Il PNRR finanzia gli Ospedali di Comunità. Musumeci: “Avvieremo un tavolo di Cittadinanza attiva”
-di Maria Gabriella Alfano
Un ospedale che pone al centro la persona malata e non la sua malattia, una struttura intermedia tra le cure domiciliari e il ricovero ospedaliero, in cui operano medici di base e infermieri, per curare patologie in cui i ricoveri sono destinati ai pazienti che hanno bisogno di assistenza sanitaria a bassa intensità clinica, in alcuni casi erogata presso il proprio domicilio. Pochi posti letto, da 20 a 40, utilizzo di tecnologie avanzate e presenza costante di medici e infermieri.
Questo è l’Ospedale di comunità, molto diffuso nel nord Italia, ma quasi del tutto assente nel Meridione.
Il PNRR ha stanziato ingenti risorse per realizzare Ospedali di Comunità che “libereranno” i grandi ospedali da una serie di accessi “impropri” ai servizi sanitari, come il Pronto soccorso.
La misura varata dal Governo prevede la realizzazione entro il 2026 di 381 nuovi ospedali, distribuiti in tutte le Regioni italiane, di cui 37 in Campania per 732 posti letto.
Il Recovery plan ha anche stabilito gli standard dimensionali dei progetti, i costi di realizzazione, i costi per il personale e uno stringente cronoprogramma per il quale entro il prossimo 31 dicembre occorre individuare i siti.
Di Ospedali di Comunità si è discusso nel Convegno del 26 novembre, organizzato a Cava de’ Tirreni dall’Associazione Auser di promozione sociale e dalla C.G.I.L., nel corso del quale sono state mostrate esperienze di analoghe strutture nella Regione Emilia Romagna, dalle quali sono emersi con forza i benefici per i malati.
Riusciremo noi campani a portare a casa qualche risultato, dotando il nostro territorio di queste strutture così importanti per un’ assistenza sanitaria più vicina alle persone?
Ne abbiamo parlato con il dott. Francesco Musumeci, noto dermatologo, da sempre impegnato in iniziative per la tutela della salute della collettività che, quale membro dell’Associazione Auser, ha introdotto e coordinato il Convegno .
Dottore, il bene più prezioso che possediamo, tutelato dall’art. 32 della Costituzione, è la nostra salute. Con il trascorrere degli anni, tuttavia, stiamo assistendo alla progressiva “disumanizzazione” dei servizi sanitari le cui azioni sono sempre più focalizzate sulla salvaguardia degli aspetti economici, occupandosi poco o niente delle ricadute sugli ammalati .
Sono d’accordo. Tutto è cominciato con la Legge 502 che nel ’92 ha riformato il sistema sanitario nazionale sopprimendo gran parte delle strutture pubbliche di prossimità e in ambito locale.
Gli Ospedali di Comunità riusciranno a migliorare tale situazione, realizzando strutture più vicine alle persone?
Questi Ospedali sono destinati alla cura di persone che necessitano di interventi sanitari per degenze di breve durata. La vera innovazione è la telemedicina che ci consentirà di monitorare lo stato dei pazienti direttamente al loro domicilio, facendo diminuire gli ingenti costi dei posti letto negli ospedali. Con tali economie saranno liberate risorse con cui si potrà ampliare l’organico da impiegarsi per l’assistenza domiciliare. Il personale medico e paramedico dell’Ospedale di Comunità, inoltre, potrà meglio integrarsi con gli Assistenti sociali che lavorano presso i Comuni e che sono scarsamente utilizzati. Il nostro, voglio ricordarlo, è un servizio socio-sanitario.
Saranno colmate le disuguaglianze sulla salute presenti nel nostro Paese?
Le diseguaglianze tra il Nord e il Sud del Paese sono storiche. Realisticamente possiamo affermare che avvieremo un processo per colmarle.
Che cosa si sta facendo in Campania in relazione ai 37 Ospedali di Comunità previsti dal PNRR?
Al di là delle chiacchiere, si sta facendo poco o niente e c’è il rischio di perdere i finanziamenti. Probabilmente non è stata ancora compresa la rivoluzione in atto nel sistema sanitario europeo.
Tornando al nostro territorio, a Cava de’ Tirreni sono in atto iniziative “dal basso” da parte di cittadini che chiedono che venga potenziato l’Ospedale Santa Maria incoronata dell’Olmo. Il PNRR prevede anche la possibilità di utilizzare, riconvertendole, strutture ospedaliere esistenti. Come vede questa possibilità che darebbe uno sbocco alla legittime aspettative di tanti cittadini della città metelliana e dei comuni vicini?
L’Ospedale di Cava non fa parte dell’ASL, ma dell’Azienda universitaria che ha altre modalità e canali di finanziamento che non consentono di far ricorso al PNRR.
Quale struttura o luogo ritiene adatto ad accogliere un Ospedale di Comunità a Cava de’ Tirreni?
Che si tratti di strutture esistenti da riqualificare o di strutture da realizzare ex novo, sono scelte che dovrà fare l’Amministrazione comunale. Occorre, tuttavia, tenere conto che per l’Ospedale di comunità è richiesto un bacino di circa 120.000 abitanti. Cava de’ Tirreni dovrà necessariamente chiudere un accordo con altri comuni vicini, penso a Vietri sul Mare e alla costiera amalfitana.
L’assenza al Convegno del Direttore Generale dell’ASL, pur invitato, è un forte elemento di criticità. Il Sindaco Vincenzo Servalli, aprendo i lavori, è apparso piuttosto pessimista circa la possibilità di realizzare l’Ospedale di Comunità, che a suo dire-al pari di altre opere pubbliche- richiederebbe non meno di 12-13 anni. Che cosa pensate di fare?
Con le altre Associazioni che si occupano di queste problematiche proporremo un tavolo di Cittadinanza Attiva. Lo faremo al più presto, visti gli strettissimi tempi a disposizione. A noi interessa che le cose si facciano. Come e dove è una decisione politica che lasciamo al Sindaco. Vogliamo cogliere nel suo intervento l’affermazione che le aree in cui ubicare l’Ospedale di Comunità ci sono e che c’è la disponibilità ad andare avanti.
