Dieci centimetri per dieci a ricordare l’orrore, sono le “pietre d’inciampo”
- Terza Pagina
Claudia Izzo
- Gennaio 27, 2023
di Claudia Izzo
In dieci centimetri per dieci, ricoperte di ottone lucente, racchiudono storie infinite a ricordare dove può arrivare la crudeltà umana; sono le Stolpersteine, letteralmente le “pietre d’inciampo”.
Si tratta di blocchi quadrati di pietra 10X10, ideate dall’artista tedesco Gunter Deming, con sopra incisi, su lastra di ottone, il nome, cognome, data di nascita, data e luogo di deportazione, data di morte, quando possibile, delle vittime della persecuzione fascista e nazista. Tra gli altri sanpietrini neri, sul marciapiede innanzi alle abitazioni dei deportati per motivi politici, razziali, militari, le Stolpersteine sono segni discreti che ricordano l’orrore vissuto, invitano a riflettere sulle persecuzioni, sull’importanza della memoria. Ce ne sono 44mila disseminate in tutta Europa, sono 216 le Stolpersteine solo a Roma.
Facciamo un passo indietro: 10 settembre 1943, i Tedeschi occupano Roma. Herbert Kappler, tenente colonnello delle SS, comandante dell’SD e della Gestapo a Roma, ricevette un messaggio da Heinrich Himmler, Ministro dell’Interno, comandante delle forze di sicurezza della Germania nazista e teorico della soluzione finale della questione ebraica: tutti gli ebrei, senza alcuna distinzione dovevano essere trasferiti in Germania e “ivi liquidati”; il successo dell’impresa sarebbe dipeso dall’effetto sorpresa. Kappler convocò poi il Presidente della Comunità Ebraica di Roma che avrebbero dovuto consegnare, entro 36 ore, premio l’incolumità degli ebrei, almeno 50 chilogrammi di oro. La Santa Sede, informata del ricatto di Kappler, comunicò in via ufficiosa che avrebbe provveduto ad un prestito in lingotti d’oro fino al raggiungimento del peso d’oro stabilito. Non fu necessario: i capi della comunità ebraica consegnarono 50,3 kg di oro.
Il 16 ottobre 1943 a Roma furono così rastrellate dalle truppe tedesche della Gestapo 1259 persone, 689 donne, 363 uomini, 207 bambini, tutti appartenenti alla comunità ebraica. Anziani, invalidi e malati furono gettati con violenza fuori dalle loro abitazioni. 237 di loro, cittadini stranieri, uno di nazionalità vaticana, componenti di unioni o famiglie miste, compresi i partner ebrei ed altri arrestati risultati di “razza ariana”.
Ad attenderli presso la Stazione Tiburtina 18 carri bestiame con destinazione il campo di concentramento di Auschwitz. Della retata del 16 ottobre 1943 torneranno da Auschwitz soltanto 15 uomini ed una donna.
