Dal politeismo all’agnosticismo

di Giuseppe Moesch*

Ho molti conoscenti ed un numero limitato di amici: tra questi ne annovero due che dividono il tempo con me e che esprimono il loro affetto senza retropensieri, semplicemente desiderando di ricevere anche da me lo stesso sentimento che essi nutrono nei miei confronti; una è nera e l’altro biondo tendente al castano e a differenza di me camminano a quattro zampe, anche se talvolta quando desiderano abbracciarmi si sollevano su due.

I miei due amici Labrador sono istintivamente spinti ad apprezzare la compagnia dei cospecifici, sono, come si dice in gergo, animali da branco, ed io e mia moglie siamo gli altri componenti del loro gruppo, e come tutti gli altri riconoscono gerarchie che si formano naturalmente e che sono riconosciute da tutti.

Nel nostro branco sono accettato come maschio alfa e mia moglie come femmina alfa, mentre, tra i due, la femmina, di due anni più grande, ha dovuto accettare, che il maschio, una volta cresciuto, assumesse il suo ruolo naturale, anche se continuamente cerca di riaffermare la sua primazia.

Sono territoriali, ovvero non amano le intrusioni di altri ma quando qualcuno arriva a casa bussando alla porta sono estremamente felici ed espansivi.

Quando escono di casa cercano le tracce di altri cani e sono abbastanza felici di riconoscerli a meno di qualche caso in cui l’incontro avvenga con qualcuno stressato particolarmente aggressivo che incita anche loro ad esserlo.

Si esprimono con un linguaggio fatto di latrati, ululati, guaiti, mugolii, ringhi variamente modulati e facilmente comprensibili da parte degli altri animali, mentre da un paio d’anni la femmina ha cominciato a tentare di emulare il nostro linguaggio fatto di versi molto diversi, ad imitazione del nostro parlare, accompagnati da movimenti del capo, rivolti ad esempio al luogo dove sono conservati i biscotti o tesi ad indicare la porta di casa per comunicarci che vuole uscire, o ancora quando è giunta l’ora dei pasti viene a reclamare, con altri versi diversi, accompagnati da pressioni di una delle zampe anteriori sulle nostre braccia o gambe.

La cosa che fa veramente tenerezza è il comportamento che manifestano quando sono in difficoltà, ad esempio quando sono sofferenti, e chiedono aiuto a noi pensando, sottolineo pensando, che potremmo essere in grado di risolvere il loro problema, accettano anche se malvolentieri le medicine, ma sempre nella certezza che noi siamo in grado di aiutarli.

Questo rapporto fiduciario è lo stesso che noi esseri viventi appartenenti ad una specie diversa abbiamo maturato nel tempo e che ci hanno spinto, riuniti in piccoli branchi, ad aggregarci ed in seguito, prima a vedere nei fenomeni naturali la presenza di entità superiori capaci di condizionare la nostra esistenza o addirittura di poterci danneggiare o ucciderci e di conseguenza di rivolgersi a quelle entità superiori pregandole di tutelarci.

La nostra ignoranza su quei fenomeni ci ha indotti, agli albore della civiltà, a crearci un pantheon a cui rivolgerci e soltanto la conoscenza di alcuni individui più attenti, che hanno sacrificato una parte del loro tempo destinandolo all’osservazione, ci ha permesso di superare quella fase e di scoprire le leggi della natura ed insegnarci come affrontarle e combatterle e superarle.

Ovviamente lo sciamano, lo stregone che conosce le erbe e loro proprietà curative, acquisisce potere come guaritore magico e va a formare quel gruppo di interpreti,  se si vuole, di tramite verso quelle entità della natura che, vedendo il ripetersi di fenomeni celesti, impara a predire una eclissi o l’avvicinarsi di una tempesta.

Non tutti gli esseri hanno la stessa capacità di comprensione e molti preferiscono conservare le loro convinzioni mantenendo quel pantheon di divinità fino a quando qualcuno, proiettando le gerarchie che vigevano nei clan, non ha ritenuto di individuare un capo all’interno di quelle truppe divine e decidere successivamente che un solo dio avesse fatto il tutto ed avesse la capacità di concentrare in sé tutto il potere.

La paura di morire, che è la conseguenza della nostra capacità di essere consapevoli della ineluttabilità dell’evento morte, ci ha condotto alla formazione dell’idea di una sorta di esorcizzazione dell’evento ed alla speranza di una possibile continuazione della nostra esistenza in un mondo alternativo declinato in modo diverso come diverse erano state le strade attraverso le quali si era giunti alla concezione di quella speranza.

Nel mondo indiano la soluzione è stata trovata nella reincarnazione e nel passaggio attraverso le caste, risolvendo così anche il problema dell’ordine sociale. In altri ordinamenti si è pensato di risolvere il problema attraverso il mantenimento del pantheon allargato ed in altri ancora, imponendo un dio unico, accentuando però la figura del tramite, dell’interprete e del veicolatore dei desiderata del popolo bue, ottenendo anche in questo caso il controllo della società.

Il modello ha riscosso un grande successo presso il popolo ebraico, influenzando gli egizi, anche se questi ultimi hanno compreso subito che si trattava di una mina vagante che avrebbe messo in discussione il potere dei sacerdoti, modello poi modificato in parte dai cristiani e dopo ancora dai mussulmani.

Il potere carismatico di alcuni profeti, politici pro tempore, ha permesso ai vari successori di migliorare il meccanismo; forse il più abile è stato Maometto, l’uomo che ha meglio compreso ed assecondato i bisogni dei suoi interlocutori per i quali ha ideato un paradiso con tutte le caratteristiche terrene positive, magistralmente ampliate, comprendente tutti i benefit che normalmente sono concessi solo ai potenti, affermando che sarebbero stati disponibili per tutti, purché ossequiosi e ligi al dettato del Corano.

Era inoltre previsto anche un premio fedeltà finale, magnificato in caso di martirio per la fede, in un pacchetto tutto compreso che includeva un mondo fatto di pietre preziose, di fiumi di latte e miele, l’uso continuo di 92 Uri, ovvero giovani vergini a disposizione del martire, che dopo lo stupro ritornavano nuovamente vergini, ed un’erezione di un mese, pacchetto certamente più attraente di un paradiso nel quale il privilegio consisteva nella contemplazione di Dio.

Inoltre il profeta si pronunciò sulla parte più rilevante ovvero sull’immutabilità della legge coranica e sulla impossibilità di modificarla e di interpretarla, specificando infine di essere l’ultimo profeta.

Ometto tutte le altre varianti disponibili a livello planetario, che sono in fondo variazioni sul tema; resta solo da notare che i presupposti su cui tutte le credenze si basano sono la paura della morte da esorcizzare con la speranza di un’altra vita migliore e la certezza che deriva dalla fede che gli adepti manifestano, in alcuni casi supportati da fenomeni inspiegabili, miracolosi, che vengono riportati per corroborare le affermazioni.

C’è di fondo la consapevolezza dell’ignoranza dei destinatari, il terrore per la morte e la ineluttabilità dell’evento, oltre ovviamente la possibilità per i mediatori, ovvero il clero e chi se ne serve, di poter controllare la società.

Alcune religioni si sono adattate nel tempo al mutare della società e allo sviluppo delle conoscenze, anche se per giungere a questo si è dovuto passare attraverso periodi di barbarie, basti pensare alle crociate, o ai vari Giordano Bruno, per la religione cattolica, anche se questo ha comportato la modificazione della platea e dei territori nei quali essa si era radicata.

Il superamento legale delle caste, ma non quello sostanziale, ha avuto non pochi effetti in India compresa la crescita della componente islamica.

L’atavica avversione per la religione ebraica, partita con l’accusa di deicidio, si è manifestata con la ghettizzazione di quei credenti sempre più arroccati sulle loro tradizioni che hanno acuito sempre più l’odio nei loro confronti che hanno portato tra l’altro ai pogrom ed all’olocausto da parte di chi, di volta in volta, ha cercato un nemico sul quale concentrare le tensioni politiche interne e rafforzare il potere.

La sola religione monoteistica che ha visto da subito crescere la propria platea di adepti, è stata quella musulmana, segnatamente al crescere del numero di diseredati vittime prima della schiavitù di regimi autoritari imperialistici, poi del colonialismo ed infine della dittatura economica e dello sfruttamento economico.

Il richiamo di quel paradiso, e la possibilità di ottenere quel benessere irraggiungibile ostentato da parte dei dominanti, ha portato al radicamento nei popoli del medio oriente e ormai da tempo anche dell’estremo oriente, della convinzione che sia giunto il tempo di riscattare la propria posizione anche a costo della vita, sotto la spinta di leader politici senza scrupoli e di esponenti di Stati teocratici tesi  all’ampliamento del proprio potere.

La mancanza di rispetto per l’alterità di culture, religioni e stili di via differenti, uniti alla ignoranza e alla speranza di una soluzione salvifica da parte di una entità superiore, impedisce di cercare  e trovare soluzioni di compatibilità tra popoli con storie ed esperienze diverse, a questi elementi si aggiungono le stolte soluzioni per problemi reali ma mal gestiti come è accaduto per mantenere il controllo sui territori da parte delle ex nazioni coloniali, con la creazione di stati con confini tracciati a tavolino o la soluzione trovata per Israele.

Appare quanto meno singolare trovare giustificazionisti della violenza, dal Nagorno Karabak, all’Ucraina, dal Libano alla Palestina sulla base di un diritto reale, cioè sulla proprietà della terra sulla quale insistono certi insediamenti; ho letto una discussione sul fatto che gli ebrei avevano comprato la terra prima ancora della decisione ONU di creare lo Stato di Israele, ho letto che la terra è Palestinese perché c’erano prima loro.

Ma la domanda è: “ma a quanto tempo prima si dovrà risalire ? ”.

Ognuno di noi potrebbe rivendicare un pezzo del Kenya o del Kalahari perché sicuramente un qualche lontanissimo proprio antenato avrebbe vissuto su un qualche albero in quella zona, ovviamente tale richiesta sarebbe da idioti, vorrebbe dire ridurre tutti i problemi ad una mera visione economicistica.

Pensare ad una identità territoriale in aree di confine è cosa complessa: da sempre quelle aree sono difficilmente identificabili in maniera chiara; le sfumature derivanti dalla convivenza sono difficili da gestire, i conflitti possono diventare duri quando gli interessi in gioco possono significare la sopraffazione di un gruppo sull’altro, ma certamente è assai più difficile in spazi aperti dove il nomadismo è la forma più diffusa di uso del suolo.

Nella maggior parte degli Stati le caratteristiche sociali e culturali sono gli strumenti identitari che possono permettere di creare una associazione biunivoca tra spazio e possesso.

Ovviamente quando ci sono guerre di conquista, la sovrapposizione porta alla confusione ed all’ annacquamento di quelle identità, e lo sapevano bene i romani di un paio di millenni or sono; dopo la conquista di territori facevano sposare i legionari con le figlie dei vinti ed imponevano la propria lingua.

Ancora oggi alcuni Stati nei quali la democrazia non è certamente di casa, applicano soluzioni di questo tipo, deportando gli autoctoni e sostituendo ad essi gente proveniente da zone diverse con lingua, cultura e religione in alcuni casi molto diverse da quelle locali.

E stranamente questi fenomeni si sono verificati in aree nelle quali i confini naturali sono labili, in assenza di grandi fiumi o di catene di montagne per cui era difficile impedire il dilagare di genti alla ricerca di condizioni di benessere maggiore. Pensiamo alle distese del centro Asia, o alle aree della Persia o dell’India o dei deserti mediorientali, ed alle conseguenze delle conquiste europee in sud America, dove intere civiltà sono state annientate e le identità cancellate o lasciate come fenomeni residuali in piccole enclave e tutte le scelte sul destino di quelle zone sono nelle mani dei conquistatori.

Possiamo accettare oggi rivendicazioni di questi eventi passati basandoci sulla violenza, ed affermare che siano legittimate in quanto derivati da altri atti di violenza e non comprendere le legittime reazioni di chi subisce oggi quegli ignominiosi assalti? Possiamo credere che non possano esistere soluzioni alternative?

Il problema più drammatico si avrà nei casi in cui una volontà immanente condizionerà i comportamenti degli uomini; se sono pervaso da fanatismo religioso, non sentirò ragioni e combatterò fino alla fine per annientare il mio nemico, anche per il premio fanale che meriterò per le mie azioni, e sarò disposto anche a sacrificare oltre a me stesso anche i miei figli, i miei fratelli, i miei genitori e la mia gente nella certezza di essere nel giusto.

La certezza di essere portatori di verità è alla base di tutte le religioni monoteistiche.

In nome di quelle verità ogni ignominia è stata accettata e promossa.

La forza di Roma è stata di inglobare nel proprio pantheon tutte le divinità provenienti dalle diverse aree conquistate, e la sua crisi nasce tra l’altro quando alcuni imperatori decisero di farsi acclamare ed adorare come divini in contrapposizione alle credenze monoteistiche.

In base alle esperienze fatte dagli altri Maometto ha saputo rendere più prossima alle aspirazioni umane la propria visione dell’aldilà.

Solo il passaggio attraverso la cultura potrà porre rimedio e superare quelle impostazioni.

Accettare l’alterità e tollerare gli altri oltre che noi stessi sono azioni difficili da attuare, e non si risolvono con le rivendicazioni di parte derivate fuori dai contesti a suffragio di tesi precostituite, che sono oggi quelle manichee visioni a supporto di parti politiche che si sostituiscono come nuovo clero a difesa di bassi interessi personali.

Non provo odio nei confronti di chi ha cultura diversa dalla mia purché rispetti la nostra comune identità di essere vivente, senza differenze di colore della pelle, di forma degli occhi, di lingua e non ritenga di essere portatore di verità assolute.

Il mio rapporto con i Labrador vive del rispetto reciproco; io lo ho imparato nel tempo, loro lo sapevano già.

 

*già Professore presso l’Università degli Studi di Salerno

Immagine di Pubblico Dominio

Giuseppe Moesch Giuseppe Moesch

Giuseppe Moesch

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *