Cuius regio eius religio
di Giuseppe Moesch*
I nostri maggiori romani erano assai pragmatici, conoscevano l’arte di governare, e sapevano che la coercizione non avrebbe sortito alcun effetto stabile sui popoli che erano via via assoggettati al potere centrale.
La politica generale era quella dell’assecondare le resistenze delle popolazioni utilizzando metodi che non avrebbero messo in discussione il potere ma avrebbero permesso la pacificazione dei rapporti. Così ad esempio, invogliare i soldati a sposare donne delle tribù assoggettate comportava la quasi certezza che i genitori di quelle non avrebbero ucciso i propri nipoti ed anche i mariti, ed allo stesso modo l’accettare che le genti potessero mantenere le proprie tradizioni religiose, avrebbe creato meno problemi che non imponendo una religione di Stato, cosa che accadde in seguito quando alcuni imperatori pretesero il culto della propria persona, cosa che portò a fenomeni di ribellione da parte ad esempio dei primi cristiani, monoteisti per i quali era inconcepibile l’adorazione di altro Dio che non il proprio.
Così nasce la locuzione “Cuius regio eius religio”, (Di chi (è) il regno, di lui (sia) la religione), ovvero la constatazione di lasciare agli abitanti di una certa area la propria religione, locuzione che assurse a nuova gloria in occasione della pace di Augusta del 1555 che sancì il principio che ciascuno Stato potesse mantenere la propria religione, e tale principio viene considerato ancora oggi vigente nei vari ordinamenti.
Devo dire che anche all’interno dei vari partiti mantenere il potere ed il predominio è l’unica ragione di vita in barba ai valori etici, morali e sociali a cui sembrerebbero far riferimento.
Il problema è quello del rispetto della forma democratica al proprio interno, anche quando il rispetto di quella forma viene platealmente calpestato.
Abbiamo assistito alla elezione al soglio di segretario del PD, di una donna miliardaria, dal modesto consenso personale, eletta con i voti dei gazebo, a cui sono affluiti votanti di estrazione altra, probabilmente del Movimento Cinque Stelle e di estrema sinistra, scavalcare il suo avversario vincitore nelle schede di voto delle sezioni di partito, decidere, a quanto pare, di voler escludere dalle prossime elezioni regionali il governatore uscente, che ha raccolto nella sola regione Campania tre volte i voti della segretaria nazionale a livello dell’intero Paese, mentre il partito nella città di Napoli ha raccolto meno di un settimo di quei voti del governatore.
Ma sono anche altri i partiti con più nobili ascendenti e meno prestigiosi eredi, a ricorrere a simili espedienti per mantenere il potere e poterlo esercitare anche nella scomoda posizione di orfanelli di un potere in fase di estinzione.
La cosa interessante è che essendo essenziale mantenere il potere, si procede così, applicando quel principio dell’antica Roma; si vede allora in alcune zone il fenomeno della crescita di iscritti in molti casi superiori ai voti raccolti, secondo le antiche tecniche care alla DC, al PSDI ed al PSI, che portano un gran numero di delegati da iscritti inesistenti ai congressi, o in altre zone la proposizione di tesi congressuali che raccolgono un certo numero di consensi, e quelle stesse tesi cambiate all’ultimo momento mantenendo la stessa intestazione e gli stessi firmatari, a cui vengono attribuite anche le deleghe non sottoscritte da alcuno in modo da far crescere il consenso intorno a mozioni mai votate dalla base.
Non importa sapere se si è in grado di esprimere il pensiero della gente, l’importante è far sapere ai propri interlocutori di avere saldamente il controllo di un partito il cui simbolo fa comodo a chi non ha più proposte o idee da proporre se non nostalgiche visioni di un passato glorioso che non può più aggregare non essendo stato aggiornato alle esigenze dell’oggi, ma può servire nella contrattazione di piccoli strapuntini di sottogoverno.
Quale siano i mezzi adottati ogni area ha diritto di usare i propri secondo gli antichi principi della Roma antica, purché si possa conservare il potere, o meglio il controllo, quali novelli lenoni di un mondo decaduto.
Cuius regio eius religio
*già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno
Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Personificazione di Roma.JPG
