O sazio nun crere ‘o riuno

O sazio nun crere ‘o riuno
(L’individuo satollo non riesce a credere alle richieste pressanti provenienti da colui che è digiuno)

di Giuseppe Moesch*

La potenza della lingua napoletana, che con varianti più o meno significative si parla in quasi tutta la Regione Campania, si esprime in alcuni casi, come in questo, attraverso espressioni che offrono grandi spunti di riflessione.
Devo dire che da sempre questa locuzione ha saputo offrirmi spunti di riflessione in diverse circostanze, non sempre strettamente legate alle condizioni di povertà economica; in effetti nella stessa lingua un’altra locuzione afferma che “Int ‘a case re puverielle nun mancane mai ‘e tuzzulelle”.

“Nella casa dei più poveri non mancano mai croste di pane da mettere sotto i denti, ed eventualmente da offrire ad ospiti inattesi.
Anche in questo caso traduco a beneficio dei Barbari, intesi nella accezione latina ovvero quelli che balbettavano incapaci di esprimersi in greco o in latino perché stranieri, dalla Valle d’Aosta o dal Trentino in giù, e non per gli immigrati da paesi altri, che anche se non ne capiscono il significato letterale tuttavia ne capiscono, per propria personale esperienza di solidarietà, il significato (ovviamente altrettanto barbari potremmo apparire noi quando non siamo in grado di esprimerci e capire quando dovessero parlarci in tedesco o ladino o in sardo o in patois o in genovese o in romagnolo, lingue ancora più ostiche dato che i napoletani hanno invaso mezzo mondo).

In tutte le culture la povertà ha subito diversità di trattamento, ma tolto il caso di società a base strettamente consumistica, non ho detto capitalistica, come quella nella quale viviamo dove l’apparire è assai più importante non solo dell’essere, ma anche dell’esistere e del resistere, ebbene la povertà era accettata, tollerata e affrontata con diverso spirito di tolleranza o di indifferenza.

Non è questa la sede per analizzare le trasformazioni sociali nel mondo negli ultimi quattro cinque millenni, quello che mi preme sottolineare che in tutte le società primitive sono prevalse le organizzazioni che hanno adottato principi di reciprocità, di circolarità e di solidarietà che erano e sono ancora ad esempio, alla base della cultura bantu, dovuti al fatto di appartenere allo stesso gruppo, alla stessa etnia, legati da vincoli di sangue. Quando quei legami sociali sono saltati, la conseguenza è stata la sopraffazione, la creazione di condizioni di schiavitù, nelle quali si sono inserite le religioni che quasi sempre si sono fatte carico dei problemi, per gestire politicamente quelle tensioni fino ad arrivare al settecento, quando le cose si acuirono, con le “enclosures” ovvero l’appropriazione delle terre pubbliche da parte della nobiltà terriera inglese, (anche se la cosa si diffuse rapidamente dappertutto come ad esempio in Sardegna con le chiudenda) e la contemporanea rivoluzione industriale che modificando l’organizzazione del lavoro, portò al nascere delle sacche di “Lumpenproletariat”.

Duecentotrentaquattro anni fa degli uomini scrissero con il sangue che il loro problema non era quello della sostituzione delle brioches al pane che mancava, ma quello di affermare tre principi fondamentali, libertà che non si mangia, uguaglianza che non si compra, e fraternità che nessun influencer potrà farti trovare negli shopping center che ti indicano.

La armocromia somiglia molto alle brioches di Maria Antonietta. Ma vuoi mettere lo stile!
Tutti sanno che la regina di Francia non ha mai detto quella frase che avrebbe potuto apparire tuttavia verosimile, dato il divario culturale informativo esistente all’epoca tra la regina ed il popolo in fermento, regina divenuta tale per ragioni di Stato, spedita ancora bambina a ricoprire un ruolo a cui era stata solo in parte preparata ma che dovette svolgere in un mondo a Lei ostile, anche se alla fine della sua vita ebbe modo di percepire parte del mondo intorno a sé e riscattare la sua intera infelice esistenza.

Fu accusata di essere sterile, quando le famiglie sapevano  bene che il matrimonio non fu consumato per lungo tempo per un difetto fisico del marito, che fu corretto in seguito con un piccolo intervento chirurgico di cui Luigi, aveva terrore; ma anche per il blocco psicologico derivante dalla tremenda oppressione della coscienza religiosa inculcatagli.

Oggi Maria Antonietta si sarebbe forse rifugiata tra i social, allora nella vita mondana e nel lusso  con gli influencer dell’epoca  che le consigliavano gli abiti e i gioielli che contribuirono alla Sua disgrazia.

L’Imperatrice Maria Teresa, abbracciando la figlia prima della partenza, avrebbe detto “Ci separerà una grande distanza” aggiungendo anche “Fa tanto bene al popolo francese da indurlo a dire che gli abbiamo inviato un angelo ”. Sembra ironico ricordarlo oggi ma credo che invece la ghigliottina abbia dato ragione all’imperatrice.
“1 aprile 1770 la quindicenne parte da Vienna per arrivare a Versailles il 16 maggio, dopo un mese e mezzo di viaggio.

Il 7 maggio avvenne la consegna ufficiale sulla Kommision Insel nel fiume Reno in terra di confine quasi disabitata, non afferente alla Francia o all’Austria vicino alla cittadina di Kehl.
All’epoca quando venivano consegnati quei pacchi speciali che erano le promesse spose, esse venivano consegnate nude spoglie di tutti i simboli, quindi anche degli abiti della loro vita passata. I commentatori hanno descritto in tal modo la consegna dicendo che le furono tolti anche i gioielli che aveva da ragazza e rivestita degli abiti francesi; in realtà fu sostituita solo una sopravveste ed affidata alle dame di corte francesi.
Il resto della storia è troppo nota e sarebbe tedioso riproporla; tuttavia la commedia fu recitata con grande dignità da tutti i personaggi della tragedia, mantenendo intatto il senso del canovaccio che si è ripetuto nel tempo.

Oggi credo che potremmo rovesciare lo slogan, “O riuno nun po’ crere ‘o sazio”, perché avendo raggiunto un certo livello di istruzione, con tutte le pecche che conosciamo, ed avendo una grande massa di informazione, non solo non crede, ma non ci può e non riesce a crederci osservando i comportamenti degli attori che recitano nel teatro politico di questi giorni.

Neanche nella visione filantropica di alcuni esponenti del secolo scorso o di quello precedente, ancorché ricchissimi, come nel caso in questione, avrebbero usato come tema di sollecitazione del consenso un elemento apprezzabile in questa società corrotta, come la armocromia.
È probabile che chi ha raccontato del proprio problema di abbinamento di capi acquistati da diversi couturiers di grido, peraltro risolto arruolando nel proprio gruppo di consigliori in materie economiche, sociali e forse anche politiche, un esperto di armocromia, ha voluto far capire ai propri elettori quanto fossero condivisi i loro problemi così come emergono dai social.

Ho avuto sempre un grande rispetto per la figura di Maria Antonietta; devo dire che mi dispiace che oggi non è percepibile una presenza equivalente ma anche di un popolo che sappia ribellarsi a quel regime.

Roma, 22 luglio 2023
234 anni e 5 giorni dopo la rivoluzione francese

 

* Già docente Università degli Studi di Salerno

 

 

 

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Giuseppe Moesch Giuseppe Moesch

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