Ecpirosi dell’Europa
Alle radici della crisi del gas- di Giuseppe Esposito
Ci hanno impiegato alcuni decenni, ma alla fine il baratro in cui L’Europa rischia di precipitare appare senza fondo e non lascia alcuna speranza di rinascita, se non si riesce ad evitare di caderci dentro.
A partire dagli anni Cinquanta abbiamo cominciato a sognare una Europa unita sulla base di una solidarietà tra i paesi del vecchio continente, che ponesse fine ad un passato caratterizzato da immani conflitti.
Invece, in un’altra parte di quello che definiamo Occidente, cominciavano a germogliare idee che con quel concetto di solidarietà strideva sonoramente. Infatti, in Gran Bretagna e negli USA, cominciavano ad attecchire le idee di libero mercato che hanno oramai dispiegato tutte le loro esiziali potenzialità e ci hanno portato nel pieno di una crisi che non ha precedenti nella storia. Addirittura rischiamo la fine della specie umana.
Quelle idee basate sull’egoismo della accumulazione di ricchezza e della sua concentrazione in poche mani, hanno alla fine contagiato anche quei personaggi che si sono trovati a governare quella UE che era nata dal sogno del Manifesti di Ventotene. E quei personaggi hanno, nel corso del tempo, assunto decisioni le cui conseguenze non sono stati in grado di valutare.
Una tra quelle che oggi maggiormente stanno piegando i nostri paesi, col rischio di far collassare l’intero sistema economico, è quella legata al commercio internazionale del gas. È essa la decisone di creare il cosiddetto TTF, ossia la borsa del gas con sede in Olanda.
TTF è un acronimo per Titles Transfer facility, e sta ad indicare una piattaforma virtuale annessa alla borsa olandese. Qui si incrociano la domanda e l’offerta del gas circolante in Europa. Si acquistano e si vendono gas e futures, ossia contratti per scambiare gas ad una data futura e ad un prezzo stabilito. Si fanno cioè delle scommesse e degli investimenti sulla base di ipotesi. Gli attori di questa singolare borsa sono 148 operatori appartenenti al settore della produzione, dei riempitori di stoccaggi, e di distributori. Di questi quindici sono italiani come ENI, Enel, Edison Hera, Repower ed altri. Altri operatori sono le banche anglosassoni Goldman Sachs e Morgan Stanley e grandi trader come Gunvor, Trnasfigura ed altri.
La nascita del TTF ha ragioni che potremmo definire ideologiche, legate cioè alla volontà europea di imporre l’euro come moneta di scambio nel mercato delle materie energetiche.
Una decisione basata su un concetto che, declinato a livello nazionale, è tanto vituperato, mentre è sembrato che andasse bene a livello europeo: parlo della cosiddetta sovranità, la sovranità della moneta su cui è sorta questa Unione Europea, unico collante di un progetto rimasto, per la maggior parte abortito.
L’idea del TTF è nata negli anni Novanta, i fatidici anni Novanta, in cui si sono poste le basi del disastro attuale. A quell’epoca l’Europa acquistava il gas dai paesi che ne erano i maggiori produttori, ossia la Norvegia, la Russia e l’Algeria. Il prezzo del gas era di mese in mese fissato in base a quello di un mix di petroli di varia origine ed in base all’andamento del dollaro. Moneta di riferimento quest’ultima per quel mercato. Questa modalità di fissare i prezzi era caratterizzata da una notevole prevedibilità e da scarsissima volatilità.
Quando nel 2003 fu introdotto il TTF, si presentò per Bruxelles la necessità di fissare una sede per la nuova borsa europea del gas e la scelta cadde malauguratamente su Amsterdam.
Oggi, a proposito di quanto avviene alla borsa del gas, alcuni hanno detto, parafrasando il vecchio proverbio africano del leone e della gazzella:
“Ogni giorno Amsterdam si sveglia e, grazie al TTF, vede il suo surplus commerciale moltiplicarsi; ogni giorno il resto dell’Europa si sveglia e vede il prezzo del gas decuplicarsi ed il proprio surplus commerciale ridursi sempre più.”
Sulla piattaforma come avviene in tutte le borse si fissa il prezzo del gas giorno per giorno e, soprattutto, ci si specula sopra. A guadagnarci in questo cinico gioco sono naturalemte gli operatori della borsa i cui ricavi sono centuplicati. Ad esempio l’utile dell’ENI si accresciuto, nel corso di una anno del 600%. Una situazione davvero deprecabile.
A gestire gli scambi, per il colmo della beffa, è una società americana, la ICE, che dal 2013 controlla anche la borsa di New York. Ed anche essa ha visto decuplicarsi i propri profitti, secondo lo schema oramai classico della società basata sulla speculazione finanziaria che ha relegato al ruolo di cenerentola l’economia reale. Un incubo dal quale rischiamo di non risvegliarci più.
Le cause, infatti, dell’aumento folle delle materie energetiche sono infatti legate, piùalla speculazione finanziaria, che a motivi di geopolitica. A dimostrare tutto ciò è il fatto che l’aumento del prezzo del gas non è per niente proporzionale alla diminuzione dell’offerta. Esso è infatti cresciuto, nel giro di un anno del 1500%, mentre la riduzione dell’offerta per motivi di geopolitica è infinitamente più bassa. Si pensi che in dodici mesi si è passati dai 2 Euro/MWh a sfondare il tetto dei 320 Euro/MWh.
Va inoltre osservato che il TTF gestisce solo una quota parte del gas scambiato sul mercato, ma influenza i prezzi della totalità delle materie energetiche in gioco, anche di quello scambiato direttamente tra produttori e distributori.
Tutto ciò è una evidente speculazione ed una sconfessione aperta di quelle che sono le idee su cui è basato il principio del libero mercato, propinate da americani ed inglesi, che hanno contagiato anche il vecchio continente, spingendolo verso la rovina.
La maggior parte degli esperti ritiene, infatti, che uno dei motivi principali dell’ attuale crisi del mercato energetico sia la localizzazione del TTf ad Amsterdam. Una buona parte di essi afferma che, aver voluto localizzare nei Paesi Bassi la borsa che influenza il mercato del gas, equivarrebbe al tentativo vano di misurare una temperatura con un termometro rotto. Il motivo di tale affermazione è legata al fatto che l’Olanda, grazie ai suoi giacimenti, è un paese completamente autonomo dal punto di vista energetico. Per questo motivo essa può opporsi all’imposizione di un tetto al prezzo del gas, poiché ciò danneggerebbe la crescita continua del suo surplus commerciale. L’Olanda, così facendo assume la parte del leone, mentre il resto dei paesi europei, quali Germani, Italia, Francia e Spagna sono costretti a indossare i panni della gazzella del già citato proverbio africano. Tutto ciò in barba al principi di solidarietà su cui avrebbe dovuto basarsi tutto l’edificio europeo.
La risibile giustificazione addotta dai responsabili politici olandesi è che, l’introduzione di un tetto al prezzo del gas costituirebbe un precedente che potrebbe costituire una regolamentazione forzata dei principi del libero mercato e, quindi, delle regole della libera contrattazione.
A questo punto abbiamo scoperto per quale motivo dobbiamo morire, cioè per garantire, oltre ogni ragionevole limite, le idee liberiste che hanno intossicato l’economia del mondo intero, il mercato, questo totem a cui, secondo i gretti mercanti olandesi, bisognerebbe sacrificare il destino del mondo.
Siamo quindi giunti alla dimostrazione che il neoliberismo è oramai il male da combattere per riportare il mondo sui binari di una economia reale, legata a valori concreti e non ad assurde speculazioni, fatte in danno della maggioranza degli appartenenti alla specie umana.
Oramai il parere della maggior parte degli esperti è che occorre, per risolvere la inarrestabile crisi attuale, togliere ad Amsterdam il poter di influenzare il prezzo delle materie energetiche e stabilire un livello massimo oltre il quale non sia possibile andare.
Mi pare davvero questo il segno di una inversione di tendenza verso la liberazione dagli aberranti teoremi del libero mercato.
Bisogna agire affinché ci possa essere una palingenesi dopo questa sciagurata ecpirosi del nostro continente, travolto da idee malsane e disumane.
