In morte di Giorgio Napolitano

di Giuseppe Moesch*

Un vecchio modo di dire insegna molto sullo spirito di solidarietà e sull’empatia che caratterizza la nostra gente e recita così:

“Tutti i neonati sono belli, tutti i mariti sono ricchi, tutti i defunti sono buoni”.

Raramente si sente dire quel bambino è proprio brutto; forse lo si sussurra dopo la visita di cortesia alla puerpera tra le comari che si sono attardate fuori dell’uscio di quella casa, ma sicuramente i sorrisi ipocriti e l’immediata ricerca delle somiglianze sono le parole che si usano per celebrare un evento importante per la comunità quale è sempre l’arrivo di una nuova vita.

Allo stesso modo la festa che celebra il matrimonio tra due persone è certamente un motivo straordinario che viene celebrato con un ricevimento, che potrebbe essere una semplice bicchierata o uno spettacolo hollywoodiano, con ospiti più o meno numerosi e sfarzo non sempre commisurato alle condizioni socio economiche dei nubendi, ma generalmente al di sopra del loro tenore di vita normale; di nuovo tutti i partecipanti si sperticheranno in lodi per la fortuna della sposa per aver accalappiato un maschio di livello altissimo e che le garantirà una vita di benessere e serenità essendo sicuramente ricco.

Sappiamo che le critiche non potranno mancare a partire dalla qualità del cibo, agli abiti, alla location ed in genere alla cafonaggine di alcuni degli invitati, quale che sia il livello del matrimonio, ma quello che sicuramente non potrà mancare sarà l’ipocrita affermazione che la sposa ha fatto un buon matrimonio, che lo sposo è ricco e tutto ciò ancora oggi è retaggio dello stato di inferiorità riconosciuto alla donna.

L’ultima parte della frase citata è la più abusata: non ho mai visto un necrologio o una lapida che portava un’iscrizione con il nome del defunto, seguito da frasi o parole ingiuriose riferite alla sua condotta morale in vita.

Scrivere “Padre affettuoso, generoso con gli amici, organizzatore instancabile” potrebbe essere facilmente attribuibile a chiunque senza tema di smentita, perfino ad un capo mafia, e non è un caso che in termini giornalistici il ricordo di alcuni personaggi famosi, preparato con largo anticipo venga definito “coccodrillo”, con riferimento alle famose lacrime che secondo una visione buonista, il rettile emetterebbe dopo la morte della preda che ha appena mangiato.

Quello che è accaduto nei giorni scorsi in occasione del decesso di Giorgio Napolitano, però, rischia di superare il limite del buon gusto.
Nel processo di beatificazione l’avvocato del diavolo, rappresentato dal TG2 delle 20:30 del giorno 22 settembre scorso, ha ricordato senza grande senso dell’umorismo, che nel 1942 il futuro Presidente della Repubblica da studente di giurisprudenza a Napoli, si iscrisse al GUF, acronimo per Gruppi Universitari Fascisti, che secondo Benito Mussolini, doveva rappresentare “la futura classe dirigente, d’Italia, fu da Napolitano definito “vero e proprio vivaio di intelligenze antifasciste”.

Nel 1945 con un tempismo degno di miglior causa, folgorato sulla strada vittoriosa degli alleati, il nostro eroe prese la tessera del partito comunista.
Nel 1956 approvò l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione sovietica che causò la morte di circa 2.700 ungheresi, e 720 soldati sovietici, e molte migliaia furono i feriti, mentre circa 250.000 ungheresi lasciarono il Paese.

Quando si rese conto prima con Berlinguer e poi con la svolta della Bolognina con Occhetto che il partito doveva cambiare, propose una graduale trasformazione del comunismo.
Da Presidente della Repubblica fu un intransigente difensore della propria parte politica non ottemperando al proprio ruolo di organo super partes, permettendo la sopravvivenza di un mondo superato dagli eventi e contribuì in maniera significativo alla degenerazione del sistema economico consentendo l’attivazione della cura Monti dopo la caduta di Berlusconi.
Ma come è noto tutti i defunti sono buoni e fortunatamente negli oltre settant’anni della repubblica e dodici presidenti eletti resta solo l’imbarazzo della scelta per attribuire una gerarchizzazione tra questa presidenza e quella di Scalfaro.

*già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno

Giuseppe Moesch Giuseppe Moesch

Giuseppe Moesch

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