Giovanni Toti si è dimesso
di Pierre De Filippo-
Giovanni Toti, governatore della Liguria, alla fine si è dimesso. Il passo ormai era atteso, un po’ come quello di Joe Biden per la corsa alla Casa bianca ma, come per Joe Biden, quando è arrivato ha fatto rumore.
Ed ha fatto rumore perché in tanti – avvocati, politici, costituzionalisti – hanno criticato il modus operandi della magistratura che si è occupata del caso per la quale finché Toti fosse rimasto in carica avrebbe sempre potuto reiterare il reato e, quindi, necessitava delle conseguenti misure di custodia cautelare. Nel suo caso, gli arresti domiciliari.
Di cosa è accusato Toti? Di, verrebbe da dire, una classica storia di mazzette, di rapporti ambigui tra politica e imprenditoria. Di malcostume italico, potremmo dire se anche da noi ci fosse la polizia morale che imperversa dalle parti di Teheran e non solo. Lui, la giunta, l’imprenditore Spinelli, il funzionario comunale: fare l’esegesi dell’accaduto, prima ancora che un solo giudice si sia pronunciato, mi sembra attività inutile. Smentibile. E riempire una ricostruzione di ‘forse’, ‘si dice che’, ‘si sospetta che, ‘si ipotizza’, non mi sembra elegante.
Ed è proprio questo l’elemento più qualificante e, soprattutto, scabroso dell’intera vicenda: imporre ad un governatore democraticamente eletto di scegliere tra il proprio ruolo, e il suo esercizio, e la sua libertà. Una partita impari.
Cosa succederebbe se, un domani (molto probabilmente un dopodomani, visti i tempi biblici della nostra giustizia), si scoprisse che Giovanni Toti nulla aveva fatto di ciò di cui oggi è accusato? Contro chi dovrebbe prendersela e, peggio ancora, contro chi dovrebbero prendersela i circa quattrocentomila (!) elettori liguri che gli avevano accordato la loro preferenza?
Dov’è andato a finire il garantismo?
Dov’è andato a finire lo stato di diritto?
Potrebbe mai un uomo sotto inchiesta per reati contro la Pa reiterare il reato? Come se non avesse telefoni sotto controllo, cimici dappertutto e collaboratori spiati?
È proprio questo – il do ut des – che cozza con la decenza. Le carceri italiane – siamo arrivati al cinquantanovesimo suicidio dall’inizio dell’anno – sono, lo sappiamo, sovraffollate. Un terzo, si stima, della popolazione carcerario è costituito da persone sottoposte a carcerazione preventiva, cioè che non sono mai state condannate nemmeno in primo grado. Si teme che…motivo per cui è preferibile che stiano…per evitare che…
Ma il dado ormai è tratto e la regione tornerà al voto in autunno, insieme all’Umbria e all’Emilia Romagna.
Edoardo Rixi, vice di Salvini alle Infrastrutture e leghista di ferro, si è già sfilato. “È preferibile un civico”, ha detto. E la coalizione di governo dovrà provare a non spaccarsi, almeno su questo.
Sull’altro fronte, quello del centrosinistra, da ormai mesi si fa il nome dell’ex Guardasigilli Andrea Orlando, che contro Toti ha portato avanti una vera e propria crociata.
Ma adesso anche lui nicchia. Sa che, se dovesse perdere nella sua regione, il proseguo della carriera potrebbe essere a rischio o, comunque, fortemente limitato.
Staremo a vedere, manca ancora del tempo.
Ma questa pagina, pagina di politica e di magistratura atto ennesimo, rimarrà; rimarrà come monito e come precedente. Rimarrà per chi vorrà ricordarla.
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