Per San Valentino una bella storia di profumi d’antan

-di Giuseppe Esposito-

Napoli è, senza alcun dubbio, una città sorprendente, inimitabile. Dal suo ventre è possibile estrarre le storie più strane e le vicende più affascinanti. Sebbene privata con la forza del suo antico ruolo di capitale essa ha continuato per lungo tempo a dar segni della sua vitalità in diversi campi e segnatamente in quello artistico e spesso anche in quello scientifico; si pensi alle tante eccellenze della scuola medica napoletana.

Tuttavia il degrado socioeconomico cui essa è stata colpevolmente e, talvolta, volutamente abbandonata l’ha segnata profondamente. Spesso energie che potrebbero essere incanalate in processi meritori son costrette a piegarsi a mete meno nobili. Quello che è l’aspetto meno ammirevole dell’arte di arrangiarsi produce exploit in campi marginali. Uno di questi campi è quello della contraffazione, della imitazione di oggetti di moda, di design, di quegli oggetti che il consumismo spinto di oggi fa apparire alle masse come oggetti del desiderio. Ed in questo particolare settore Napoli è divenuta quasi una capitale. Perfino il termine in cui gli oggetti contraffatti sono definiti viene dal linguaggio popolare napoletano. Un oggetto contraffatto è, infatti definito pezzotto. Ma la maestria con cui esso è stato realizzato lo rende così simile all’originale che, spesso, solo un occhio esperto ne nota le differenze. E la gran parte del pubblico per il quale quegli oggetti di alta moda sono inaccessibili, per soddisfare la brama indotta da una pubblicità divenuta pervasiva oltre ogni limite, si rivolge all’oggetto contraffatto.

Tuttavia anche nella storia recente vi sono storie di successi commerciali ed imprenditoriali costruiti su prodotti originali, frutto della creatività locale.

Una di queste storie ha il suo triste epilogo nei non lontani anni Sessanta. Una storia cominciata negli anni Venti è quella che riguarda la fabbrica di profumi dei fratelli Cannavale, in Piazza Poderico nel quartiere Arenaccia. La bontà dei loro prodotti e la loro capacità di iniziativa furono tali da meritargli, dopo appena cinque anni dalla nascita il brevetto di Fornitori della Real Casa, rilasciato dal re Vittorio Emanuele III.

Tale brevetto dette il destro ai Cannavale di inventare lo slogan in cui il loro prodotto veniva definito un profumo aristocratico.

L’onda del successo spinse i Cannavale a utilizzare per le loro campagne pubblicitarie i migliori artisti e designer del tempo. Fecero stampare i loro manifesti dalla casa d’arte Maison Devambez di Parigi. L’ azienda  sfruttava la collaborazione di artisti del calibro di Picasso, Braque, Modigliani e De Chirico e  i manifesti della ditta Cannavale furono realizzati dall’italiano Leonetto Cappelli, uno dei padri della grafica pubblicitaria.

I prodotti Cannavale dai nomi quali Antinea, Odalisca e Notti d’Oriente, conquistarono dapprima tutta la clientela femminile del settentrione per invadere poi anche i mercati stranieri. I Cannavale divennero fornitori dei più famosi grandi magazzini del tempo. Il più prestigioso di tutti era Fortum&Mason di Londra. I cui rappresentanti facevano frequentemente visita alla fabbrica sita in piazza Poderico, nel popolare quartiere dell’Arenaccia.

Oggi il ricordo di quel successo è rintracciabile in una scena di un film molto famoso all’epoca, interpretato da due mostri sacri del nostro cinema Vittorio De Sica e Sophia Loren. Nel film De Sica interpretava la parte di un capo dei vigili urbani di Ischia, un uomo attempato, ma un dongiovanni impenitente conquistato dalle grazie della bellissima pescivendola interpretata dalla Loren. In una scena in cui De Sica aspira voluttuosamente il profumo della Loren, chiede con aria ispirata: “Notti d’Oriente?” e quella, quasi a voler  raffreddare gli entusiasmi erotici del maturo spasimante risponde: “Lavanda Cannavale.” Potrebbe sembrare che quella lavanda fosse un prodotto del tutto banale, ma non è così. La Lavanda Cannavale fu uno dei prodotti di punta dell’azienda, un profumo di gran classe, molto ricercato dalla clientela più esigente, al punto da diventare una sorta di Status Symbol. Per questo era molto richiesto anche dalle donne dei ceti più popolari poiché permetteva loro di sognare.

Il consigliere tecnico dei fratelli Cannavale, quello che nelle aziende profumiere viene indicato come il naso era un altro personaggio tutto affatto particolare, un certo don Ciccillo. Un personaggio dall’età indefinibile, ma che si ritiene fosse al tempo intorno ai novanta. Aveva una sensibilità eccezionale per i profumi, ma non aveva alcuna attitudine imprenditoriale. Col suo laboratorio di vico Consiglio, dalle parti di via Toledo, faceva magri affari, ma quando divenne il naso dei fratelli Cannavale fu in grado di creare delle essenze capaci di conquistare la gran parte dell’alta società degli anni Trenta e contribuire alla eccezionale e rapida affermazione della fabbrica Cannavale.

Oggi purtroppo di quella fortunata impresa rimane solo l’edificio, riconvertito ad altri impieghi. La facciata è rimasta immutata ed al suo vertice ancora si nota il cartiglio in cui un tempo si leggeva l’insegna della ditta F.lli Cannavale. La gran parte, di quelli che vi passano davanti, ignora la storia legata a quell’edificio. La ditta prosperò fino alla fine degli anni Cinquanta. Poi con la morte dei due fondatori conobbe un destino di rapida decadenza, poiché, come spesso accade, le seconde generazioni non sono in grado di competere. Così la fabbrica Cannavale dovette soccombere alla concorrenza dei nuovi profumi industriali, venduti anche nei primi supermercati, che, negli anni del boom economico cominciavano a diffondersi in tutto il paese.

Giuseppe Esposito

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