La parabola di Evgenij Prigozhijn, dalla Cucina all’attacco al potere

Accade sovente che il destino di un uomo sia influenzato irreparabilmente da quanto accade durante la sua giovinezza. Le vicende di quel periodo della vita forgiano il carattere ed in qualche modo determinano il suo futuro. Nel caso del personaggio Prigozhijn, oggi all’attenzione dei media di tutto il mondo, tale assunto pare sia ulteriormente confermato.

Evgenij Prigozhiijn è nato a Leningrado nel 1961 da padre ebreo e madre di etnia russa. É dunque concittadino di Putin, che però è più anziano di nove anni.

Entrambi hanno avuto un’infanzia povera, ma le loro parabole sono state profondamente diverse. Putin si è laureato in Diritto Internazionale all’Università Statale di Leningrado, mentre Prigozhiin è stato un piccolo delinquente che ha subito, all’età di diciotto anni una condanna per furto poi sospesa. Una seconda condanna, all’età di venti anni, per rapina, frode e sfruttamento della prostituzione lo ha condotto nelle patrie galere, dove ha scontato nove dei dodici anni infittigli.

Il periodo trascorse in prigione deve essere stato molto duro poiché  subì i maltrattamenti fisici e sembra anche sessuali dei detenuti più anziani e violenti.

Quella esperienza ha alimentato il suo arrivismo sfrenato e la sua mancanza di scrupoli nel perseguire i propri interessi.

Uscito di prigione, nel 1990, organizzò una catena di vendita ambulante di hot dog, per poi diventare dirigente in una delle prime catene di negozi alimentari di San Pietroburgo.

In società col suo vecchio compagno di collegio, Igor Gorbenko fondò i primi casinò della Russia post sovietica. Quando gli introiti cominciarono a calare si associò a Kirill Ziminov, direttore della Contrast per aprire un ristorante di lusso a San Pietroburgo cui diedero il nome di Storaja Tomoznaja. Il ristorante ebbe successo ed i due, ispirandosi ai ristoranti parigini dei lungosenna, acquistarono una vecchia imbarcazione sul fiume Vjatka e investirono ben 400.000 dollari per ristrutturarla e trasformarla in un nuovo ristorante che chiamarono New Island. In breve esso divenne il locale più in di San Pietroburgo. Ebbe Putin come cliente abituale e lì il presidente riceveva i suoi ospiti internazionali. Nel 2001 Prigozhijn servì personalmente a tavola Putin ed il presidente francese Jacques Chirac. Nel 2003 fu invece la volta di George W Bush.

La vicinanza stabilita con Putin lo convinse di poter gestire anche attività illegali con la certezza dell’immunità. In quel periodo la sua società Concord Catering arrivò a fatturare svariati milioni di rubli grazie ai contratti ottenuti dal governo per le mense scolastiche e per quelle dei dipendenti statali.

In pochi anni la sua ricchezza personale raggiunse la ragguardevole cifra di più di un miliardo di rubli. Alcuni oppositori di regime cominciarono a sollevare dubbi sulle modalità illecite in cui quella fortuna era stata accumulata. Fra essi vi era Aleksej Navalny al quale, sappiamo tutti, quale triste fine è toccata.

Forti dubbi cominciarono a circolare sulla liceità delle attività gestite dal personaggio, ma egli ha proseguito imperterrito ad operare. Ha fondato e diretto la Internet Research Agency sulla quale sono cadute le accuse di aver falsato le elezioni presidenziali americane del 2016, a favore di Trump.

Ma nonostante tutto Progozhijn ha preso a finanziare e poi a dirigere il Gruppo Wagner, ossia una compagnia militare privata, ossia un gruppo di mercenari che ha operato, come braccio armato della Russia in moltissime zone del globo. In Crimea, nei Balcani, in Siria, Libia, Mozambico, Venezuela, Mali, Bielorussia, Ciad, Burkina Faso e dal 2014 in Donbass a favore dei separatisti russofoni.

Allo scoppio delle ostilità tra la Russia e l’Ucraina le truppe della Wagner sono state, naturalmente coinvolte in quella che Putin ha definito “Operazione speciale”. Hanno preso parte alle principali battaglie e si sono distinte nella presa di Bakhmut. Nel frattempo la consistenza della brigata è lievitata enormemente, dai cinque seimila uomini delle origini, oggi Prigozhijn può contarne quasi venticinquemila.

Ma come spesso accade l’ingordigia del potere ed un eccesso di liberà d’azione hanno portato il capo della Wagner ad entrare in contrasto con i vertici delle forze armate, accusati di non condurre la guerra con la necessaria decisione e di far mancare alla brigata i mezzi necessari ad incidere più profondamente sulle sorti della guerra. Le critiche hanno coinvolto lo stesso Putin giudicato eccessivamente prudente, nella sua volontà di non usare fino il suo vero potenziale bellico. Probabilmente vi è stata anche qualche lusinga da parte di qualche apparato di intelligence occidentale. Ma forse quello che più ha spinto a prendere una decisione inopportuna è stata la volontà del governo russo di assoggettare la Wagner ai vertici delle forze armate russe. Gli è stato chiesto di firmare una serie di contratti col Ministero della Difesa e la cosa è sembrata a Prigozhijn un tentativo di limitare la libertà d’azione di cui aveva fino al momento goduto. Libertà giudicata infine eccessiva dallo stato maggiore dell’esercito e quindi il capo della Wagner si è ribellato, pensando forse di coinvolgere nella sua azione eversiva anche qualcuno degli scontenti, che vi sono in Russia, ma che non si espongono per timore delle conseguenze.

Gli uomini di Prigozhijn hanno marciato su Rostov ed hanno minacciato anche di dirigere su Mosca. L’intervento di Lukaschenko, il presidente della Bielorussia, e forse il mancato appoggio di qualche dissidente interno, hanno riportato Prigozhijn coi piedi per terra e nel giro di poche ore, la sua ribellione è rientrata. Oggi i suoi uomini si dirigono verso la Bielorussia con la promessa, fatta balenare dal presidente di una amnistia generale.

La rapidità con cui la vicenda si è conclusa lasciano immaginare che grossi contraccolpi sulla guerra potrebbero non esserci.

Ma quello che fa riflettere è stata l’esultanza della gran parte dei media occidentali, allineati acriticamente al verbo di Washington ed al suo officiante, il rimbambito spleepy Joe. Una volontà di scontro con la Russia che li ha spinti a sacrificare i loro alleati europei senza pensarci su minimamente. Oggi la guerra in Ucraina ha spinto la UE verso una profonda e forse irreversibile crisi economica e l’ha esposta al rischio di dissolvimento. Ma forse anche questo rientrava negli obiettivi di oltre atlantico.

La ribellione della Wagner ha fatto credere ai media occidentali che il regime change, così desiderato dagli americani fosse oramai cosa fatta. E ciò ci spinge a chiederci se davvero ci si renda conto di cosa potrebbe significare una caduta di Putin e se gli americani siano davvero in grado di giudicare correttamente quanto sia giusta la loro politica imperialistica. Se siano fino in fondo convinti della ragionevolezza delle loro azioni e consapevoli delle conseguenze che quanto da oro perseguito sia davvero auspicabile.

Una caduta di Putin potrebbe avere conseguenze paragonabili a quanto accaduto all’URSS dopo la caduta del muro di Berlino, ai tempi di Eltsin, ossia una implosione della attuale Federazione Russa e il suo smembramento in decine di repubbliche indipendenti.

Una simile eventualità non farebbe altro che favorire quello che gli americani giudicano il nemico numero uno da combattere, ossia la Cina di Xi Jin Ping. Dopo lo smembramento della Federazione Russa, la parte asiatica di essa sarebbe facile preda dei cinesi i quali otterrebbero finalmente il tanto agognato sbocco al mare, sull’Antartico rendendo vani tutti gli sforzi che gli americani ed i loro alleati asiatici fanno per impedire alla Cina di avere libertà di manovra per la sua flotta militare ingabbiata oggi dalla presenza di Taiwan e dalle numerose isole presenti in quel settore dell’Oceano Indiano.

Sarebbe una perfetta eterogenesi dei fini. La volontà cieca di abbattere Putin sembra aver accecato l’America che, nel suo disperato tentativo di opporsi ad un nuovo ordine mondiale multipolare, sta conducendo una politica irragionevole, seguita dalla UE che sembra in preda ad un tragico cupio dissolvi. Per il momento il folle tentativo di Prigozhijn ha rinviato, per il momento, l’avvento di uno scenario che poteva diventare ingestibile.

 

 

Giuseppe Esposito

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