Quale Europa difronte alla pressione migratoria
di Giuseppe Moesch*
I distinguo a cui assistiamo in Italia, sia nella maggioranza che in quella barzelletta che chiamano opposizione, derivano in buona parte dalla necessità di ottenere un voto in più alle prossime elezioni europee.
Se la tendenza a disertare le urne dovesse confermarsi, allora il probabile basso afflusso di votanti spinge tutti i partiti ed i loro leader ad esasperare le proprie identità: così Salvini gioca la carta Le Pen, Tajani ribatte mai con la leader francese, la Meloni rassicurante a dialogare con l’establishment di tutto il mondo, la Schlein incurante di quanto accaduto nel passato nei governi di cui hanno fatto parte, gioca la carta del pietismo come i verdi che attribuiscono la recrudescenza del fenomeno al cambiamento climatico, o la sinistra estrema che mescola tutti quegli elementi per non perdere neanche un potenziale elettore, Conte che attribuisce la situazione al taglio delle spese cosiddette sociali da lui introdotte, Calenda che chiede di sfruttare economicamente le nuove risorse umane in arrivo e Renzi che tende a distinguersi attaccando il governo ma più ancora le opposizioni di sinistra.
Se il nostro Paese si presenta così frammentato al tavolo delle trattative, ha peraltro di fronte interlocutori non meno preoccupati; la Germania in una condizione di crisi economica ormai certificata, per la decelerazione della domanda cinese, e la fibrillazione interna difronte ad un debole Cancelliere come Scholz dopo l’epoca della Merkel, Macron che teme la Le Pen, in assenza di un sinistra sfarinata, e gli altri Stati del Nord e dell’Est preoccupati per il divenire della guerra in Ucraina e per le possibili conseguenze in termini di diffusione del pericolo e dell’aumento del peso dei rifugiati che premono sui confini polacchi, ungheresi, e dei paesi del baltico.
Pensare che oggi, con la probabile sconfitta dei partiti di centro sinistra e sinistra, che hanno finora amministrato l’Europa, qualcuno voglia assumersi la responsabilità di affrontare il tema immigrazione in termini propositivi è secondo me assolutamente improbabile.
Il vecchio adagio “Quiete non movere” sarà il leitmotiv di tutte le cancellerie, mentre i disastri naturali, terremoti ed inondazioni, aggiunti alle condizioni di ribellioni nella fascia sahariana e sub sahariana, fomentata dai mercenari sovietici e dai neocolonialisti cinesi, tesi a confermare la propria presenza per il controllo dell’area e delle risorse presenti, stanno rovesciando gli equilibri fino ad oggi tenuti, facendo crescere enormemente il numero dei poveri esseri che cercheranno per sé e per i propri figli una vita migliore.
*già Professore Ordinario dell’Università degli Studi di Salerno
