come quella di Radio popolare, non intendono avere un filtro di mediazione delle informazioni per non snaturare la realtà dei fatti. Esistono poi le radio di partito sfruttate da queste per creare coesione sociale. Fino a Radio parolacce, uno spaccato di un’Italia ormai abbrutita.

L’incontro è stato un’occasione di raro approfondimento che ha permesso ai presenti, in particolare agli studenti, di avvicinarsi a un medium che oggi può sembrarci lontano ma che è sempre presente seppur in forme diverse.

 

Maria Beatrice Russo

Ultimi articoli di Maria Beatrice Russo