Storie di morti annunciate.
Contiamo il numero delle vittime e dei dispersi.
La frana che ha interessato Ischia ieri mattina ha portato al mare, dal Monte Epomeo, l’antico vulcano che domina il mare dall’alto di 800 metri, tutto ciò che ha incontrato, finendo in Piazza Anna De Felice. Ironia della sorte: la frana è giunta in una piazza dedicata ad una vittima di un’altra frana, quella del novembre 2009. Anna era una studentessa che stava andando a scuola. La ragazzina morì in un pulmino, per annegamento.
Oggi sale a 5 il numero delle salme recuperate nel Comune di Casamicciola: una bimba di 5 anni con indosso un pigiamino rosa, trovata in camera da letto sotto il materasso di un’abitazione venuta giù; una donna anziana; un corpo non identificato; un neonato di 21 giorni e tre corpi individuati ma non ancora identificati.
8 sono i dispersi, al momento. 167 gli sfollati.
Il Governo, intanto, riunitosi stamane a Palazzo Chigi, ha stanziato i primi due milioni di euro con la dichiarazione dello “Stato di emergenza” che durerà un anno.
La tragica situazione verificatasi a Casamicciola, a causa delle abbondanti piogge, riaccende i riflettori su un problema atavico: ad Ischia una casa su tre è abusiva, ci sono oltre 27mila domande di condono, si continua ad edificare e a condonare abitazioni che sorgono in luoghi non idonei. Come dire, una situazione simile, come quella vissuta in questi giorni, non è nuova agli stessi ischitani che hanno avuto spesso a che fare con costoni e fango venuto giù dalla montagna che come un enorme serpente pieno di rabbia, fagocita tutto ciò che trova: abitazioni, uomini, veicoli. Una storia vecchia, dunque, che trova memoria già nel 1910, ben 112 anni fa, la frana fu terribile e si parlò di “mancanza di opere di difesa idraulica”.
Cosa è cambiato da allora? Non lo si capisce. Analizzando bene ciò che è successo, il fango riversatosi dal monte Epomeo alle 5 di mattina di ieri, 26 novembre, è giunto attraverso un àlveo naturale, come si vede dalle riprese fatte da droni. Ciò vuol dire che sono le abitazioni e le strade ad essere state costruite a ridosso dell’àlveo che, dal latino àlveus, sta ad indicare un letto naturale, quindi preesistente, dove di norma si incanalano i flussi delle acque piovane. E’ ovvio pensare che, durante le grandi piogge, le stesse possano portare con sè terreno che diventa fango e trovare dunque la strada facile per scendere a valle e quindi imbattersi nel centro abitati. Un discorso logico, non incomprensibile, come dicevamo, quasi banale. Allora perchè ci si trova poi improvvisamente a vivere tragedie? E poi periodicamente?
Nel 1987 la frana travolse un ristorante dove morì un operaio, nel 2003 furono travolte da una frana due ragazze in motorino, nel 2006, altra frana, un roccione si staccò dal Monte Vezzi, a morire fu un’intera famiglia; nel 2009 come dicevamo all’inizio, il fango dalla montagna scende al mare da via Celario a Piazza Anna De Felice, nel 2012 un’altra frana, questa volta senza vittime ma con danni a strutture e cose; nel 2015 a Barano, una frana uccise un uomo che era andato a verificare i danni; nel 2017 la frana, sempre a Casamicciola causò 2 morti, 42 feriti, 2360 sfollati.
Morti, rabbia, paura.
Dobbiamo solo ammettere che le piogge di ieri non avrebbero, a detta degli esperti, potuto creare tali danni se l’isola un tempo “verde” non fosse stata presa d’assalto, aggredita e deturpata da colate di cemento per quel turismo di massa avanzato selvaggiamente nel tempo, senza rispetto per la natura e per le norme di sicurezza.
In fondo l’isola vanta la sua denominazione greca, Pithecusa, che sta a sottolineare, la caratteristica dell’isola, la ricchezza in pinete. Il cemento ha preso il loro posto e le conseguenze sono quelle che vediamo.