La strategia di Zelensky
-di Pierre De Filippo-
È durata quindici ore la “scomparsa dai radar” di Maria Ovsiannikova, la manifesta pacifista che, con un cartello in mano contro la guerra, è apparsa sugli schermi durante un seguito programma di informazione russo. È stata chiaramente licenziata e arrestata. Ora chissà cosa ne sarà di questa coraggiosa anticonformista.
La giornata di ieri si era chiusa con la drammatica esplosione a Donetsk, che aveva contato oltre trenta morti e la cui responsabilità ucraini e russi se l’erano rimpallata vicendevolmente. Donetsk è, come si sa, territorio particolare, conteso ed in guerra da ormai otto anni. È davvero difficile mettere la mano sul fuoco su chi sia responsabile di questa ennesima catastrofe.
La giornata di oggi si è, invece, aperta con Kiev al centro di bombardamenti, con allarmi incessanti durante tutta la notte, con esplosioni su palazzi residenziali e sulla metropolitana, ormai inservibile per ampi tratti.
Ma la notizia più importante è del primo pomeriggio: in una riunione online con il Joint Expeditionary Force di Londra, Volodymyr Zelensky ha ammesso che “l’Ucraina si rende conto che non è nella Nato. Per anni abbiamo sentito parlare di queste presunte porte aperte, ma abbiamo anche sentito dire che non possiamo entrare nell’Alleanza. Questo è vero e dobbiamo ammetterlo…”.
Conoscendo Zelensky e le sue qualità di stare al centro del palcoscenico, anche queste affermazioni possono essere interpretate come l’ennesimo tentativo, questa volta quasi da psicologia inversa, di spingere affinché l’Occidente – un po’ come Mimì metallurgico – ferito nell’onore, faccia lo strappo.
I rapporti internazionali continuano a rimanere più che tesi: i leader di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia sono volati a Kiev. “Lo scopo della visita è confermare l’inequivocabile sostegno dell’intera Unione europea alla sovranità e all’indipendenza dell’Ucraina e presentare un ampio pacchetto di sostegno allo Stato e alla società ucraini”, si legge nella nota.
Mentre al canadese Trudeau viene vietato l’ingresso in Russia. “E chi ci voleva andare?” possiamo immaginare abbia pensato l’avvenente Primo ministro. Con lui, in buona compagnia sul libro nero, Biden, Antony Blinken e Hillary Clinton.
A Kherson, nel frattempo, una quarantina di italiani lanciano il loro grido d’aiuto: “stanotte abbiamo dormito. Ieri abbiamo sentito il rumore delle bombe, anche stamattina ma stanotte, per fortuna, siamo riusciti a riposare”, dice Giovanni Bruno, marittimo di Pozzallo, bloccato in Ucraina dal 24 febbraio con la famiglia.
L’Unità di Crisi della Farnesina ha già fatto sapere che si adopererà affinché il ritorno in patria avvenga in piena sicurezza.
A Di Maio il compito di fare sintesi sulla intricata vicenda internazionale: “la trattativa è in salita nonostante le aperture del Presidente ucraino. Zelensky ha fatto un’apertura molto chiara sia sulla Nato, sia sulla questione territoriale del Donbass e della Crimea ma Putin sta dimostrando di non voler la pace”.
Tesi continuano a rimanere i rapporti con gli Stati Uniti: ancora un altro morto tra i giornalisti che questa guerra la stanno raccontando. È Pierre Zakrzewski, fotoreporter di Fox News. Esperto di conflitti – aveva già seguito quello in Afghanistan ed in Siria – Zakezewki era rimasto ferito ieri nell’agguato nei pressi di Kiev. Insieme a lui è morta anche la giornalista ucraina Alexandra Kuvshinova.
A fine serata, Zelensky torna sul quarto round di negoziati: “è andato abbastanza bene”, dice ma è, più che altro, un augurio, un auspicio, visto che Mosca continua, distruggendo distruggendo, a conquistare nuove città e nuovi territori. Ma è anche lei stremata. È una guerra, niente di diverso. Stiamo, giorno per giorno, imparando qualcosa di nuovo: in primis, che non c’è, e non può esserci, una trama lineare. Si vive, lo dicevamo, di strappi e rallentamenti.
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