Le facce oscure della verità
di Giuseppe Moesch*
Ogni uomo che muore rappresenta un universo che scompare.
Sappiamo che rispetto alla certezza della nascita, statisticamente, vi è la probabilità pari ad uno della morte.
Le cause sono le più disparate, invecchiamento, malattie, violenza ed incidenti; ma quello che non possiamo accettare sono le ultime due.
Le cronache stanno evidenziando la recrudescenza di quelle cause e appare inverosimile come l’opinione pubblica si fermi ad attribuire a questi eventi, con una sorta di superficiale attribuzione alla generica responsabilità dello Stato, dimenticando che lo Stato siamo noi cittadini, e che quindi la responsabilità è in parte di ciascuno di noi.
I cosiddetti femminicidi sono commessi da uomini violenti, e gli incidenti sul lavoro e quelli provocati da persone ubriache o sotto l’effetto di droghe vengono individuati come risultato di una legislazione permissiva, per cui vengono invocate leggi più severe, e ci vengono riproposte fiaccolate, manifestazioni, panchine rosse e scioperi, tese a ricordarci le tragedie.
Quello che non sembra chiaro è che le cause reali nascono da lontano, dallo sfaldamento dell’intera struttura sociale ed in primo luogo dall’indifferenza che ormai è diventata normalità di fronte alla mancanza di rispetto delle regole.
Nel mondo del lavoro, in particolare in alcuni settori fortemente controllati come quello delle grandi industrie, come ad esempio le ferrovie, i sistemi di prevenzione sono fortemente strutturati, con prescrizioni stringenti che se rispettate non dovrebbero permettere il verificarsi di quegli eventi.
Si può entrare nel merito di quei regolamenti, ma la cosa più importante è capire che non è ad essi che possiamo attribuire le responsabilità degli eventi, bensì al non rispetto degli stessi che si verificano le tragedie.
Il caso di Brandizzo è un caso emblematico: l’uomo della scorta in rappresentanza delle FS ed il responsabile della squadra di operai della ditta subappaltatrice, secondo una prassi forse consolidata, hanno deciso, con la consapevolezza degli operai, di iniziare a lavorare in assenza dell’autorizzazione formale del responsabile della linea, probabilmente per svolgere con più tempo a disposizione i lavori di manutenzione.
Si può discutere se i tempi di lavorazione fossero congrui, e questo è argomento da contrattazione sindacale, e credo che al momento dell’emanazione di quel regolamento, il tema sia stato affrontato, anche da parte delle ditte incaricate dei lavori.
Non conosco nei dettagli le motivazioni che hanno spinto a seguire quella strada che, ripeto, sembra essere prassi consolidata, forse per completare più velocemente i lavori e quindi essere liberi prima dal servizio, in ogni caso si è trattato di una sottovalutazione dei rischi, con l’atteggiamento di disattenzione al valore della propria ed altrui vita umana.
Le morti nei cantieri edili sono assai spesso attribuibili all’avidità di imprenditori senza scrupoli, che assumono mano d’opera in nero e non rispettano le norme di sicurezza, e che specialmente nell’ultimo periodo con la crescita dei canteri per il bonus, ha visto il moltiplicarsi di imprese venute dal nulla in alcuni casi verificati, gestite da truffatori.
La notizia di una ragazza risucchiata da un orditoio perché il titolare dell’impresa aveva rimosso il dispositivo di sicurezza per velocizzare il lavoro è un altro dei casi nei quali la cupidigia ha fatto superare le norme ed è solo un altro esempio di quanto vado affermando.
Riprendendo quanto detto in altra sede, questo è un Paese senza controlli.
Nel 2020 le aziende italiane risultavano essere 4 milioni e 354 mila per un totale di 17 milioni 138mila addetti, rispetto alle quali, secondo Paolo Pennesi, direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro, “il nucleo specifico che fa ispezioni in materia di sicurezza può contare su appena 200 unità. A questo numero vanno sommati gli ispettori delle ASL, che sono circa 2000. Il corpo effettivo che fa vigilanza nei confronti delle imprese è quindi composto da 2200 unità, mentre il numero di aziende con dipendenti in Italia è di 1,7 milioni”.
Sono numeri incredibili, che secondo alcune stime fanno ritenere possibile una visita ispettiva verosimilmente ogni otto anni, ove fossero distribuite uniformemente.
Risulta evidente che non sembra possibile che il controllo possa essere reale, e quindi la maggiore responsabilità dovrebbe ascriversi all’autotutela ai lavoratori e per loro ai sindacati, quando presenti, che per primi dovrebbero pretendere il rispetto delle norme vigenti.
Le norme possono essere migliorate ma i controlli dovrebbero essere più frequenti e per farlo si dovrebbe forse decuplicare il numero dei controllori.
Tuttavia se per primi i lavoratori non chiedono di rispettare le norme esistenti e loro per primi non rispettano quelle norme; allora risulta normale leggere quotidianamente il bollettino di guerra che fortunatamente appare meno drammatico di quanto potrebbe immaginarsi con quei dati.
Credo che il problema sia a monte ed è da ricercare nella mancanza di consapevolezza da parte dei cittadini.
Una scuola che non sia in grado di instillare nei suoi clienti, ovvero nei giovani che saranno i cittadini di domani, i lavoratori di domani, il senso del dovere ed il rispetto delle regole, è una scuola che ha dichiarato il fallimento della propria funzione.
È la stessa scuola che non è in grado di far capire quale sia il comportamento esistenziale nei confronti della vita, nei confronti delle minoranze più deboli e che continua a considerare le donne come oggetto di possesso personale, retaggio di una schiavitù millenaria, che formalmente riconosce ad esse gli stessi diritti degli uomini, ma che in realtà continua a vederle come prede sottomesse o da sottomettere. Accettate come produttrici di reddito come gli schiavi del passato ma non degno di rispetto e di tutela come ogni altro essere umano.
Il bombardamento di immagini porno diffuse a profusione liberamente, a prescindere dalla volontà dei singoli, siamo tutti stati e siamo quotidianamente oggetto di copiose immagini di scene di gaudenti prestanti giovani con donne desiderose di essere a loro disposizione, non dovrebbero farci meraviglia se un branco di giovani più o meno ubriachi o drogati di droghe tollerate, usando strumenti di seduzione quali la cosiddetta “droga dello stupro”, decidono di ripetere le gesta che hanno visto nei filmati messi a loro disposizione da compiacenti siti e piattaforme a diffusione globale, quegli stessi siti che diffondono video di gesta eroiche da emulare correndo a velocità folle sulle strade cittadine.
Disprezzo la pochezza di chi non è in grado di comprendere lo sfruttamento che si fa della propria ignoranza e che li spinge ad acquistare le mutande sponsorizzate di una miliardaria, che sicuramente non usa prodotti così volgarmente dozzinali, che li ha turlupinati creando falsi miti, anche se in realtà la colpa è da ascrivere alle terribili assenze di genitori e ai cattivi maestri, anche loro coinvolti in questo girone dantesco che è diventata la nostra epoca.
E non mi importa se i soliti modernisti mi accuseranno di essere un vecchio bacucco, che non capisce le istanze dei giovani.
Mi rode, o meglio, mi angoscia il pensiero della vita di quelle bambine, di quelle adolescenti, di quelle donne, che porteranno a vita il peso dei liberi pensatori; mi angoscia che, per raccattare quattro voti politici d’accatto, i sindacalisti portatori d’acqua per quei signori che sono passati dall’essere accusati di essere cinghia di trasmissione del potere, siano oggi da ascriversi a reggicoda di gruppi incapaci di fare politica nell’interesse del popolo.
Sono stato membro del comitato centrale di un sindacato negli anni ’70 ed ho contribuito a redigere quello che è andato sotto il nome di “Documento dell’EUR”, nel quale la Federazione Unitaria CGIL, CISL ed UIL, gettava le basi per la costruzione di un Paese consapevole e si attrezzava ad affrontare insieme alle altre forze sociali ed economiche le sfide di una società in trasformazione.
Vedere oggi il segretario generale della più grande organizzazione dei lavoratori cercare una giustificazione per appoggiare quegli sciagurati che hanno ridotto l’Italia in queste condizioni mi induce a ripensare con nostalgia ai Di Vittorio o ai Lama, ai Macario o ai Carniti o ai Marini o ai Benvenuto, ai Vanni, o ai Rossi e credo che la carenza di uomini di quel calibro sia ciò che ha contribuito alla crisi della politica, della scuola e di tutti i valori che avevano caratterizzato quei tempi.
* già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno
