Il Convento e la chiesa rinascimentale di Santa Maria delle Grazie a Salerno
Nell’aria nord-occidentale del centro storico di Salerno Plaium Montis, così come anticamente veniva definito il quartiere posto tra il Catello, a nord e il nucleo più compatto dello storico abitato del Capoluogo, conserva, al suo interno, numerosi nuclei conventuali sorti inizialmente con la presenza, in città, dei benedettini. Dopo aver fondato l’Abbazia di San Benedetto (VII-IX secolo d.C.) nell’area orientale, l’ordine religioso realizzò altri edifici sacri, ai quali si affiancarono soprattutto in periodo medioevale e particolarmente nella zona collinare sempre all’interno delle mura, numerose fabbriche conventuali tra le quali San Nicola della Palma, il Convento di San Lorenzo, il monastero e chiesa di San Massimo, voluta assieme al palazzo dal principe longobardo Guaiferio (dove poi trasferì la sua dimora) e la chiesa parrocchiale di Santa Maria de Alimundi o dell’Olmo. In ultimo, ordine cronologico, si assiste alla realizzazione del convento di Santa Maria delle Grazie all’inizio del XVI secolo.
L’area conventuale e la chiesa sono riportate nella famosa Tavola del monaco agostiniano Angelo Rocca, nel suo trattato di viaggio da lui effettuato nel centro-sud Italia tra il 1583 e il 1584. La rappresentazione (la città vista dal mare) realizzata su carta bianca con inchiostro marrone e acquerello ocra, azzurro e rosso, nella sua parte bassa riporta una legenda in un riquadro dove col numero 7 si indica “S. Maria de la grazia”, presente nell’area da pochi decenni. In essa si può ben notare la chiesa con il tetto a doppio spiovente, il convento che l’affianca e un giardino tra la chiesa e il convento.
Un altro antico documento che attesta la presenza del convento in questione è custodito all’interno dell’Archivio di Santa Maria delle Grazie e San Bartolomeo risalente al 1732. Disegnato il 30 marzo del 1732, da un artista di cui non si hanno notizie certe, il documento realizzato con acquerello su carta, evidenzia l’area del Palnium Montis seguendo le direttrici delle via Trotula de Ruggiero e via Tasso, lungo le quali sono presenti numerosi complessi monastici. Di fatto è ben evidente, nella parte nord, il convento di San Nicola della Palma, mentre al centro è rappresentata la chiesa con il convento di Santa Maria delle Grazie (come riportato nella parte bassa); più ad oriente si notano la chiesa di Santa Maria de Alimundi e la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo. L’area su cui insisteva il convento di Santa Maria delle Grazie era inoltre particolarmente florida di sorgive le cui acque provenienti dalla collina del Castello (Monte Bonadies) erano utilizzate per irrigare le numerose coltivazioni su terrazzamenti presenti in tutta l’area in questione.
Il convento è situato ad est del Giardino della Minerva, poco più a sud degli ex monasteri di san Nicola della Palma e di San Lorenzo. Nel 1506 Filippo Marotta, canonico salernitano, donò alcune sue proprietà a favore della Congregazione del Beato Pietro da Pisa, legata all’ordine di San Girolamo. Ne scaturisce la costruzione, intorno al 1508, della chiesa e Monastero di Santa Maria delle Grazie. La sacra struttura, non lontana dalle mura medioevali occidentali, venne saccheggiata e parzialmente distrutta al suo interno nel 1647 durante i moti rivoluzionari nel Regno di Napoli. Soppressa per Regio Decreto del 7 agosto1809, viene successivamente adibita a Caserma della Compagnia Provinciale. A tal proposito, è custodita tutta la documentazione relativa al passaggio e trasformazione a presidio militare, all’interno dell’Archivio di Stato di Salerno (ASS,Intendenza, B. 1401, fasc. 1). Sono del 1812 le planimetrie progettuali realizzate dall’Ing, Nicola Santoro accompagnate da minuziosi studi estimativi sui lavori da farsi. La sacra struttura (ormai ex monastero) risultava per l’Intendente della Provincia luogo idoneo ad essere trasformato in alloggio della Compagna Provinciale e per tale motivo ne documenta le motivazioni al Sotto Direttore delle Fortificazioni. Interessanti sono alcuni passaggi progettuali-descrittivi del Santoro: “Questo locale trovasi in un sito eminente dentro l’abitato di Salerno in luogo quasi che isolato, di buona struttura di fabrica, tranne alcune riattazioni necessarie per addirlo à Caserma. Egli è composto da tre piani, il primo di un Giardino di c.a. duecento passi quadrati, con alcuni sotterranei umidi, e di niun uso, fontana, e due conserve di acqua fluente per irrigarlo…Il secondo piano è composto da tre Corridoi coverti con lamie finte, che contengono diciotto Stanze, un Antecocina, o’ sia antico Refettorio, Cocina con fontana, due altre piccole Stanze, ed un giardinetto con fontana d’acqua, che viene da detta Cocina. Il terzo piano vien composto di un corridoio di sei Stanze, e due Stanzini… Il progetto di riduzione e distribuzione di detto locale sarebbe che non può altrimenti essere occupato che da soldati della Compagnia Provinciale, addicendo il Giardino à piazza d’arme da poter manovrare li soldati; il secondo piano per caserma delli medesimi; ed il terzo piano per l’abitazione del Comandante di tal Compagnia, della sua famiglia e burò, e magazzino di depositi. A poter ridurre atto a Caserma un tal locale vi occorre la spesa di ducati duecentosette, e grani settantaquattro eguali à lire novecento tredici, e sessantadue centesimi, come può rilevarsi dall’annesso stato Estimativo delle spese di riduzione spedito in doppio originale. Salerno 3 Agosto 1812 -Nicola Santoro Ingegnere-”.
Sono tre le piante dimostrative del Monastero da adibire a Caserma, ben correlate con legende che annotano lo stato di fatto del luogo sacro. In una lettera dell’Ingegnere del 25 agosto 1812 al Consigliere di Stato Intendente della Provincia di Salerno così scriveva: “Ho l’onore di rimettere all’E.V. le annesse carte, contenenti il rapporto, le piante e lo stato estimativo delle riattazioni in doppia spedizione, relativamente alla Caserma della Compagnia Provinciale dell’abolito Monastero di S. Maria delle Grazie di Salerno, a tenore degli ordini di V. E. communicatimi colla Vostra de 22 Giugno 1812 n°87… Mi lusingo, che tali carte siino in conformità delle disposizioni date da S. E. il Ministro della Guerra. Ho l’onore di salutarvi con tutta rassegnazione – Nicola Santoro -”. Grazie all’intervento del re di Napoli, nel 1818 i religiosi ritornano all’interno del monastero, con l’ingresso dei Frati Minori del convento di San Nicola che possono usufruire anche della chiesa, nel frattempo diventata Parrocchia di San Bartolomeo.
Avranno sede stabile fino al 1861 data in cui la struttura viene soppressa e adibita a ricovero per anziani. Attualmente ancora casa di riposo (Casa Albergo “Immacolata Concezione” gestita dal 1997 dalla Salerno Solidale S.p.A.) e recuperata da alcuni anni, la struttura contiene un cortile porticato (raggiungibile dalla parte occidentale della chiesa attraverso un passaggio voltato) caratterizzato dalle tipiche volte a crociera che si collegano ad archi a tutto sesto posizionati su pilastri poligonali.
Ricordiamo che nel mese di luglio da 13 anni nel cortile delineato dal porticato, posto a nord, si svolge una interessante rassegna di teatro amatoriale dal titolo “Teatrando al Quadriportico” evento estivo organizzato dall’Associazione Planum Montis e dalla compagnia ‘E Scepancentrella. In linea generale, il monastero rispecchia la tipologia e le caratteristiche riscontrabili dopo il Concilio di Trento con una generale forma chiusa e poco rapportabile all’esterno. Di fatti si erigono alte mura proprio per distanziarsi dal resto del contesto urbano che lo circonda.
La chiesa è a navata unica con cappelle laterali e terminante con area absidata poligonale che è inquadrata da un arco ribassato che s’imposta su pilastri con lesene angolari. Già nel XVIII secolo subisce le prime trasformazioni sia nell’arredo interno che nella struttura stessa.
Nel XIX secolo la sacra struttura viene ulteriormente modificata, nel 1818 re Ferdinando I dona alla chiesa l’altare a marmi policromi, mentre nel 1881 Gaetano D’Agostino realizza il soffitto a cassettoni (carta su tela) decorato con motivi araldici che delimitano le raffigurazioni della Madonna col Bambino, San Bartolomeo e il Redentore. Oltre alla tela, posta all’interno della sala Scacco-Vaccaro, attribuita al Vaccaro, del 1640 dove si ritrae la Madonna della Fiducia (di formazione caravaggesca), di particolare bellezza e importanza storico-artistica è il dipinto a tempera presente sull’altare maggiore raffigurante la Madonna delle Grazie.
L’opera si attribuisce al pittore Marco Cardisco e probabilmente risalente al 1512: la Madonna è incoronata da due angeli ed è propensa ad allattare le anime del Purgatorio.
