La struttura metallica della Venere degli stracci
di Giuseppe Moesch
Ci sono campi dello scibile umano che mi sono quasi totalmente oscuri, ed anche se in qualche misura ho tentato di orecchiare qua e là, non sono in grado di discutere nel merito ed in linea di massima non ci provo nemmeno. Altri campi che sono più prossimi alla mia capacità di utilizzare i miei sensi, mi permettono di avere una qualche idea personale ma non mi consentono tuttavia di poter esprimere in termini critici il mio pensiero.
L’arte è uno di questi.
Preparazione scolastica basica, alla quale ho aggiunto studi successivi disorganici, e la diretta conoscenza delle opere e dei manufatti, viaggiando in lungo e in largo, visitando musei, gallerie, mostre, siti archeologici e quant’altro spinto da curiosità e dalla voglia di capire e di conoscere.
Ho avuto qualche difficoltà a tentare di comprendere l’arte contemporanea, e non credo di esserci riuscito principalmente perché troppo ignorante, tuttavia c’è stato un momento in cui ho afferrato un concetto.
Ero a letto a leggere disteso su un lato affianco a mia moglie che dormiva, e ad un tratto, spostando leggermente la testa, ho stirato il viso ed i miei occhi hanno perduto l’immagine composta binoculare e mi sono ritrovato a vedere il naso di mia moglie spostarsi di lato e sdoppiarsi sul suo viso deformato.
D’un tratto ho capito Picasso e gli altri suoi contemporanei, ed ho capito come quei geni avessero tentato di descrivere con gli strumenti della loro capacità espressiva, il mondo che lo circondava, come avevano fatto i loro predecessori figurativi.
Da allora ho provato a guardare l’arte con lo stesso sguardo con il quale leggevo i libri, non più correndo dietro al semplice gusto della parola raffinata o della descrizione di un paesaggio o di un carattere, ma dell’idea che vi era sottesa, e fu così che reagii di fronte alla fontana di Duchamp del 1917 esposta a palazzo Grassi a Venezia se non erro nel 1993 nella mostra a lui dedicata.
La prima reazione che ebbi fu come reagirebbe un archeologo, emulo di quelli che lavorano a Pompei o Ercolano di fronte al ritrovamento della “Fontana/Orinatoio” di Duchamp, tra duemila anni dopo un cataclisma.
Poi ripensai al naso di mia moglie e mi arresi alla potenza dell’opera non dell’oggetto, ma dell’idea rivoluzionaria che era esplosa in essa.
Capii anche che la domanda che mi ero posto era assolutamente stupida perché avulsa dal contesto socio economico politico culturale: quell’oggetto non era altro che un orinatoio ma allo stesso modo il senso dei quadri o delle sculture del passato era quasi sempre frutto della committenza o del gusto del tempo e che non avremmo mai potuto comprendere pienamente, se non attingendo al contemporaneo “Mi piace – Non mi piace”.
Il rogo napoletano ha di strutto una delle copie in formato gigante, per l’esposizione in spazio aperto, di una riproduzione dell’opera originale di Pistoletto realizzata del 1967 in cemento, e più volte riprodotta in gesso.
È andata distrutta una “copia/originale” dell’autore ma non l’idea, che rimane espressione della realtà nella quale viviamo ormai da oltre mezzo secolo, interpretata dagli ideologi del tempo.
Ritengo che potrebbe essere altrettanto emblematico conservare su un piedistallo, la struttura metallica sopravvissuta che rappresenterebbe ancora di più la condizione di miseria culturale e di alienazione mentale dei nostri tempi.
Roma, 15 luglio 2023
(234 dopo la rivoluzione francese)
