E’ morto Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia e della regina Maria Josè
di Claudia Izzo-
Avrebbe compiuto 87 anni il prossimo 12 febbraio ma stamane alle ore 7.05, la Real Casa di Savoia ha annunciato la morte, avvenuta a Ginevra, circondato dall’affetto dei suoi cari, di Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele, Duca di Savoia e Principe di Napoli.
Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria; per tutti Vittorio Emanuele di Savoia è il figlio dell’ultimo re d’Italia, Umberto II e di Maria Josè del Belgio, sovrani dal 9 maggio al 18 giugno 1946.

Figlio, dunque, della coraggiosa Regina di Maggio, sovrana consorte con il più breve regno nella storia dell’Italia unita che macchinò il colpo di stato che avrebbe salvato l’Italia dal Fascismo ormai in ginocchio, accordandosi con Rodolfo Graziani, con il capo della polizia Arturo Bocchini, con Pietro Badoglio come comandante in capo; azione che avrebbe sostituito Benito Mussolini con un «avvocato milanese antifascista», probabilmente Carlo Aphel, costringendo Vittorio Emanuele III ad abdicare in favore di Umberto.
Questi, a sua volta, d’accordo con la moglie, avrebbe abdicato immediatamente in favore del piccolo Vittorio Emanuele. Il piano, che verrà scoperto, pericoloso e lungimirante, vedeva coinvolti anche Italo Balbo, l’anglofilo Dino Grandi e l’antitedesco e ambizioso genero del Duce, Galeazzo Ciano, tutti d’accordo.
Vittorio Emanuele di Savoia resterà per sempre il re mancato, principe ereditario con il divieto di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, il 1 Gennaio 1948, per gli ex-sovrani, loro consorti e discendenti maschi di casa Savoia. Vivrà in esilio in Svizzera con la moglie Marina Doria ed il figlio Emanuele Filiberto nato nel 1972.
Il matrimonio ostacolato e l’assegnazione ereditaria sfumata del titolo di capo di Casa Savoia
Dopo un lungo e contrastato fidanzamento durato circa tredici anni, Vittorio Emanuele sposa l’ex sciatrice nautica Marina Doria, civilmente l’11 gennaio 1970 a Las Vegas e, religiosamente, il 7 ottobre 1971 a Teheran, sanando la condizione borghese della fidanzata grazie al padre che, in qualità di “Re d’Italia” emana un “decreto reale” col quale conferisce a Marina Doria il titolo di duchessa di Sant’Anna di Valdieri. Questo episodio, non del tutto chiarito, sarebbe poi alla base delle controversie successive in merito all’assegnazione ereditaria del titolo di capo di Casa Savoia. Secondo alcuni, infatti, si dovrebbe considerare il cugino Amedeo di Savoia-Aosta e, a seguito della morte di questi, il figlio Aimone di Savoia-Aosta, il vero capo del casato, già sposato con regio assenso con una principessa d’Orléans, figlia del pretendente al Trono di Francia, (matrimonio annullato dalla Sacra Rota nel 1987). E’ infatti sull’ Annuario della nobiltà italiana, alla voce “Real Casa di Savoia”, che si legge l’avvenuta perdita di Vittorio Emanuele di Savoia di tutti i titoli dinastici dopo il matrimonio con Marina Doria del 1970, nessun titolo nobiliare o dinastico risulta al figlio Emanuele Filiberto, titoli attribuiti invece ad Amedeo di Savoia dal 1970.

Le distanze prese dalle leggi razziali promulgate dal nonno
E’ soltanto nel 2002 che viene abolita la norma costituzionale che obbligava gli eredi maschi di Casa Savoia all’esilio e Vittorio Emanuele prende le distanze dalle leggi razziali contro le persone di origine ebraica, firmate da Benito Mussolini in qualità di Capo del Governo e promulgate dal nonno, re Vittorio Emanuele III.
La rinuncia alla pretesa dinastica e la richiesta di risarcimento
Accettata la fine della monarchia, Vittorio Emanuele con il figlio Emanuele Filiberto, giura fedeltà alla Costituzione repubblicana ed al Presidente della Repubblica rinunciando in tal modo esplicitamente a qualunque pretesa dinastica sullo Stato italiano. Ma è nel 2007 che chiede allo Stato Italiano 260 milioni di euro come risarcimento per l’esilio, oltre alla restituzione dei beni privati confiscati dallo Stato nel 1948, contraddicendo però ciò che egli stesso aveva dichiarato in precedenza e chiama in causa nel 2022 lo Stato Italiano per la restituzione dei gioielli di famiglia Savoia custoditi dalla Banca d’Italia.
Indagato, arrestato, “Anche se avevo torto… devo dire che li ho fregati”
E’ negli anni ’70 che viene indagato per traffico internazionale di armi verso alcuni paesi mediorientali posti sotto embargo, indagine poi archiviata.
Nel 1978, nella notte tra il 17 ed il 18 agosto, poi, sull’isola di Cavallo in Corsica, a seguito del furto del gommone di Vittorio Emanuele da parte di conviviali del chirurgo playboy Nicky Pende e di una lite, Vittorio Emanuele prese il suo fucile e sparò due colpi di carabina. Uno di questi raggiunse la gamba del 19enne Dirk Hamer, mentre dormiva su una barca di amici al largo dell’isola di Cavallo in Corsica. Il ragazzo morirà nel dicembre dello stesso anno dopo una lunga agonia. La barca di Vittorio Emanuele fu velocemente fatta smantellare senza che le autorità francesi potessero perquisirla. Inoltre, il calibro ed il rivestimento dei proiettili che ferirono il giovane risultarono diversi da quelli in dotazione alla carabina di Vittorio Emanuele a cui fu contestato, senza però addurre alcuna prova, di aver effettuato una sostituzione d’armi. Processato dalla Corte d’Assise di Parigi, Vittorio Emanuele venne assolto dall’accusa di omicidio preterintenzionale. Poi la svolta arriva nel 2006: da un’intercettazione ambientale disposta dalla Procura nella cella del carcere di Potenza in cui Vittorio Emanuele era rinchiuso emerge la sua confessione fatta al compagno di cella: era stato lui a sparare e a colpire il giovane, vantandosi, inoltre, di essere uscito vittorioso dalla vicenda. «Anche se avevo torto… devo dire che li ho fregati. È davvero eccezionale: venti testimoni, e si sono affacciate tante di quelle personalità importanti. Ero sicuro di vincere. Io ho sparato un colpo così e un colpo in giù, ma il colpo è andato in questa direzione, è andato qui e ha preso la gamba sua, che era steso, passando attraverso la carlinga.”Il 24 febbraio 2011 l’intercettazione è stata pubblicata in rete dal sito del Fatto Quotidiano.
Iscritto alla Loggia P2, accusato di corruzione, concussione, gioco d’azzardo, falso e sfruttamento della prostituzione
Con la tessera 1621 Vittorio Emanuele è risultato iscritto alla loggia massonica P2 di Licio Gelli che assunse forse deviate rispetto agli statuti ufficiali della Massoneria del Grande Oriente d’Itala ed eversive nei confronti dell’ordinamento giuridico italiano.
Nel 2006 fu il Tribunale di Potenza, su richiesta del PM Henry John Woodcock, ad ordinare l’arresto del figlio dell’ultimo re d’Italia con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, e associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell’ambito di un’indagine legata al casinò di Campione d’Italia. In seguito ad una parziale ammissione dei fatti che gli sono stati addebitati, per decisione del GIP di Potenza, è stato messo agli arresti domiciliari a Roma, poi revocati gli arresti domiciliari, gli fu imposto il solo divieto di espatrio. Al suo rilascio, dichiarò alla stampa: «Se uno è in cerca della giustizia, alla fine la trova. La vita, a volte, è davvero molto strana: ho atteso cinquantasei anni per rientrare in Italia, e ora non la posso più lasciare.»
A soli otto giorni dalla propria liberazione, il 28 luglio 2006, in una telefonata ad un conoscente, Vittorio Emanuele dichiarò: «Questi giudici sono dei poveretti, degli invidiosi, degli stronzi. Pensa a quei coglioni che ci stanno ascoltando: sono dei morti di fame, non hanno un soldo. Devono stare tutto il giorno ad ascoltare, mentre probabilmente la moglie gli fa le corna.»
Assolto poiché il fatto non sussiste. Il 23 febbraio 2015 Vittorio Emanuele di Savoia ha ottenuto un risarcimento di 40.000 euro per i giorni trascorsi in cella da innocente.
I funerali del principe che non divenne mai re, si svolgeranno sabato 10 febbraio alle 15 a Superga.
